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Lavoro, perché i giovani scelgono le startup

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“Chi te lo fa fare?”. Quante volte, quando si incontra una persona che ha fatto una scelta professionale coraggiosa, magari andando a guadagnare meno di quello che potrebbe per la sua preparazione, ci siamo fatti questa domanda. Ed è una questione che si propone, spesso, in un mondo che vede sempre più giovani di bellissime speranze scegliere l’insicurezza e il piacere della sfida della startup (magari anche un pochino visionaria) piuttosto che il posto ben retribuito nel grande gruppo industriale che può assicurare stipendi più elevati e potenzialmente maggiori certezze per il futuro.

A far prendere la strada più difficile e rischiosa, forse, è una scelta che va oltre i semplici criteri economici. A far pendere la decisione dei giovani di talento verso il fascino dell’incerto, ma al contempo del tremendamente promettente sul fronte psicologico e della speranza di affermazione, sarebbero infatti la stessa cultura e l’ambiente della startup. Proprio questo mix di indipendenza, autonomia e possibilità di confrontarsi professionalmente con il mondo dell’innovazione, dando sfogo alle proprie intuizioni, sarebbero richiami che portano i giovani di talento a fare scelte apparentemente poco razionali, lasciando da parte magari aziende affermate che offrono retribuzioni e benefit più elevati.

A spiegare sul fronte psicologico e professionale la passione per la sfida e per il rischio, privilegiando invece le sfide tecnologicamente più incerte ed affascinanti, è una ricerca apparsa su Management Science e coordinata da Michael Roach, del Gies College of Business dell’Illinois e Henry Sauermann della European School of Management and Technology di Berlino.

Sostanzialmente, stando al commento degli esperti, il primo dato da considerare per spiegare soluzioni professionali meno remunerative ma in prospettiva molto promettenti sono soprattutto gli aspetti umani. E’ importante percepire di essere una pedina importante. Di contare qualcosa. Di contribuire a creare innovazione, senza essere uno dei tanti dipendenti.

Per giungere a questa conclusione, che sicuramente fa riflettere sul mondo del lavoro di alta specializzazione come quello degli ingegneri o di chi si occupa di biotech, gli esperti hanno esaminato le sensazioni di oltre 2300 studenti di dottorato in scienze e ingegneria dalla scuola di specializzazione che si affacciavano al mondo del lavoro.

Dall’analisi, che conferma l’attrattività della sfida dell’incubatore d’impresa con idea proiettata verso il futuro, emerge chiaramente che a guidare la scelta in molti casi non è il mero aspetto economico. Chi sceglie questa strada infatti non punta a benefici economici a breve termine né si affida esclusivamente alla bontà dell’ipotesi da sviluppare e alle conseguenti, possibili stock option.

Non si parte con l’idea di diventare ricchissimi perché la propria intuizione nel piccolo gruppo potrà rivelarsi vincente sul mercato. Così se chi punta sulla grande azienda ha in mente soprattutto di percorrere gli scalini di un percorso di carriera ben definito e punta sulla stabilità e sulla crescita progressiva, ci sono giovani di grandissima competenza che invece puntano subito sulla maggiore autonomia e sull’interesse per quanto vanno a fare.

A prescindere dal riconoscimento economico. Per questo, forse, analizzando i curricula di figure professionali richiestissime forse bisognerà sempre di più farsi una domanda di base: il candidato punta alla sfida in autonomia o alla stabilità e alla crescita a scalini in una grande organizzazione? E desidera avere un approccio imprenditoriale in un piccolo team di visionari?

In questi casi, forse, la grande azienda sta stretta. A prescindere dal riconoscimento economico immediato. Teniamolo presente. Perché la scelta di ognuno possa essere più vicina possibili ai desideri del candidato.

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