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Dall’osso in gola al botulino dopo la pizza: i pericoli nel piatto

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Ha suscitato sconcerto la notizia di una donna morta e un uomo in gravi condizioni per sospetta intossicazione alimentare da botulino, dopo una serata in pizzeria. Ma se sulla vicenda le indagini sono ancora in corso, non meno incredibili appaiono le immagini del corpo estraneo affilato – un osso – bloccato a pochi millimetri dalla giugulare di una donna, salvata al Policlinico di Bari. Due diversi tipi di pericoli nel piatto, come cercheremo di raccontarvi.

La coppia di Ariano Irpino e il botulino

I due, marito e moglie, si sono sentiti male dopo una cena in pizzeria ad Ariano Irpino (Avellino), ora posta sotto sequestro. L’uomo, un imprenditore agricolo, è ricoverato al Cotugno di Napoli dove, riferisce Rai News, verranno prelevati i reperti che saranno inviati ai laboratori dell’Istituto superiore della sanità per essere analizzati. Per ben due volte dopo la serata in pizzeria la coppia si era recata al pronto soccorso dell’ospedale “Frangipane” di Ariano Irpino, dove è stata visitata e poi dimessa.

“Non è semplice individuare l’intossicazione da botulino – spiega Antonio Limone, direttore dell’Istituto zooprofilattico del Mezzogiorno – soprattutto se il paziente non presenta le classiche manifestazioni neurologiche. Se il clostridium o la tossina non vengono isolati in laboratorio non si può dire con certezza che si tratti di botulino”.

I sospetti

Il sospetto, appunto, è che dietro la morte della donna e il malore dell’uomo ci siano i clostridi produttori di tossine botuliniche. Questi microrganismi sono ubiquitari e si possono ritrovare, principalmente sotto forma di spora, in molteplici ambienti come il suolo, i sedimenti marini e lacuali, il pulviscolo atmosferico e appunto gli alimenti.

Conserve vegetali, alimenti in salamoia, insaccati: il botulino può colpire a tutte le età e non è trasmissibile da persona a persona. Solitamente i sintomi si manifestano da poche ore a oltre una settimana dopo il consumo dell’alimento contaminato (6 ore 15 giorni). Tuttavia, nei casi di botulismo alimentare che si verificano in Italia la sintomatologia compare mediamente nell’arco di 24-72 ore dopo il consumo dell’alimento contaminato. Ovviamente più precoce è la comparsa dei sintomi, più severa sarà la malattia, dicono dall’Iss.

 

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I numeri

L’Italia è uno dei Paesi europei con il maggior tasso di incidenza del botulismo alimentare. Dal 1986 al 30 settembre 2022 – si legge sul sito dell’Istituto superiore di sanità – sono stati confermati in laboratorio 406 incidenti di botulismo che hanno coinvolto 599 persone. Le preparazioni più frequentemente implicate nei casi di botulismo alimentare in Italia sono le conserve di funghi sott’olio di prodizione domestica. Molto frequenti anche le conserve di olive e di cime di rapa.

I sintomi

La sintomatologia può variare da forme lievi che si auto-risolvono a forme molto severe che possono avere esito fatale, precisano dall’Istituto superiore di sanità. I sintomi più comuni sono: annebbiamento e sdoppiamento della vista (diplopia), dilatazione delle pupille (midriasi bilaterale), difficoltà a mantenere aperte le palpebre (ptosi), difficoltà nell’articolazione della parola (disartria), difficoltà di deglutizione, secchezza della bocca e delle fauci (xerostomia), stipsi. Nelle forme più gravi si assiste all’insufficienza respiratoria che può avere esito fatale.

Se diagnosticata in tempo, comunque, l’intossicazione da botulino si risolve totalmente, in tempi che possono variare da qualche settimana a diversi mesi. “Il trattamento comprende la terapia di supporto alla ventilazione e la decontaminazione intestinale con carbone attivo. Nei casi più gravi può essere necessario il ricorso alla ventilazione assistita nonché alla nutrizione parenterale. La terapia specifica consiste nella somministrazione di un siero iperimmune”. Il paziente affetto da botulismo necessita del ricovero ospedaliero, possibilmente in terapia intensiva.

L’osso in gola

Da Bari arriva invece la storia di un osso affilato bloccato nell’esofago a 5 millimetri dalla giugulare. Un frammento di 3,7 centimetri ingerito involontariamente durante il pasto, che ha messo a rischio la vita di una donna di 54 anni di Brindisi, salvata dall’equipe di endoscopia digestiva e chirurgia ospedaliera del Policlinico di Bari.

Il corpo estraneo/Policlinico di Bari

La donna si era recata all’ospedale di Brindisi lamentando un dolore alla gola e difficoltà a deglutire. Immaginiamo solo la sorpresa dei medici quando la Tac ha rivelato la posizione estremamente pericolosa del corpo estraneo, bloccato nel tratto cervicale dell’esofago a pochi millimetri dalla vena giugulare.

L’intervento

La paziente è stata condotta d’urgenza nel reparto di chirurgia ospedaliera del Policlinico di Bari, dove i sanitari hanno rimosso l’osso, attraverso una endoscopia, complicata dalla precaria posizione dell’oggetto. La paziente dopo alcuni giorni in ospedale ha ripreso progressivamente l’alimentazione liquida e, fanno sapere dalla struttura, non ha riportato ulteriori danni.

Le ostruzioni dovute al cibo sono la causa più comune di corpi esofagei estranei. I grossi pezzi di cibo a superficie liscia possono essere facilmente ingoiati inavvertitamente prima di esser stati masticati a sufficienza. Mentre ossa e lische di pesce possono essere ingerite se la carne che le contiene non viene masticata adeguatamente. In questo caso la paziente rischiava proprio per la prossimità alla giugulare.

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