Hta ‘chiave’ per la governance dei dispostivi medici, il Programma italiano

Programma nazionale Hta dispositivi medici
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È racchiuso in un acronimo (che forse ai più dirà poco) il futuro della governance della sanità italiana. Questo acronimo è Hta: Health Technology Assessment, protagonista di un Programma nazionale dedicato ai dispositivi medici, presentato oggi al ministero della Salute. Un piano a tappe serrate che consentirà al Paese non solo di valutare e monitorare l’innovazione in sanità, ma anche indirizzarla, assicurando al contempo quello che oggi appare come un miraggio: ovvero l‘accesso uniforme a queste tecnologie in tutte le aree del Paese.

“Oggi celebriamo finalmente l’Hta dei dispositivi medici – ha detto a Fortune Italia Domenico Mantona, direttore generale di Agenas, a margine dell’evento seguito da una sala gremita di addetti ai lavori – Il 9 novembre  è arrivato in Stato-Regioni il via libera al decreto del ministero della Salute e del Mef” su criteri e modalità per il versamento delle quote annuali per il monitoraggio e la gestione del fondo per il governo dei dispositivi medici. “Dunque possiamo dirlo: il 2024 sarà l’anno dell’Hta. E mi spingo a dire – ha aggiunto Mantoan – che il programma italiano sarà tra i migliori d’Europa”.

Un ottimismo condiviso dall’ideatore dell’Hta Renaldo Battista (già direttore dell’Agenzia di Hta del Québec, in un videomessaggio dal Canada) e dal ministro della Salute Orazio Schillaci: “Oggi la valutazione della tecnologia è diventata una realtà. Siamo pronti? Beh, abbiamo anni di esperienza, anche se in questi anni erano mancate risorse specifiche”. Ora il finanziamento c’è, e l’arrivo “tumultuoso delle nuove tecnologie – ha aggiunto il ministro – impone una valutazione e un sistema di governance”. Una sfida dell’innovazione, di fronte alla quale “sono certo che ce la faremo”, ha detto Schillaci.

Che cos’è l’Hta

Facciamo un passo indietro. L’Hta è un processo multidisciplinare che sintetizza le informazioni sulle questioni cliniche, economiche, sociali ed etiche connesse all’uso di una tecnologia sanitaria e lo fa in modo sistematico, trasparente, imparziale e solido. Obiettivo, contribuire a politiche sanitarie sicure, efficaci, incentrate sui pazienti e in grado di evitare sprechi. Insomma, “è uno strumento per un buon governo del sistema sanitario”, come ha sottolineato Americo Cicchetti, direttore della Programmazione del ministero ma anche grande esperto di Hta. “Dal 2007 con la Sihta (Società Italiana di Health Technology Assessment, di cui è stato presidente) abbiamo iniziato a costruire le basi per questa rivoluzione. La novità ora è l’ingresso della politica: questo – ha rilevato – è un momento storico”.

“L’Hta – puntualizza a Fortune Italia Francesco Saverio Mennini, professore di Economia sanitaria a Tor Vergata, ‘guru dell’Hta’, past president Sihta e consulente del ministro della Salute – serve per discriminare fra tecnologie innovative e quelle che non lo sono, come già avviene per i farmaci. Un’allocazione corretta delle risorse prevede il disinvestimento per poter favorire l’ingresso delle vere innovazioni, valutate alla luce del Piano nazionale Hta 2023-25. In linea con quanto previsto dal Regolamento europeo”.

“La Sihta in questi anni ha cercato di spiegare quanto l’Hta possa essere lo strumento che individua tecnologie e innovazioni che permettono un miglioramento reale della salute dei cittadini, ma anche del benessere economico e sociale del Paese. L’ultimo step è l’omogenizzazione metodologica a livello nazionale”, dice Mennini.

È tempo di programmazione

In Italia, ha riconosciuto Schillaci, “l’Hta ha un po’ faticato ad affermarsi, nonostante sia indispensabile per garantire ai pazienti un equo accesso a servizi sanitari e assicurare la sostenibilità del nostro sistema sanitario. Finalmente, dopo quasi trent’anni dalle prime esperienze di impiego a supporto dei processi decisionali del Servizio Sanitario Nazionale, oggi possiamo dire che la valutazione delle tecnologie è diventata una realtà, con il definitivo avvio del Programma che oggi presentiamo”. Un piano che dovrà rispondere alla sfida del Regolamento europeo ad hoc, pienamente applicato dal 12 gennaio 2025 in tutti i Paesi dell’Unione.

“È mia ferma intenzione – ha sottolineato Schillaci – far sì che il ministero della Salute, attraverso la Cabina di Regia istituita presso la Direzione generale dei Dispositivi medici e del servizio farmaceutico, svolga efficacemente un ruolo di guida, di impulso e di coordinamento”, sottolineando come “con un governo efficiente ed efficace, a livello regionale, dei processi di introduzione ed utilizzo delle tecnologie, possiamo realizzare un sistema di governance di queste tecnologie sanitarie, per rispondere ai fabbisogni di salute dei pazienti”. All’insegna di un nuovo modello di “governance condivisa” tra tutti i livelli del sistema: quello europeo, quello nazionale, quello regionale fino a quello aziendale.

Anche perchè, ha sottolineato il presidente di Agenas Enrico Coscioni, se “l’appropriatezza è fondamentale, proprio il mancato controllo negli anni è sfociato nel payback per i dispositivi medici”, duramente contestato dalle imprese del settore. 

Il contributo delle Regioni

Nel processo sono coinvolte in primo luogo le Regioni, per le quali “è fondamentale mettere a sistema l’aggiornamento dei dispositivi medici. Le Regioni – ha puntualizzato Massimiliano Fedriga, presidente della Conferenza delle Regioni – parteciperanno a valutazione, allocazione delle risorse e monitoraggio. Il futuro del servizio sanitario dipende dalla capacità di programmazione”. Per Fedriga le criticità che viviamo sono legate a quanto non è stato fatto nei decenni passati. “Ecco, penso che questa sia invece la via per evitare al Paese di dover affrontare un’emergenza continua”.

La tecnologia invecchia

Se non sempre l’ultimo dispositivo che arriva sul mercato è migliore, l’Italia fa i conti anche con l’obsolescenza della tecnologia, come ha ricordato il commissario straordinario dell’Istituto superiore di sanità Rocco Bellantone. “Pensiamo alle macchine per la radioterapie datate. L’Iss farà un’attenta valutazione” di quest aspetti, ha detto il professore, convinto dell’improtanza di ‘paletti’ che guidino non solo nella scelta, ma anche ad un utilizzo più appropriato.

I pilastri del programma

Ma a che punto siamo? L’impianto del Programma nazionale “è molto solido, e c’è una dotazione finanziaria. Domani avremo un incontro e si deciderà la tempistica sui dispositivi medici”, ha precisato Marco Marchetti, dirigente Uos Hta Agenas – L’obiettivo è quello di indirizzare l’innovazione” sulla base dei bisogni, “assicurando anche il monitoraggio delle performance”.

Il programma nazionale Hta dispositivi medici “non produrrà documenti che resteranno nei cassetti – ha assicurato Marchetti – ma verranno tradotti nella pratica clinica“. L’esperto ha descritto un intervento basato su tre step: “Analisi dei fabbisogni, valutazione e raccomandazioni”. Ci sarà un portale per le segnalazioni e un per la gestione delle richieste di acquisto. Con banche dati (finalmente) integrate. “Il percorso – ha sottolineato – inizia ora e va avanti fino al 2025”.

“Agenas punta a dettare regole che consentano di dare priorità a dispositivi medici fondamentali per assicurare la telemedicina e il telemonitoraggio”, ha aggiunto Mantoan. Certo, occorrerà informare i cittadini e formare gli operatori. E devo dire che, d’accordo con il ministro della Salute – ha precisato Mantoan – gli eventi di formazione che organizzeremo sulla telemedicina avranno un supplemento di punti Ecm“, il programma di educazione continua in medicina chiave per l’aggiornamento degli operatori. 

Il futuro

“Il futuro dell’Hta in Italia mi appare molto brillante”, ha commentato Battista. “Le risorse ci sono, ma da sole non sono sufficienti – ha concluso un pragmatico Schillaci – Serve un cambio di paradigma. Abbiamo delle idee, e le metteremo sul tavolo”.

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