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Tumore del colon, il test da fare in casa sotto la lente degli esperti

tumore del colon-retto
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La diagnostica diventa sempre più ‘a misura di paziente’. Ma sarà sempre un vantaggio? Ormai sono disponibili online e in farmacia diversi kit che permettono di eseguire da soli, a casa, un esame delle feci finalizzato alla diagnosi precoce del tumore del colon. Ma di che si tratta, e queste analisi funzionano davvero? A rispondere sono i medici anti-bufale di Dottoremaeveroche.it, il portale contro le fake news della Fnomceo (Federazione nazionale degli ordini dei medici).

Iniziamo col dire che “nessuno di questi test permette di riconoscere o escludere con certezza la malattia. Il loro scopo, nell’ambito di un programma di screening organizzato, consiste nel selezionare la popolazione a maggior rischio da sottoporre a ulteriori accertamenti, in genere la colonscopia. Quando il test sulle feci è condotto in autonomia, invece, non c’è un percorso diagnostico prestabilito. Occorre quindi prestare attenzione a non trarre dai risultati di questi test conclusioni definitive, allarmandosi per niente o traendone un falso senso di rassicurazione, senza prima aver consultato il medico”, ammoniscono i dottori nella scheda a cura di Roberta Villa.

Come funzionano

Iniziamo con qualche dettaglio tecnico. Questi esami si basano sulla “ricerca di sangue occulto nelle feci”. I tumori presenti nell’intestino tendono infatti a perdere piccole quantità di sangue, che possono restare nelle feci e talvolta non sono visibili a occhio nudo. Il test al guaiaco riconosce la presenza di emoglobina, la proteina che trasporta l’ossigeno nel sangue. Poiché l’emoglobina è presente anche nella carne e in altri alimenti, nei giorni precedenti il prelievo questo tipo di esame richiede una serie di vari accorgimenti, anche alimentari. Un secondo tipo di test, detto test immunochimico, non necessita di queste precauzioni e quindi è più spesso utilizzato nei programmi di screening e nei kit venduti in farmacia.

Dal momento che dalla superficie delle masse tumorali si staccano anche cellule, sono stati messi a punto e autorizzati anche kit che permettono di individuare, oltre al sangue, il Dna tumorale contenuto in queste cellule. Anche questi sono disponibili in farmacia. Sono anche in fase di studio metodi per scovare il Dna tumorale presente nelle feci in forma libera, indipendentemente dalla presenza di cellule, ma la loro affidabilità non è ancora stata riconosciuta dalle autorità sanitarie.

Cosa succede se il test è positivo

Attenzione: il risultato di questi esami può essere tuttavia negativo anche in presenza di un tumore (si parla allora di “falso negativo”) o, viceversa, può essere positivo per la presenza di un polipo (una lesione precancerosa, che nella maggior parte dei casi va quindi rimossa), di uno stato infiammatorio, di emorroidi e così via. Per questo se il test risulta positivo occorrono ulteriori accertamenti per verificare o escludere la presenza della malattia. Il passo successivo è in genere la colonscopia, che consente anche di rimuovere polipi o altre formazioni sospette, che vengono poi esaminate in laboratorio per stabilirne la natura e decidere il da farsi.

Nei programmi di screening organizzati in caso di presenza di sangue nelle feci, il paziente è invitato a presentarsi per questo esame di secondo livello, fissato dal sistema in maniera prioritaria e completamente gratuito. Se invece il test è eseguito in autonomia, occorre inserirsi nelle liste di attesa del Servizio sanitario pubblico o sottoporsi all’esame privatamente, pagandolo di tasca propria.

I rischi

Se, dunque, “eseguire il test al di fuori dei programmi stabiliti, a casa, con un kit fai-da-te o presso un laboratorio privato permette di anticipare l’età a cui iniziare i controlli o di eseguirli con maggiore frequenza”, aumenta però il rischio di un risultato falsamente positivo, tanto più quanto si è giovani rispetto alla soglia di età prevista di 50 anni, dicono i dottori anti-bufale.

Eseguirlo da soli con un kit fai da te, inoltre, “aumenta il rischio di errori e non garantisce che al segnale di un esame positivo segua il percorso diagnostico e terapeutico più adeguato, come previsto invece dai protocolli degli screening regionali”, conclude l’analisi di Dottoremaeveroche.it.

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