Disturbi alimentari, la rabbia delle associazioni: cosa sta succedendo

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Anoressia nervosa, ma anche bulimia, binge eating, ortoressia: il mondo dei disturbi alimentari è ampio e sfumato e coinvolge moltissime famiglie italiane. Secondo le stime sono oltre 3 milioni i connazionali che fanno  i conti con questi disturbi, esplosi dopo Covid-19 fra i giovanissimi. Ma se la pandemia aveva acceso i riflettori sulla carenza e sulla disomogeneità dei servizi, ora la luce sembra essersi spenta. A suscitare sconcerto e rabbia delle associazioni è stata la Manovra 2024.

O, meglio, l’assenza nella Legge di Bilancio 2024 di una norma che prorogasse il Fondo per il contrasto dei disturbi alimentari da 25 milioni di euro, voluto dal Governo Draghi e scaduto il 31 ottobre 2023.

Ma che cosa sta succedendo, e che cosa ha portato alla mobilitazione delle associazioni e della Rete degli studenti medi, che il 19 gennaio si danno appuntamento a Roma alle 15.30, davanti al ministero della Salute, uniti dallo slogan ‘Ci state tagliando il futuro’?

Fortune Italia lo ha chiesto ad Aurora Caporossi, giovanissima founder di Animenta, che per anni ha lottato contro l’anoressia e oggi si batte per dare risposte ai giovani con disturbi alimentari. La sua associazione sarà in piazza il 19 gennaio a Roma.

Un po’ di storia (e di budget)

l’Italia “storicamente pagava un sottofinanziamento dei servizi per i disturbi alimentari, che si traduceva e si traduce in una disomogeneità dell’offerta. Il fondo istituito con la legge di Bilancio 2021 e che aveva in dotazione 25 mld di euro ha permesso ai centri che hanno ottenuto il finanziamento, comunque limitato, di respirare un po’ e lavorare in modo migliore rispetto a prima. Questo fondo venne stanziato in seguito alla manifestazione dell’8 ottobre del 2021 e aveva l’obiettivo di aggiornare i Lea, i livelli essenziali di assistenza”, ricorda Caporossi.

“I disturbi alimentari oggi sono nei Lea, ma sono accorpati nella macroarea della salute mentale. La soluzione che abbiamo individuato per far sì che i disturbi alimentari non siano più una Cenerentola della sanità era quella di dotarli di un buddget autonomo e vincolato. In questo modo – sottolinea – si riesce ad avere una progettualità, ma anche la possibilità che ogni Regione si doti di livelli minimi di assistenza”.

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Una scelta sbagliata

Siamo precisi: il fondo non aveva colmato le diseguaglianze affrontate ogni giorno dai pazienti con disordini alimentari e dalle loro famiglie. “Ma la decisione del Governo Meloni evidenzia una mancanza di visione e di progettialità – dice Caporossi – e potrebbe portare allo stop di molti servizi, mettendo a rischio il futuro dei professionisti assunti o l’ampliamento dei centri stessi. E finendo per pesare sui pazienti. Insomma, si rischia di tornare alla situazione precedente, che oltretutto purtroppo non era tanto diversa da quella attuale”. Insomma, bisognerebbe investire su un settore chiave per il futuro delle giovani generazioni. Perchè di anoressia e bulimia si muore.

Invece, in mancanza di servizi, sempre più persone rischiano di doversi spostare in cerca di cure, doversi rivolgere al privato o restare senza risposte.

La mappa delle strutture e il pellegrinaggio

L’ultima mappatura dell’Istituto superiore di sanità “ha censito 126 in Italia i centri dedicati alla cura dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione, di cui 112 pubblici e 14 appartenenti al settore del privato accreditato”.

Qualcosa si è mosso in questi anni, “ma il maggior numero dei centri (63) si trova nelle regioni del Nord”, sottolinea Caporossi: ce ne sono 20 in Emilia Romagna e 15 in Lombardia, contro i 23 del Centro (di cui 8 nel Lazio e 6 in Umbria), e 40 sono distribuiti tra il Sud e le Isole (12 in Campania e 7 in Sicilia). “Il Molise – dice Caporossi – non ha alcuna struttura dedicata ai disturbi alimentari, che hanno una loro complessità e richiedono una equipe specializzata nel trattamento di queste malattie“.

Purproppo ci sono ancora “tantissime persone costrette a pellegrinaggi da Sud a Nord in cerca di cure, mentre al Settentrione c’è il tema delle liste d’attesa. Secondo una stima che abbiamo realizzato sentendo la nostra community, i tempi di attesa vanno da sei mesi a un anno”. 

“Ecco perchè stiamo organizzando una mobilitazione nazionale in varie piazze d’Italia e il 19 gennaio ci vedremo a Roma. Di disturbi alimentari si muore oggi più di ieri. E se non facciamo nulla, si morirà domani più di oggi: i pazienti con disturbi alimentari dopo Covid-19 sono aumentati, i servizi no. A fronte di 3 mln di pazienti, abbiamo 900 posti letto. È drammaticamente troppo poco”, conclude Caporossi.

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