La bellezza è negli occhi di chi guarda? Sia come sia, uno sguardo appesantito tradisce subito il passare degli anni. Così non stupisce come, sul fronte della terapia anti-aging, la cura delle palpebre costituisca una vera e propria sfida. Se da un lato non sono molti i pazienti disposti ad eseguire chirurgicamente la blefaroplastica, dall’altro l’approccio terapeutico si basa su un’azione di retrazione dei tessuti grazie a diverse soluzioni, tutte basate sull’effetto termico, con limiti sul fronte dell’efficacia e del numero di trattamenti possibili. La terapia iniettiva inoltre può migliorare il perimetro perioculare, ma non permette di agire sulle palpebre. Nel corso del congresso della Società italiana di medicina estetica (Sime), però, sono state presentate delle interessanti novità.
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Bellezza senza bisturi
La specialista Simona Laura ha presentato uno studio sulla blefaroterapia eseguita con Biodermogenesi. “L’approccio da me seguito si basa sulla sinergia tra campi elettromagnetici e vacuum, in grado di favorire una rigenerazione di collagene di tipo III e di fibre elastiche che permettono di sollevare le palpebre con un effetto del tutto naturale. Essendo una terapia rigenerativa priva di effetti collaterali può essere ripetuta più volte – assicura – senza deteriorare la qualità del tessuto cutaneo e senza down-time: il paziente subito dopo il trattamento avrà quale unico effetto una maggiore apertura dell’occhio ed un sollevamento dell’arcata sopraccigliare e della palpebra, il tutto ottenuto con una terapia estremamente rilassante”. Il suo team ha raccolto dati su oltre 100 pazienti, tutti “con esiti estremamente positivi”.
Il trattamento si può eseguire anche in estate. E permette un approccio completo a tutto il perimetro oculare, sollevando le palpebre e svuotando le borse sotto gli occhi, stimolando un drenaggio rapido ed efficace. Il trattamento permette di evidenziare il miglioramento sin dalla primissima applicazione e prevede un protocollo di 3- 5 sedute a cadenza settimanale; ogni seduta richiede mediamente da 10 a 15 minuti.
La medicina rigenerativa
Al congresso uno spazio speciale è dedicato alla medicina rigenerativa, un continuo work in progress, da ‘maneggiare con attenzione’ e con le giuste indicazioni per ogni età. Queste nuove procedure utilizzano le cellule stesse del paziente (o componenti cellulari) per riparare danni e per favorire processi di guarigione, nel caso di cartilagini usurate o di ferite che non rimarginano. Ma anche per prevenire e correggere l’invecchiamento cutaneo, che è proprio l’ambito della medicina estetica.
“In buone mani e se ben eseguita – commenta il professor Emanuele Bartoletti, presidente della Società Italiana di Medicina Estetica – quello della medicina estetica rigenerativa è un ambito molto sicuro e virtualmente privo di effetti indesiderati. A patto però di rispettare delle regole ferree, in primis quelle delle buone pratiche cliniche nella manipolazione di questi componenti, nell’utilizzo di strumentazioni adeguate e della massima igiene. È inoltre necessaria un’accurata selezione dei pazienti, perché le terapie in medicina estetica, e la medicina rigenerativa non fa eccezione alla regola, vanno sempre personalizzate, in base all’età, alle indicazioni del singolo paziente e alle sue aspettative. Nel nostro campo non esistono terapie ‘one size fits all’, cioè a ‘taglia unica’. Siamo gli antesignani della medicina personalizzata”.
Tra le varie procedure di medicina rigenerativa che trovano applicazione in medicina estetica sono ormai consolidati l’utilizzo del plasma arricchito in piastrine (PRP), al quale si è aggiunto più di recente il plasma ricco di fibrina (PRF), un’evoluzione e la next generation rispetto al PRP. Collaudate anche le cellule staminali derivate dal tessuto adiposo. In questo campo le new entry sono rappresentate dall’impiego di polinucleotidi e di esosomi, promettenti ma ancora al vaglio della scienza
Plasma arricchito di piastrine
“La procedura di trattamento con PRP – spiega il professor Bartoletti – inizia con un prelievo di sangue del paziente che viene raccolto in provette speciali autorizzate alla successiva reiniezione degli emocomponenti, che si otterranno con la centrifugazione del sangue intero. Il medico dovrebbe addirittura consegnare al paziente gli sticker, le etichette che, indicando il numero di lotto, la scadenza e altre informazioni, contraddistinguono queste provette speciali utilizzate per fare il PRP; ed è un dettaglio importante che tutti i pazienti dovrebbero conoscere. Il sangue viene poi centrifugato ad alta velocità per separare i diversi componenti. Per il trattamento si utilizza solo la frazione PRP, contenente plasma ‘arricchito’ con piastrine, che viene iniettata nella parte da trattare dello stesso paziente. Le piastrine svolgono tante funzioni: oltre a contribuire al controllo delle emorragie infatti, producono numerosi importanti fattori di crescita che stimolano i fibroblasti dermici a produrre collagene, acido ialuronico ed elastina mantenendo il derma idratato, strutturato ed elastico. Attivando i fibroblasti inoltre, qualsiasi altra terapia effettuata in seguito, avrà un effetto migliore”.
PRF
Il preparato si ottiene con una modalità di centrifugazione diversa, che permette di selezionare insieme al plasma arricchito di piastrine anche un reticolo di fibrina, una matrice che rende questa frazione più densa e più durevole una volta iniettata, “consentendo una prolungata liberazione dei fattori di crescita piastrinici nella zona trattata”. Trattandosi di procedure relativamente nuove, non esistono protocolli condivisi per la biostimolazione del viso (o di aree del corso) con PRP/PRF. “L’unico protocollo standardizzato disponibile al momento – ricorda Bartoletti – è quello per il trattamento dell’alopecia androgenetica che prevede tre somministrazioni di PRP (iniezioni sul cuoi capelluto) a distanza di un mese una dall’altra, da ripetere eventualmente dopo un anno”. Fondamentale per ottenere i migliori risultati è importante una diagnosi accurata e la selezione dei pazienti.
“Su una paziente con fibroblasti invecchiati e un photoaging di terzo grado – spiega il professor Bartoletti – una stimolazione con le piastrine potrebbe non avere molto effetto. I risultati migliori del PRP/PRF si osservano nella fascia d’età di 35-55 anni”.
Trapianto di grasso o staminali
Per le pazienti con pelli più mature, suggerisce ancora Bartoletti, meglio ricorrere al trapianto di grasso o di staminali da tessuto adiposo. “Ricordo che queste terapie possono essere eseguite in studi medici autorizzati da un centro trasfusionale o in ospedale. Il Servizio Ambulatoriale di Medicina Estetica per il Benessere Psicofisico nella Patologia attivo all’Ospedale Isola Tiberina-Gemelli Isola fina dal 1994, che quest’anno ha compiuto 30 anni di attività, eroga questo tipo di terapia in collaborazione con il Centro trasfusionale per il trattamento oltre che dell’invecchiamento cutaneo, anche per l’alopecia, la ginecologia funzionale e le ulcere o le ferite che ritardano nella guarigione. Si tratta di un esempio di come la medicina estetica possa rientrare a pieno titolo nell’attività sociale di un Ospedale”.
Cellule staminali da tessuto adiposo
Il tessuto adiposo è un ‘organo’ endocrino e contiene anche tante cellule staminali che, prelevate dal grasso e iniettate in altri tessuti, possono trasformarsi in cellule ‘chiave’ per la rigenerazione. “Se iniettate nel derma – spiega Bartoletti – possono trasformarsi in fibroblasti produttori di collagene, elastina e acido ialuronico, ma anche stimolare la neo-angiogenesi, cioè la formazione di nuovi vasi del microcircolo, che garantisce una miglior ossigenazione della cute”.
Le cellule staminali da tessuto adiposo vengono estratte attraverso una procedura chirurgica (è una sorta di lipoaspirazione con cannule particolari che prelevano solo una piccola parte di tessuto adiposo). L’aspirato viene poi lavorato e filtrato per estrarre lestaminali che vengono poi iniettate nel derma. “Questa terapia trova indicazioni per la ricrescita dei capelli e per il ringiovanimento del volto, le stesse indicazioni del PRP/PRF. Il trapianto di staminali da tessuto adiposo determina anche un piccolo ma immediato incremento di volume che ‘riempie’ il derma e migliora l’aspetto del volto. Sono disponibili dei kit che consentono di eseguire la procedura in ambulatorio medico, senza ricorrere alla sala operatoria”.
Dalla trota un elisir di bellezza
I polinucleotidi esrtratti dalla trota salmonata svolgono una duplice funzione una volta iniettati nel derma: stimolare i fibroblasti a replicarsi e ad aumentare la produzione di collagene, elastina, acido ialuronico andando a stimolare alcuni recettori. Inoltre funzionano attivando le vie metaboliche cosiddette di ‘salvataggio’ nelle quali il Dna ricicla i suoi pezzi per ripararsi e quindi ottimizzano l’attività cellulare. “Questo trattamento è indicato in pazienti fino ai 40-45 anni e con un photoaging fino al II livello”, precisa Bartoletti. Vanno iniettati nel derma, per questo la procedura può risultare fastidiosa e abbastanza dolorosa (ma si può abbinare a una crema anestetica o anestetico topico). Provocano la formazione di piccoli pomfi sulle zone trattate che scompaiono nell’arco di 24 ore”.
Esosomi
Sono dei ‘biocosmetici’ al centro dell’attenzione al momento, ma gli esperti consigliano prudenza. “Gli esosomi – spiega il Bartoletti – sono sostanze che le cellule secernono per comunicare e indurre cambiamenti e azioni su altre cellule. Le cellule senescenti, ‘in pensione’ ad esempio, pur non replicandosi più, continuano a produrre questi esosomi che istruiscono i globuli bianchi a rimuoverle o inducono senescenza in altre cellule raggiunte dai loro messaggi. Anche se di tendenza e di moda insomma, non tutto quello che è esosoma è ‘buono’. Si tratta di terapie ancora sperimentali, emergenti, che andrebbero capite meglio prima di adottarle nella pratica clinica”.