“A seguito delle numerose interpretazioni di stampa delle ultime ore, si precisa che la posizione della Commissione tecnico scientifica è rimasta invariata rispetto a quella espressa nella riunione di sabato 30 gennaio. In attesa di ulteriori studi, l’indicazione per il vaccino AstraZeneca resta preferenzialmente per la popolazione tra i 18 e 55 anni e senza patologie gravi, per la quale sono disponibili dati più solidi”. Si attendono “maggiori evidenze sul rapporto beneficio/rischio del vaccino AstraZeneca prima di suggerirne la somministrazione nei soggetti di età più avanzata”, conclude la nota.
Cosa fare dunque per i soggetti, ad esempio, tra i 55 e i 65 anni? C’è da scommettere che gli over 55 ‘sani’ avranno qualche riserva ad accettare questo vaccino, dopo ciò che hanno letto in questi giorni. Inoltre occorre tener presente che alcuni sessantenni possono avere delle fragilità senza saperlo. C’è poi il nodo dei giovani ma fragili.
“La scelta del vaccino deve essere lasciata al medico curante che, sulla base della storia clinica del suo paziente, deve scegliere il più adatto”, afferma l’immunologa dell’università di Padova Antonella Viola, ricordando che il vaccino di AstraZeneca ha un’efficacia del 60%. Quindi, utilizzandolo anche per i giovani ad alto rischio a causa di patologie preesistenti, 4 su 10 potrebbero comunque ammalarsi.
“Aifa – scrive Viola su Facebook – ha giustamente deciso di non consigliare l’utilizzo del vaccino AstraZeneca per gli over 55. Questo perché non ci sono dati solidi sull’efficacia del vaccino in questa fascia di età e perché è comunque un vaccino meno efficace rispetto agli altri, riuscendo a proteggere solo 6 persone ogni 10 vaccinati. La mia domanda però è la seguente: che facciamo con i 40enni diabetici? O i 50enni ipertesi? Con gli obesi? Con tutte quelle categorie di giovani che per co-morbidità sono ad alto rischio? Li vacciniamo sapendo che 4 su 10 non saranno protetti?”.
Insomma, l’utilizzo di questi vaccini rischia di essere piuttosto complesso da gestire. In attesa dei dati ulteriori, attesi dai Paesi che non ne hanno sconsigliato l’utilizzo negli anziani.