Covid in Lombardia, il déjà vu delle scuole chiuse

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Sembra un film già visto, giusto un anno fa. Da domani la Lombardia entra in un quasi-lockdown facendo virare il proprio colore da arancio ad arancione rafforzato. Una tinta che porta con sé la chiusura di tutte le scuole di ogni ordine e grado.

È questo il cuore dell’ordinanza firmata intorno a mezzogiorno dal presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana. che di fatto blinda quasi del tutto il territorio della Rosa Camuna fino a domenica 14 marzo. Quella dell’arancione rafforzato era una possibilità che circolava già ampiamente negli ultimi giorni tra gli addetti ai lavori che monitorano l’andamento dell’epidemia nel territorio regionale.

Sempre più contagi, sempre più ricoveri. Sempre più prevalenza della variante inglese del coronavirus. I dati diffusi ieri pomeriggio indicavano 4.590 nuovi positivi. Brescia la provincia più colpita con 1.325 casi, seguita da quella di Milano con 1.026 casi di cui ben 431 nella solo capoluogo. Trenta i nuovi ricoveri in terapia intensiva e 137 nuovi letti occupati in reparti di non intensiva, per un totale di circa 5.000 ricoveri attivi. Numeri a cui si aggiunge quello dei decessi: 60 in più rispetto al giorno prima, portando a 28.518 il totale dei cittadini lombardi morti per Covid dall’inizio della pandemia.

Una situazione epidemiologica che secondo la Regione oggi “presenta le condizioni di un rapido peggioramento con un’incidenza in crescita in tutti i territori della Lombardia, anche in relazione alle classi di età più giovani”. Così, da domani 5 marzo e fino al 14 del mese, resteranno chiusi i cancelli di tutte le scuole e partirà per tutti la didattica a distanza, che per ora aveva interessato a tratti solo gli studenti delle scuole medie e delle superiori.

“Sospesa la didattica in presenza nelle istituzioni scolastiche primarie e secondarie di primo grado e secondo grado, nelle istituzioni formative professionali secondarie di secondo grado (Iefp), negli Istituti tecnici superiori (Its) e nei percorsi di Istruzione e Formazione Tecnica Superiore (Ifts) nonché nelle scuole dell’infanzia” recita l’ordinanza. Gli unici a restare aperti sono i servizi per la prima infanzia (nidi e micro nidi).

Ma non è solo la scuola a subire le conseguenze dell’impennata dei contagi. L’ordinanza applica anche l’art. 3, comma 4, lettera i) del Dpcm del 14 gennaio 2021. In buona sostanza scatta lo smart working anche per tutti i dipendenti della Pubblica amministrazione regionale il cui incarico possa essere svolto in remoto.

Nuovo blocco anche per gli spostamenti verso le seconde case della Lombardia, sia per chi risiede in Regione che per coloro che provengono da fuori Regione. Divieto di spostamento anche verso altre abitazioni private sul territorio regionale salvo che per comprovate gravi necessità.

Si prospettano scenari già vissuti anche per quanto riguarda le attività quotidiane. La stretta che limita l’accesso alle attività commerciali al dettaglio a un solo componente per nucleo familiare potrebbe generare nuovamente le code chilometriche al di fuori dei supermercati che avevamo sperimentato la scorsa primavera.

E ritorna per i genitori italiani anche il disagio di dover conciliare lavoro e figli, di nuovo a casa e obbligati a seguire lezioni online, all’interno di spazi ancora poco adatti a supportare tanti componenti che necessitano di postazioni con connessioni web ben funzionanti. Senza poter contare nemmeno del parchetto sotto casa, giacché l’ordinanza vieta anche “l’utilizzo delle aree attrezzate per gioco e sport all’interno di parchi, ville e giardini pubblici, fatta salva la possibilità di fruizione da parte di soggetti con disabilità”.

Sul piano delle vaccinazioni, i dati aggiornati a ieri 3 marzo indicano che dal 18 marzo sono state somministrate 94.998 dosi alla popolazione over-80 e che sono poco meno di 800 i nonni lombardi che hanno ricevuto anche la dose di richiamo. Ancora troppo poche rispetto alle 562.803 persone con più di 80 anni che hanno sinora aderito alla campagna vaccinale.

Alcune considerazioni sorgono spontanee. Proprio un anno fa si procedeva con il chiudere le scuole per alcuni giorni sperando poi in una riapertura, che in realtà si tramutò nel lockdown duro della scorsa primavera. Le varie aperture e chiusure che si sono succedute dallo scorso autunno a oggi testimoniano la non utilità dello stop-and-go.

Perché allora ostinarsi a dare a queste ordinanze orizzonti temporali che sappiamo bene non avere alla base una valenza scientifica? Del resto non è forse ben noto a tutti, anche ai politici che probabilmente fanno finta di non ricordarsene, che l’effetto di una chiusura (o di una riapertura) sui numeri dell’epidemia si vede solo dopo 2-3 settimane?

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