Covid, studio svela punti deboli strategia apri-e-chiudi

Covid e lockdown
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A inficiare l’efficacia della strategia contro Covid-19 fatta di chiusure più o meno rigide e successive riaperture è la presenza di ‘riserve nascoste’ di virus Sars-Cov-2: persone asintomatiche e inconsapevolmente infette, che hanno contribuito ad alimentare cluster sfuggiti al tracciamento. Un fenomeno favorito anche dalla presenza di sottotipi virali diversi nel nostro Paese, anche quando di mutazioni e varianti sembrava quasi fosse vietato parlare.

E’ quanto emerge da uno studio accettato per la pubblicazione da ‘Nature Communication Biology’ e firmato dall’epidemiologo Massimo Ciccozzi, responsabile dell’Unità di statistica medica ed epidemiologia molecolare dell’UniversitàCampus BioMedico, insieme a colleghi delle Università della Florida, del Brasile e del Sudafrica come Davide Zella, Marco Salemi, Luiz Carlos Alcantara e Marta Giovannetti.

Ciccozzi è autore di numerosi lavori sul nuovo coronavirus, tra i quali quello che ha individuato una mutazione che lo ha reso più contagioso. Ebbene, per il ‘cacciatore delle varianti Covid’ non ci sono dubbi: “Abbiamo fatto un lavoro doppio, epidemiologico e filogenetico (che ha esaminato oltre 700 sequenze). Siamo andati a vedere epidemiologicamente cosa succedeva dopo ogni lockdown o chiusura importante, e dopo ogni abbassamento della curva delle infezioni”, spiega.

Inesorabilmente, a distanza di qualche tempo, la curva ripartiva. “Questa è la terza ondata: abbiamo vissuto più volte una situazione altalenante, con l’onda Covid che sale, il lockdown, la decrescita dei casi e alla fine un nuovo innalzamento. Ma perché? Ecco, noi abbiamo visto che probabilmente c’erano dei reservoir di virus nascosti: persone asintomatiche e infette che non sono state testate, la cui presenza ha preceduto ogni nuova crescita esponenziale dei casi. Ogni volta che chiudevamo in modo molto stringente, la curva dopo 1-3 mesi ripartiva”.

Tutti questi casi asintomatici rimasti sottotraccia “hanno portato a ondate successive di Covid-19. In particolare nel nostro lavoro esaminiamo la seconda ondata. I reservoir hanno un’epidemiologia a cluster, e mandano in fumo il contact tracing. Il valore Rt nel caso di un’epidemia a cluster non funziona più: una persona infetta e asintomatica che si trovi nel posto sbagliato può infettare anche 5-6 persone. Pensiamo a una cena tra amici con più persone infette e asintomatiche. Un dato, questo, che è risultato coerente con la nostra analisi filogenetica: a fine ottobre circolavano ben 16 lineaggi di coronavirus differenti, ovvero sottotipi con mutazioni limitate e non molto stabili, che comunque distinguono un tipo dall’altro. Questi lineaggi sono andati a sostenere i cluster. Dunque – sottolinea l’esperto – non è vero che il virus non mutava e che era sempre lo stesso”.

Lo studio ha individuato i punti deboli della strategia italiana proprio nei reservoir nascosti. “Adesso poi abbiamo varianti vere: che hanno preso una mutazione e l’hanno fissata”. Questo studio, che analizza l’esperienza passata nella lotta a Covid, torna di grande attualità al momento in cui l’Italia torna ad essere arancione e rossa.

“Visto l’andamento dei casi, e il superamento della soglia del 30% di allerta delle terapie intensive – conclude Ciccozzi – limitare i movimenti delle persone si rende necessario per limitare il movimento del virus. Questo anche a causa della scorta ancora limitata dei vaccini, che speriamo di avere al più presto. Se però non vacciniamo oltre a chiudere, alla riapertura ci troveremo a rivivere lo stesso andamento”.

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