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Pandemia, Istat: in prima ondata Covid seconda causa di morte dopo i tumori

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Durante la prima ondata della pandemia Covid-19 è stata la seconda causa di morte, con un numero di decessi di poco inferiore a quello dei tumori e più del doppio di quello delle cardiopatie ischemiche. Lo certifica l’Istat in un nuovo report che analizza la mortalità in Italia per causa e luogo del decesso nel periodo marzo-aprile 2020.

Nei due mesi è stato registrato un incremento dei decessi del 45%, con un totale di 159.310 casi, quasi 49mila in più rispetto alla media calcolata nello stesso periodo del quinquennio 2015-2019. Il 60% dei decessi in eccesso, pari a 29.210 casi, è attribuibile al Covid-19, il 10% a polmoniti e il 30% ad altre cause. I decessi per polmoniti triplicano, e aumentano quelli per demenze, diabete e cardiopatie ipertensive.

L’incremento di mortalità, che solo in minima parte è imputabile all’invecchiamento demografico, si è concentrato soprattutto nelle regioni del Nord-ovest, dove sono esplosi i primi focolai epidemici. In quest’area i decessi in più sono stati 34.449, con un raddoppio dei casi e un effetto dovuto all’invecchiamento piuttosto contenuto (+1.833 decessi). In particolare, Covid-19 è responsabile di un terzo della mortalità totale nell’area, quasi 19mila decessi, pari al 64% dei decessi per Covid di tutta Italia.

Incremento per quasi tutte le cause di morte

Al di là di Covid-19, nel periodo marzo-aprile 2020 i decessi aumentano per quasi tutte le principali cause di morte rispetto a quanto osservato nello stesso periodo dei cinque anni precedenti. L’incremento più importante nella frequenza dei decessi si osserva per polmoniti e influenza, +211%. Per questo gruppo di cause, in cui le polmoniti incidono per il 95%, la frequenza dei morti è tre volte superiore a quella osservata in media nel periodo 2015-2019 (7.610 rispetto a 2.445). A tale aumento si accompagna anche la crescita dei decessi dovuti alle altre patologie a carico dell’apparato respiratorio (+26%), rilevata sia per le malattie croniche broncopolmonari che per il complesso delle restanti malattie respiratorie.

Decessi in aumento anche per demenze e Alzheimer (+49%), per le malattie cardiache ipertensive (+40%), diabete (+41%), così come per i casi con sintomi segni e cause mal definite o sconosciute (+43%). Più contenuto l’incremento di morti ascrivibili a malattie cerebrovascolari (+13%), cardiache ischemiche (+5%) e alle restanti malattie circolatorie (+10%), mentre per tumori e malattie infettive diverse da Covid-19 si è registrato, nel complesso, un decremento dei decessi. Per effetto del lockdown, e della drastica riduzione della circolazione stradale, è inoltre diminuito anche il numero di morti imputabili a cause esterne, dagli incidenti stradali agli omicidi.

Impatto Covid su decessi forse sottostimato

Dall’analisi dei dati, sottolinea l’Istat, “emerge come l’impatto del Covid-19 sulla mortalità non vada ricercato unicamente nel numero dei decessi causati direttamente dal virus, ma anche nel concomitante incremento per altre cause. L’incremento di decessi dovuti a polmoniti o altre affezioni respiratorie porta a ipotizzare che in questa prima fase della pandemia la difficoltà a diagnosticare una nuova patologia abbia prodotto una sottostima dei decessi a essa effettivamente dovuti”. Per altre cause, come le cardiopatie ipertensive e il diabete, “l’aumento dei decessi suggerisce invece un ruolo indiretto del Covid-19 sull’aumento di mortalità, attraverso l’accelerazione di processi morbosi già in atto o per gli effetti del sovraccarico delle strutture del Sistema Sanitario Nazionale”.

L’incidenza di polmoniti e malattie croniche

I casi di morti in eccesso imputabili a cause diverse da Covid-19 tra marzo e aprile 2020 sono in tutto 20.032. Su questo numero, sottolinea l’Istat, hanno inciso soprattutto polmoniti e influenza, con 5.166 casi in più (pari a circa il 10% dei 49mila decessi in eccesso), le demenze e la malattia di Alzheimer con 2.736 morti in più (6% del totale in eccesso) e le malattie cardiache ipertensive con +2.512 decessi in più (5%).

L’incremento dei decessi nel Nord-ovest

Oltre a essere stato il più colpito dalla pandemia, il Nord-ovest ha registrato anche i maggiori incrementi per tutte le cause di morte (ad eccezione di quelle imputabili a fattori esterni): polmoniti (+469%), demenze e Alzheimer (+122%), del diabete (+111%), malattie cardiache ipertensive (+95%). Forte incremento delle polmoniti (+151%) anche nel Nord-est, mentre è stato più contenuto (tra il 35 e il 45%) al Centro, al Sud e nelle isole.

Tra gli over 70 l’85% delle morti da Coronavirus

I 29mila decessi per Covid-19 rappresentano il 18% della mortalità tra marzo e aprile 2020. L’età media dei deceduti per Covid-19 è di 80,2 anni, un anno e mezzo più bassa dell’età media del totale dei decessi (81,6 anni). Circa l’85% dei decessi per Covid ha coinvolto persone di oltre 70 anni, mentre tra i 50-59enni è dovuto a Covid-19 un decesso su cinque. Oltre gli 80 anni la quota di casi da Covid-19 si riduce, anche se non diminuisce l’eccesso di mortalità in questa fascia di età, a causa di “un aumento più consistente di altre cause di morte e – scrive l’Istat – probabilmente a una minore diagnosi del Covid-19”.

Covid-19 ha colpito più gli uomini delle donne

Ci sono evidenti differenze di genere nella mortalità per Covid-19, evidenza l’Istituto, con circa il 59% dei deceduti di sesso maschile. “Tra gli uomini un decesso su cinque è un caso Covid-19, tra le donne la proporzione è di un caso ogni sette decessi. Queste differenze si vedono soprattutto nelle classi centrali della vita, in particolare tra i 50 e i 69 anni. Nell’87% dei casi il Covid-19 riportato sui certificati di decesso è confermato da test di laboratorio, con una percentuale maggiore di casi confermati tra gli uomini (90%) rispetto alle donne (83%)”.

La mortalità per classi di età

Quanto alla mortalità complessiva, è aumentata soprattutto negli over 65, dove si è registrato un incremento delle malattie circolatorie, in particolare di cardiopatie ipertensive e ischemiche, che sono anche tra le maggiori cause di decesso, “legate probabilmente – ipotizza l’Istat – ad effetti indiretti del Covid-19 che ha agito aumentando la mortalità di persone già fragili affette da queste patologie”.

Sotto i 50 anni c’è stata invece una lieve riduzione della mortalità, dovuta soprattutto alla diminuzione delle cause esterne, specie tra i più giovani. Le malattie del sistema respiratorio sono aumentate in tutte le classi di età, con almeno il 50% dei casi in più rispetto alla media del periodo precedente. Nei più giovani queste cause sono addirittura raddoppiate a marzo e aprile, ma con un numero di casi molto contenuto.

Gli effetti del lockdown sulla violenza di genere

Omicidi e aggressioni si riducono, in particolare prima dei 65 anni di età (-36% di decessi), ma con una differenza per genere. Se tra gli uomini, si ha una riduzione del 58% (da 29 a 12), tra le donne si registra un lieve aumento (da 12 a 14 decessi). “Come noto – scrive l’Istat al riguardo – il fenomeno degli omicidi ha una specifica connotazione di genere: quelli che vedono come vittime le donne si consumano prevalentemente all’interno delle mura domestiche, mentre gli uomini sono più spesso vittime di autori sconosciuti. L’obbligo di permanenza nelle abitazioni a marzo e aprile 2020 sembra avere prodotto un effetto negativo, anche se esiguo nei numeri, sul fenomeno a carico delle donne, diversamente da quel che è accaduto per quasi tutte le altre cause esterne”.

Forte aumento morti in strutture residenziali e socio-assistenziali

L’incremento dei morti è differenziato per luogo di decesso: rispetto alla media 2015-19 di registra un +46% negli istituti di cura pubblici e privati, quasi interamente legato alla mortalità da Covid-19, un +27% nelle abitazioni e un +155% nelle strutture residenziali o socio-assistenziali. In questi due casi, rileva l’Istat, “l’aumento potrebbe essere conseguenza anche di un mancato accesso alle cure ospedaliere nella fase più critica per il sistema sanitario e di una mancata diagnosi di casi Covid-19 all’inizio della pandemia”. L’istituto evidenzia anche come “normalmente i decessi nelle strutture residenziali o socio-assistenziali costituiscono circa il 9% del totale delle morti mentre nel 2020 la percentuale sale al 17%”.

In particolare, la mortalità per polmoniti e influenza è aumentata con variazioni, rispetto al dato atteso, che vanno dal +161% in abitazione al +644% nelle strutture residenziali o socio-assistenziali. L’aumento negli istituti di cura pubblici, privati o accreditati (+178%), secondo l’Istat, suggerisce che nella prima ondata della pandemia ci sia stata una mancata individuazione del Covid-19 anche nei luoghi più attrezzati alla diagnosi di malattie.

Nelle strutture residenziali o socio-assistenziali c’è stato un aumento per tutte le cause, anche di quelle malattie croniche tipiche di persone assistite in queste strutture. In particolare, “la crescita di decessi per demenze e Alzheimer (+132%), così come per le altre malattie croniche, potrebbe essere attribuibile a una sottodiagnosi del Covid-19 o a un effetto indiretto del Covid-19 in soggetti già fragili”. Tali incrementi sono particolarmente accentuati nel Nord del Paese, dove il sistema sanitario è stato sottoposto a uno stress maggiore. Per l’Istat la diminuzione di morti negli istituti di cura e negli hospice e l’aumento di morti nelle abitazioni per i tumori e le malattie circolatorie potrebbe riflettere una minore ospedalizzazione per queste patologie, mentre “l’aumento delle cause di morte sconosciute o mal definite, soprattutto nei luoghi in cui è più difficile fare diagnosi, è probabilmente attribuibile a una sottostima dei casi di Covid-19”.

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