Covid, ecco come si cura a casa

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Il ministero della Salute ha aggiornato le linee guida relative alla terapia domiciliare dei pazienti Covid. Lo scorso 26 aprile è stata infatti pubblicata una nuova circolare che attualizza la precedente, del 30 novembre 2020. Molte le novità. Dalle indicazioni per il trattamento delle donne in gravidanza e dei bambini, al forte richiamo all’uso responsabile dei medicinali, da assumere solo dietro indicazione medica.

Ma cosa rappresenta davvero questa circolare? “C’è un equivoco importante su questo documento. Sappiamo che su Covid in questo momento non è possibile determinare linee guida per come sono concepite in Italia, anche legislativamente. Formalmente occorrono evidenze scientifiche che oggi non esistono, se non alcune dimostrazioni, comunque correlate a piccoli numeri e che sono in corso di definizione”, ci dice Silvestro Scotti, segretario generale Fimmg (Federazione italiana medici di medicina generale) e membro del Gruppo di lavoro che ha stilato la nuova circolare.

“L’aggiornamento della circolare serve per dare un indirizzo e un supporto rispetto a quanto è stato dimostrato avere validità, o meno, dal punto di vista scientifico per la terapia dell’infezione da Covid-19. Viceversa, non deve essere intesa come un vademecum per le possibilità di cura domiciliari di Covid”.

Il punto di partenza è la considerazione del fatto che questo virus non si può curare, se per cura si intende l’assunzione di un farmaco che determina la guarigione. Un virus che oggi possiamo guarire “è quello dell’epatite C, attraverso l’uso di antivirali”, afferma Scotti, ricordando che nel caso del Coronavirus, diversamente da quanto si pensava inizialmente, si è visto che questo tipo di trattamenti (con antivirali) non ha grande efficacia.

La circolare è “diretta al medico e al paziente, per evitare quella serie di terapie ‘fai da te’ che abbiamo visto in questo anno di pandemia. Sappiamo, ad esempio, di pazienti che si sono procurati il cortisone e hanno iniziato ad assumerlo autonomamente. Anche attraverso i social media si è creata una fase in cui l’eparina è stata usata come se fosse un farmaco attivo sull’eziopatogenesi e sull’evoluzione della malattia. Mentre si è visto che questa molecola può essere utile in soggetti infettati e allettati”, richiama alla memoria il dottore.

Ma quali sono le differenze più importanti rispetto alla circolare dello scorso 30 novembre? “Sono state introdotte le cure che possono essere adatte per le donne in gravidanza e per i bambini. Si è iniziato a definire le condizioni che possono determinare l’utilizzo degli anticorpi monoclonali, attualmente autorizzati da Aifa per uso emergenziale. E, non ultimo, è stato introdotto un nuovo approccio organizzativo delle visite, che prevede la possibilità di introdurre sistemi di sanità digitale di diagnostica a distanza”.

“A fronte di ciò è stata sottolineata l’importanza di evitare l’uso improprio di alcuni farmaci come gli antibiotici. Fondamentale poi il nuovo ruolo dato al saturimetro, che diventa uno strumento da tenere in casa come il termometro”, aggiunge Scotti.

Alla luce delle nuove indicazioni del ministero, e di quanto fatto in passato, vien da chiedersi se la terapia domiciliare anti-Covid non sia stata condotta finora in modo un po’ troppo “libero”. Rivolgiamo la domanda al nostro interlocutore. Che risponde: “Non poteva essere altrimenti. La patologia era nuova e, di volta in volta, sono state seguite strade differenti in modo empirico per cercare possibili soluzioni alle casistiche differenti che si incontravano. In questo modo siamo riusciti via via a capire quali strumenti potevano essere utili a seconda dei casi: per citarne alcuni, il cortisone da usare per trattare gli aspetti infiammatori; il ricorso all’eparina quando si è capito che l’infezione poteva determinare una sorta di azione trombotica dei vasi peripolmonari”.

“Due sono i messaggi da far passare. Per i cittadini, prestare attenzione alla parte della circolare che riguarda il non usare farmaci senza indicazione del medico: non esiste una terapia standard e si rischia di fare più danni che altro. Ad esempio, un uso eccessivo di cortisone nella fase iniziale della replicazione virale può determinare una minor risposta immunitaria e far peggiorare il quadro clinico. Lato medici, l’indicazione è quella di avere strumenti che permettano di adattare la terapia al singolo paziente, nelle diverse fasi della malattia”.

Ecco, intanto, i punti principali della nuova circolare, così come pubblicati sul sito del ministero della Salute:

“Il documento […] illustra le modalità di gestione domiciliare del paziente affetto da Covid-19 da parte del medico di medicina generale e del pediatra di libera scelta sulla base delle conoscenze disponibili a oggi. Le linee guida si rivolgono anche ai caregiver, agli infermieri e ai pazienti stessi.
Le raccomandazioni si riferiscono alla gestione farmacologica dei casi lievi di Covid-19″.

“In linea generale, per le persone con queste caratteristiche cliniche non è indicata alcuna terapia, al di fuori di una eventuale trattamento sintomatico di supporto. Tra le indicazioni si introduce la valutazione sui pazienti da indirizzare nelle strutture di riferimento per il trattamento con anticorpi monoclonali, vengono date indicazioni più accurate sull’utilizzo dei cortisonici, vengono specificati gli usi inappropriati dell’eparina, vengono indicati chiaramente i farmaci da non utilizzare. Infine, nei soggetti a domicilio asintomatici o paucisintomatici, viene esplicitato il concetto di “vigile attesa” come sorveglianza clinica attiva, costante monitoraggio dei parametri vitali e delle condizioni cliniche del paziente”.

In particolare si consiglia di:
• non modificare, a meno di stringente ragione clinica, le terapie croniche in atto per altre patologie (es. terapie antiipertensive, ipolipemizzanti, ipoglicemizzanti, anticoagulanti o antiaggreganti, terapie psicotrope)
• utilizzare un trattamento di tipo sintomatico con paracetamolo o Fans in caso di febbre o dolori articolari o muscolari, a meno che non esista chiara controindicazione all’uso, o altri farmaci sintomatici su giudizio clinico
• non utilizzare routinariamente corticosteroidi; inoltre, un utilizzo precoce di questi farmaci si è rivelato inutile se non dannoso, in quanto in grado di inficiare lo sviluppo di un’adeguata risposta immunitaria
• utilizzare eparina solo nei soggetti immobilizzati per l’infezione in atto
• evitare l’uso empirico di antibiotici; il loro eventuale utilizzo è da riservare esclusivamente ai casi in cui l’infezione batterica sia stata dimostrata da un esame microbiologico e a quelli in cui il quadro clinico ponga il fondato sospetto di una sovrapposizione batterica
• non utilizzare idrossiclorochina, la cui efficacia non è stata confermata in nessuno degli studi clinici randomizzati fino ad ora condotti
• valutare, nei pazienti a rischio di progressione di malattia, la possibilità di trattamento precoce con anticorpi monoclonali da parte delle strutture abilitate alla prescrizione.

Si segnala, inoltre che a oggi, non esistono evidenze solide e incontrovertibili (ovvero derivanti da studi clinici controllati) di efficacia di supplementi vitaminici e integratori alimentari (come vitamine, inclusa vitamina D, lattoferrina, quercitina), il cui utilizzo per questa indicazione non è, quindi, raccomandato.

Sulla base dell’analisi della letteratura scientifica disponibile a oggi e sulla base delle caratteristiche tecniche dei saturimetri disponibili in commercio per uso extra-ospedaliero, si ritiene di considerare come valore soglia di sicurezza per un paziente Covid-19 domiciliato il 92% di saturazione dell’ossigeno.

Se la saturazione dell’ossigeno scende sotto il 92% valutare o ricovero e ossigenoterapia a casa.

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