Greco
Aboca banner articolo

“Oggi sembra esserci una consapevolezza più ampia: quella dell’importanza del ruolo strategico dell’industria farmaceutica per un Paese, sia dal punto di vista della salute che da quello economico, e di sicurezza nazionale in alcuni casi. Bisogna decidere però se davvero l’industria farmaceutica è un valore o un problema. Perché nel primo caso bisogna essere coerenti con tutta una serie di attività. Se, invece, siamo schizofrenici alla fine non si riesce ad essere attrattivi”. Parola di Fabrizio Greco, presidente dell’Italian American Pharmaceutical Group (Iapg), che analizza lo stato di salute del settore e le prospettive del pharma in Italia dopo Covid-19.

Un tema di cui si è parlato anche nell’incontro promosso da Iapg e dal Gruppo Europeo e Nipponico di Farmindustria qualche settimana fa.

Se l’obiettivo è attirare finanziamenti dall’estero, la concorrenza è agguerrita. “Non c’è un collega del mio gruppo che non cerchi di attirare investimenti nel suo Paese – racconta Greco – E ogni Paese dice di avere competenze e know how. Il punto è che se da fuori si vedono messaggi coerenti, attrarre risorse per crescere diventa più facile, altrimenti è quasi impossibile”.

Il solo nome del premier Mario Draghi non sarà sufficiente. “Ma, certo, se Mario Draghi creerà un contesto migliore, allora ci saranno buone basi. Insomma, dobbiamo sapere che quello che viene ottenuto oggi è maturato negli anni passati“.

L’Italia, comunque, ha una serie di frecce al suo arco. “Noi – sottolinea il presidente Iapg – abbiamo una base di imprese farmaceutiche importanti, siamo tra i primi produttori di farmaci in Europa, abbiamo un know how produttivo robusto, anche se un po’ tradizionale. Inoltre, abbiamo una forte base scientifica, anche se avremmo bisogno di una base di competenze tecnologiche da sviluppare e sfruttare meglio, penso ad esempio alla produzione delle biotecnologie”.

D’altra parte, preoccupano i “segnali di incoerenza per quanto riguarda l’accesso alle nuove terapie, considerate più come un problema economico che un valore – attacca Greco – penso al tema dell’equivalenza terapeutica e alla riduzione della spesa. Il fatto che noi siamo da una decina d’anni sottofinanziati ha creato una serie di dinamiche che non aiutano: il sottofinanziamento della spesa farmaceutica complica il quadro. Ma l’unico modo per creare innovazione è aprire a quanti possono portare un contributo e poi alimentare uno scambio continuo. L’innovazione, per crescere, deve circolare“.

Poi in Italia c’è “un asset che non sfruttiamo a livello adeguato: il Servizio sanitario nazionale. Si tratta di un unicum, un sistema che cura 60 milioni di persone, e questo per la ricerca è davvero prezioso. Penso allo sviluppo di terapie, alla raccolta di dati. Ecco perché sarebbe importante riorganizzare il Ssn per incentivare ricerca e sviluppo dell’innovazione. Ma c’è un oggettivo problema di aggiornamento e di tecnologia. Speriamo che il Pnrr, che ha nella digitalizzazione della sanità uno dei suoi obiettivi, riesca in questa impresa”, continua Greco.

C’è poi il tema della protezione dell’innovazione e delle regole sui brevetti. Un dibattito aperto proprio dalla messa a punto dei primi vaccini anti-Covid. “E’ un po’ come cambiare le regole di una lotteria – esemplifica Greco – il biglietto costa un euro e si vince un milione di euro. Se però poi io consegno solo 10 euro a chi aveva il biglietto vincente, e gli dico di essere contento perché comunque è più di quanto aveva speso, alla prossima lotteria non parteciperà nessuno”.

Resta la questione di assicurare una produzione di vaccini anti-Covid importante, in grado di permettere l’immunizzazione a tutta la popolazione mondiale e farci uscire dalla pandemia. “Questo è un nodo rilevante. Ma l’industria si sta muovendo per consentire ad altre aziende, diverse rispetto a quelle titolari di brevetto, di produrre il vaccino: credo che la strada giusta sia quella della condivisione, per arrivare il più rapidamente possibile a fornire un vaccino a chi ne ha bisogno mettendo insieme le forze”.

Si è parlato molto di autarchia vaccinale e di reshoring, ma è opportuno e utile favorire quanti vogliono avviare una produzione di qualità in Italia? “Potrebbe essere un ragionamento da fare più a livello europeo che italiano, vista la complessità del settore. Un progetto europeo avrebbe qualche possibilità in più. Le grandi aziende, quelle che sviluppano grandi innovazioni, sono aziende globali”, riflette Greco.

Per il pharma, “al di là delle aziende che hanno sviluppato il vaccino, questo è comunque un momento di rallentamento. Le attività ospedaliere hanno visto un calo di diagnosi, visite e trattamenti – ricorda – e dunque anche noi vediamo un rallentamento, che è spia di quello delle cure. Lo scenario però in prospettiva è positivo, anche perché ci sono nuove terapie all’orizzonte”.

“Credo che quello che abbiamo vissuto con la pandemia ci debba insegnare che essere pronti con un contesto tecnologicamente avanzato non è qualcosa che si fa da un giorno all’altro: bisogna costruirlo nel tempo, con le aziende che hanno il know how e le risorse da investire. Lo abbiamo visto anche con i vaccini, che non si possono ideare e produrre da un giorno all’altro”.

Quanto alla pandemia, “la mia idea è che dovremo convivere con questo virus ancora per parecchio tempo: finché nel mondo ci saranno zone in cui il coronavirus continua a replicarsi, Covid-19 resterà con noi. L’invito del premier Mario Draghi alla vaccinazione è assolutamente condivisibile e opportuno, perché è l’unico modo per alzare barriere alla diffusione e alla gravità della malattia nel caso in cui il virus ci contagi. La convivenza con il virus vuol dire questo”.

ABBIAMO UN'OFFERTA PER TE

€2 per 1 mese di Fortune

Oltre 100 articoli in anteprima di business ed economia ogni mese

Approfittane ora per ottenere in esclusiva:

Fortune è un marchio Fortune Media IP Limited usato sotto licenza.