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Sanità, le difficoltà di accesso ai servizi nel Lazio

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Gilead

Durante la pandemia di COVID-19, molti sistemi sanitari hanno affrontato sfide per garantire l’accesso ai servizi a causa dell’aumento dei casi positivi al Covid e delle restrizioni adottate per proteggere la salute pubblica. In alcune aree, ciò può aver comportato ritardi nell’erogazione di alcuni tipi di cure non urgenti o la chiusura temporanea di alcune strutture sanitarie.

Nel Lazio più di 3 cittadini su 4 hanno incontrato difficoltà ad accedere ai servizi sanitari durante il periodo di emergenza legato al Covid-19. Difficoltà nell’effettuare visite mediche ed esami diagnostici (54,29%) e ricevere assistenza domiciliare (12,49%).

Questo il quadro evidenziato dal Rapporto sui servizi sanitari nella regione Lazio ai tempi di Covid, realizzato dall’Associazione Cittadinanzattiva Lazio. Nel Rapporto sono state elaborate le risposte fornite da un campione di cittadini (690 persone) nel periodo tra giugno e agosto 2021. Il Rapporto è parte integrante del progetto realizzato con UdiCon Lazio, Confconsumatori Lazio, Casa dei Diritti Sociali grazie ai Fondi della Regione Lazio su stanziamento Mise 2020.

Il dato che preoccupa di più è che tra coloro che hanno evidenziato difficoltà di accesso, oltre il 58% è composto da persone con particolari problemi di salute, e il 12% con patologie oncologiche. Dunque, più di 1 su 2 ha dovuto rivolgersi a strutture sanitarie private per ottenere risposte (50,10%), mentre la restante percentuale, pur segnalando difficoltà ad accedere a prenotazioni di visite ed esami diagnostici, ha comunque deciso di continuare ad attendere il proprio “turno” per accedere al servizio pubblico.

Analizzando ancora il quadro, emerge come la difficoltà ad ottenere assistenza specialistica domiciliare, anche se prevista nel proprio piano terapeutico (77,12%), insieme all’interruzione della continuità terapeutica (9,32%), sia stata la mancanza più percepita tra i servizi sanitari non erogati.

“E’ necessaria una riforma del Ssn che dialoghi con gli altri sistemi “sociali”: scuola, lavoro, assistenza. Perché la logica del dividere e comandare impoverisce tutti”, dichiara Elio Rosati, segretario regionale di Cittadinanzattiva.“La logica che dovrà seguire la riforma è quella di puntare sulla prevenzione, sugli stili di vita e quindi sulla salute e non sulla sanità come organizzazione di uffici e luogo di potentati e clientele. La prevenzione come concetto contiene in sé gli elementi di collegamento necessario, strutturale e fisiologico con le diverse competenze necessarie a governare i diversi ambiti di intervento. La sfida sta non solo nel cambiare modello ma nel fare in modo che tutti i soggetti dialoghino tra di loro costantemente. E tra questi le organizzazioni civiche e quelle dei malati cronici e rari”.

“Appare evidente”, ha aggiunto Rosati, “che il tema dell’accesso alle prestazioni è il primo vero nodo per evitare le diseguaglianze e avere un metro di valutazione indiretta sulla capacità dei servizi sanitari e sociali di essere integrati, accoglienti, semplici per le procedure. Spesso chi non può non si cura. E questi mancati accessi ai servizi saranno pagati dopo anni da tutta la comunità”.

“Va ripensato il ruolo delle Asl e delle Ao”, ha concluso Rosati, “come pure il ruolo della medicina di base e quella ospedaliera in un percorso di continuità che deve partire dal domicilio del paziente e a questo luogo tornare dopo le fasi acute in un percorso armonico e non costellato dalla burocrazia, dagli intoppi e dalle difficoltà di accesso ai servizi socio sanitari. Come organizzazioni rivendichiamo il diritto di essere parte attiva nel percorso di riforma da un lato, ma dall’altro dobbiamo tutti insieme superare le vecchie logiche”.

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