Il Nobel quest’anno è stato “assegnato a due grandi scienziati che hanno contribuito a chiarire le basi biologiche del dolore. E non è poco”. Ad analizzare la ricerca che è valsa il premio Nobel per la Medicina a David Julius e Ardem Patapoutian “per le loro scoperte dei recettori per temperatura e tatto“, è il genetista Giuseppe Novelli dell’Università di Roma Tor Vergata.
“I nocicettori, così si chiamano questi particolari recettori, ci avvertono e ci danno la percezione della presenza di uno stimolo nocivo, che può essere una puntura, una bruciatura. Ebbene, immaginiamo quanto è importante quel dolore breve, che per via riflessa ci allontana dalla fonte nociva – ci spiega Novelli – Ma anche tutto quello che ha a che fare con il dolore cronico, e che ci mette in una condizione di star male per molto tempo”.
“Pensiamo ai farmaci antidolorifici, sviluppati per cercare di bloccare le proteine coinvolte in questo meccanismo. Si tratta essenzialmente di canali ionici, che i due Nobel hanno permesso di identificare già da tempo. Alcuni di questi canali ionici – continua Novelli – quando non funzionano ci rendono insensibili al dolore, e questo non è una cosa positiva dal punto di vista biologico ed evolutivo”. Non abbiamo modo, ad esempio, di capire che ci stiamo scottando.
“Oggi sappiamo che mutazioni in alcuni dei geni coinvolti hanno a che fare, ad esempio, con malattie che danno dolori localizzati, arrossamenti continui e frequenti: sono malattie rare, ma esistono”.
Il Nobel di quest’anno è dunque “un riconoscimento importante a una linea di ricerca biologica che parte dalle amebe, dal punto di vista evolutivo, per finire all’uomo. Oggi studiamo questi meccanismi, che si sono evoluti nel corso del tempo, con l’obiettivo di sviluppare farmaci anti-dolore contro numerose patologie”.
