Covid e il nodo del ritorno a scuola

ragazzi studenti covid
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Ancora 24 ore per sciogliere il nodo della ritorno a scuola dopo le vacanze natalizie, in questo ennesimo inverno Covid. Il problema è che il ‘protocollo finestre aperte‘ rischia di schiantarsi contro l’ondata montante di casi legati alla variante Omicron. Se adesso stiamo vedendo i contagi del Natale, fra qualche giorno vedremo quelli legati alle feste di Capodanno. E la permanenza in classi ancora troppo spesso piccole e affollate rischia di fare da detonatore per un virus che è diventato più contagioso. 

Così, in assenza di soluzioni strutturali – in due anni di pandemia per le scuole non è stato fatto praticamente nulla, se vogliamo sorvolare su banchi a rotelle e mascherine inutilizzabili – siamo punto e daccapo, in attesa del picco della quarta ondata. E mentre i pediatri spingono per convincere i genitori a vaccinare i bambini dai 5 anni in poi (per i più piccini ancora non c’è un prodotto autorizzato), i numeri non lasciano tranquilli presidi, virologi e Regioni. E il pressing per un rinvio cresce di ora in ora.

Già alla vigilia delle vacanze le classi in dad si erano moltiplicate. E le previsioni di un picco di casi a metà gennaio gettano pesanti ombre sulla concreta possibilità di un ritorno in presenza. Intanto si lavora su nuove misure per gestire il montare dei contagi. Starebbe tramontando l’ipotesi iniziale di fare una distinzione tra studenti vaccinati e non per la dad in caso di contagi Covid in classe. A quanto apprende l’Adnkronos, le ipotesi sul campo sono diverse. Le Regioni starebbero ragionando innanzitutto su una possibile distinzione tra le diverse scuole, infanzia, primaria e secondaria, e su differenti soglie relative al numero di casi che farebbero scattare una quarantena per l’intera classe.

Numeri che sarebbero contenuti nella scuola dell’infanzia, per crescere fino a un minimo di 3-5 casi per le medie e superiori. Oggi una riunione della Commissione Salute della Conferenza delle Regioni punta proprio a discutere queste ipotesi e proposte. Fra le quali c’è l’impiego in classe delle mascherine Ffp2.

“Tutti sanno quanto tenga e mi stia a cuore la didattica in presenza, ma, alla luce dell’impennata dei contagi e della variante Omicron, il ritorno in presenza va legato a tutta una serie di misure che vanno adottate per consentire il ritorno nelle aule in sicurezza dal 10 gennaio, a partire dalle mascherine Ffp2 anche per gli studenti e il personale Ata, non solo ai docenti”, ha detto l’ex ministra Lucia Azzolina, ora coordinatrice del Comitato per l’istruzione del M5S, sulla volontà del governo di non apportare variazione al calendario scolastico, posticipando il rientro dalle vacanze natalizie come chiesto dal governatore campano Vincenzo De Luca.

“Se le mascherine Ffp2 vengono considerate più efficaci allora è giusto garantirle a tutto il mondo della scuola, senza distinzione alcuna. E ripristinare il metro di distanza, reso da noi obbligatorio, ma da settembre solo raccomandato: visto il boom dei contagi tornare all’obbligo a mio avviso si rende necessario. Bene la proroga del personale Ata, ma bisognerà trovare le risorse indispensabili per andare oltre la data del 31 marzo. Infine, se si ritiene necessaria la vaccinazione dei minori – conclude l’esponente M5S – bisogna adoperarsi per una seria campagna di informazione dei genitori, perché tanti, tantissimi, sono spaventati”.

“Entro le prossime 24 ore decideremo sulla Dad. Abbiamo avuto un primo incontro questa mattina alle 10, attendiamo che il governo centrale faccia conoscere le proprie valutazioni e più tardi ci sarà la conferenza Stato-Regioni”, è intervenuto il presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci, a margine di una conferenza stampa a Palazzo Orleans. “Dobbiamo guardare fino all’ultimo minuto i dati della curva epidemiologica – ha aggiunto- Non dobbiamo fare fughe in avanti su un tema così delicato come quello della scuola. Dobbiamo essere prudenti”.

Intanto gli esperti sono divisi. “Non credo possa essere giustificato ritardare l’avvio della scuola nonostante i dati sul Covid di questi giorni. Le misure di sicurezza attive in ambito scolastico riescono a garantire un più che accettabile livello di sicurezza. Per le regole della gestione dei casi si deve esprimere il Comitato tecnico. Personalmente ritengo che, laddove possibile, si debba cercare di evitare la dad. Non credo ci sia da temere particolarmente la scuola”, ha detto all’Adnkronos Salute il virologo Giovanni Maga, direttore dell’Istituto di genetica molecolare del Cnr di Pavia.

Ma non tutti la pensano così. “La parola dad è ormai una parolaccia, nessuno vuole tornarci. Serve, però, che si prenda in considerazione quello che può essere fatto per la riapertura della scuola in sicurezza in questa fase della pandemia. E soprattutto che si faccia partire una grande campagna di vaccinazione per i più piccoli. E se questo porta via una settimana o 15 giorni di lezioni, che possono essere recuperati successivamente, non è una tragedia. Non nego di essere preoccupato per il rientro nelle aule”, afferma Massimo Galli, già direttore di Malattie infettive all’ospedale Sacco di Milano. “I bambini e i ragazzi sono vaccinati pochissimo, si infettano moltissimo. Difficile dire, dunque, che il problema non esiste. C’è. E va affrontato e considerato”, dice Galli.

“Temo che la didattica a distanza sarà inevitabile” alla riapertura delle scuole dopo le vacanze invernali. “Non auspico la Dad, perché ha fatto molti danni, ma credo che sia una male necessario, a patto che si facciano accelerare le vaccinazioni fra i bambini delle scuole primarie”, è la conclusione di Roberto Garroni, preside del liceo Virgilio di Milano. “Con metà classe a casa e metà a scuola la didattica è molto difficile”, spiega.

In ogni caso “sarà un rientro molto farraginoso, con una marea di segnalazioni” di casi di Covid. “E in più in questi giorni ci sono le iscrizioni per il prossimo anno scolastico. Siamo molto preoccupati”. Le comunicazioni di docenti e ragazzi infettati sono state “numerose, ma bisognerà capire il 7 gennaio come siamo messi veramente, anche perché c’è il problema dei tamponi molecolari, che è praticamente impossibile fare”.

“Nessuno aspira a tenere chiuse le scuole. Sarebbe una sconfitta per tutti, per ragioni ideali e pratiche, perché conosciamo bene le difficoltà che vivono le famiglie con ragazzi e bambini a casa. Ma ci vuole l’onestà intellettuale di avvisare i cittadini: se i dati epidemiologici dovessero peggiorare, l’ipotesi dello slittamento della data del ritorno in classe è sul tavolo e andrà valutata con attenzione dalle autorità scientifiche”, ha ammesso il governatore Luca Zaia in una intervista al Corriere della Sera. Sul calendario scolastico, Zaia, ad ogni modo, auspica “una regia nazionale” e poi ripete “tifiamo tutti per la ripartenza il 10 gennaio, ma se ce lo consigliassero gli scienziati, non sarebbe una tragedia rinviare all’inizio di febbraio”.

Davanti a “bollettini di guerra che arrivano” ogni giorno sul fronte dei contagi da Covid “servono linee chiare e condivise che non penalizzino i nostri studenti”. L’appello arriva dalla presidente della Federazione che raggruppa le scuole cattoliche del Paese, Virginia Kaladich, e non nasconde la sua preoccupazione alla vigilia della ripresa della scuola dopo le vacanze di Natale.

“E’ un continuo comunicare di positività da Covid, anche da parte del personale docente – dice Kaladich dopo un incontro col ministero dell’Istruzione – Spero in indicazioni chiare e condivise a breve e che per i bimbi e i ragazzi non ci siano situazioni discriminanti. La situazione è estremamente delicata. Più si va avanti, più arrivano comunicazioni di contagi. Penso agli autisti dei mezzi pubblici, per esempio”. “Spero pertanto che tra domani e dopo ci siano linee chiare e condivise perché ci sono bollettini di guerra che arrivano”.

E così a genitori, presidi, insegnanti, bambini e ragazzi non resta che attendere. Ma certo trovarsi ancora una volta a questo punto non può non lasciare l’amaro in bocca.

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