Covid e variante Omicron, sarà la fine della pandemia in Europa?

variante Omicron Europa
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La variante Omicron sarà l’inizio della fine per Covid-19? Se già da qualche mese questa possibilità è stata avanzata da diversi esperti, via via che arrivavano i primi studi sull’effetto Omicron, questa volta a colpire sono le parole dell’Organizzazione mondiale della sanità per l’Europa.

E'”plausibile” che, con la variante Omicron, l’Europa “si stia avviando alla fine della pandemia“. Lo ha detto il direttore dell’Oms Europa Hans Kluge. Secondo la sua analisi Omicron potrebbe contagiare il 60% degli europei entro marzo. Ma ha anche innescato una nuova fase della pandemia nel vecchio continente, che potrebbe concludersi con la fine di Covid. Attenzione, però, perché il direttore dell’Oms Europa ha comunque invitato alla cautela a causa della versatilità del virus.

E c’è chi, a Ginevra, non è d’accordo. La variante Omicron “non sarà l’ultima di cui ci sentirete parlare”, avverte l’alta funzionaria dell’Oms, Maria van Kerkhove, responsabile tecnica su Covid, parlando alla Bbc. Van Kerkhove è convinta che la pandemia “non finirà con quest’ultima ondata di Omicron”.

Ma cosa sta accadendo davvero, e cosa possiamo aspettarci dalla variante Omicron, mentre in Italia la corsa di Covid-19 sembra rallentare? “Le dichiarazioni dell’Oms Europa sono in linea con quello che ci si attendeva – spiega a Fortune Italia Fabrizio Pregliasco, virologo, ricercatore del Dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute dell’Università degli Studi di Milano e direttore sanitario Irccs Istituto Ortopedico Galeazzi – Il plateau lo vediamo chiaramente, e lo raccontiamo, quando i valori, dopo essersi stabilizzati, scendono. E lo faranno: è successo in Sudafrica e in Gran Bretagna, che hanno vissuto l’ondata Omicron con un anticipo di 20-30 giorni”.

“Di fatto, quindi, Omicron sta facendo un buon lavoro: con la sua enorme diffusività fa sì che una gran quota di italiani ed europei immuni, almeno per un po’. Perché sappiamo che il 3-5% di chi si sta infettando ora si era già contagiato nella prima ondata. Ma ci farà trovare in una situazione simile a quella dell’influenza, con ogni anno una parte di popolazione suscettibile”. Che si potrà contagiare di nuovo.

Cosa sappiamo allora sui vaccini? Nelle scorse settimane si è molto parlato, soprattuto sui social, di Paesi con bassi tassi di vaccinazione che sembravano cavarsela meglio rispetto agli altri. Ma la variante Omicron sembra aver sparigliato le carte. E’ il caso del Giappone: il 21 gennaio a Tokyo sono stati registrati più di 10mila contagi da Covid-19 in 24 ore. Lo ha riferito l’agenzia di stampa Kyodo, secondo cui nella capitale giapponese sono stati rilevati 11.227 contagi, facendo registrare un record per il quarto giorno consecutivo. In tutto il Giappone si contano 49.854 infezioni, un numero mai toccato dall’inizio della pandemia.

Preoccupazione anche in Danimarca, che venerdì scorso ha registrato 43.671 casi, 20.000 in più rispetto ad una settimana fa, e sta facendo i conti con la sottovariante “Omicron 2”: si segnala anche un netto aumento dei ricoveri.

Covid cresce anche in Romania, dove solo circa il 41,52% della popolazione ha completato il ciclo vaccinale e in questi giorni c’è stata una nuova impennata di positivi. Contagi in crescita anche in Serbia, Slovenia, Croazia e Bulgaria, tutti Paesi con bassi tassi di vaccinazione.

Ma allora i vaccini, sulla cui efficacia contro Omicron erano sorti dubbi, si stanno rivelando efficaci? “I vaccini stanno funzionando per contrastare le forme gravi – precisa Pregliasco – La variante Omicron non è proprio una passeggiata, lo è invece per i vaccinati. Anche se la protezione dei vaccini appare ridotta contro l’infezione: con 3 dosi è del 60%”, dice Pregliasco, sottolineando il recente report dell’Ema.

L’Agenzia europea per i medicinali ricorda infatti che, sebbene Omicron appaia più contagiosa di altre varianti, studi condotti in Sudafrica, nel Regno Unito e in alcuni Paesi dell’Ue mostrano che l’infezione da Omicron comporta un minore rischio di ricovero in ospedale. Sulla base di tali studi, “si stima che al momento il rischio sia compreso tra un terzo e la metà di quello connesso con la variante Delta.

Le ultime evidenze, che includono dati di efficacia dal mondo reale, “suggeriscono inoltre che le persone che hanno ricevuto una dose di richiamo dispongono di una protezione migliore rispetto a coloro che hanno ricevuto solo il ciclo primario. Dati provenienti dal Regno Unito mostrano che, sebbene la protezione diminuisca alcuni mesi dopo la vaccinazione, la dose di richiamo riporta al 90% il livello di protezione contro il ricovero ospedaliero”, segnala l’Ema.

I vaccini restano, dunque, un’arma importante. E già sono in corso studi per prodotti mirati alla variante Omicron. Ma davvero questa fase potrebbe concludersi con la fine della pandemia? “Covid finirà solo quando arriveremo a tollerare la presenza di questo virus, che – prevede Pregliasco – resterà con noi a lungo. C’è sempre il rischio che emergano varianti più pesanti. Anche se, bisogna dirlo, la tendenza e la normale evoluzione del virus è quella di essere via via più benevolo con l’ospite che ha deciso di infettare”.

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