Hiv, nuovo vaccino a mRna testato sull’uomo

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Quando si parla di virus non c’è solo Sars-CoV-2, ma anche l’Hiv. Nonostante sia stato messo in sordina mediatica dalla pandemia, la sua presenza e le conseguenze per l’uomo continuano come nell’era pre-Covid. Oggi però, proprio dalla ricerca sviluppata per i vaccini anti-Covid potrebbe aprirsi una nuova speranza contro l’Aids.

La biotech Moderna e l’organizzazione di ricerca no-profit International Aids vaccine initiative (Iavi) hanno dato il via alla sperimentazione clinica di un nuovo vaccino contro l’Hiv. Si tratta dell’inizio della fase 1, cioè quella che serve per valutare la sicurezza e la tollerabilità di un nuovo medicinale o di un nuovo vaccino.

Come sempre avviene nella prima fase, anche in questo caso la sperimentazione viene condotta su un numero ristretto di persone. Nel caso specifico 56 adulti, sani e non infetti da Hiv.
Ma cosa testeranno i ricercatori dei quattro istituti di ricerca americani – Gwu School of Medicine and Health Sciences, Hope Clinic of Emory Vaccine Center di Atlanta, Fred Hutchinson Cancer Research Center di Seattle, University of Texas-Health Science Center di San Antonio – coinvolti in questo studio, chiamato IAVI G002? Oggetto della ricerca è la molecola mRna-1644. Come dice il nome stesso, si tratta di un candidato vaccino a mRna, proprio come quelli che abbiamo imparato a conoscere per Covid-19.

In questo caso, però, l’informazione genetica portata da questo Rna messaggero è quella di alcuni antigeni del virus Hiv. Analogamente alla strategia rivelatasi vincente nel caso di Sars-Cov-2, si spera di far produrre alle cellule umane le parti di proteine del virus in grado di stimolare il sistema immunitario, inducendo la produzione di anticorpi in grado di riconoscere il virus dell’Hiv.

Dei 56 volontari, 48 riceveranno una o due dosi del vaccino e 32 di essi anche la dose booster (mRNA-1644v2-Core). Gli altri otto riceveranno solo il booster. Per valutare sicurezza e tollerabilità di quanto somministrato, i ricercatori seguiranno i volontari per sei mesi dall’ultima dose.

Le attese per questo potenziale vaccino sono alte. Infatti l’antigene (eOD-GT8 60mer) al centro della sperimentazione è lo stesso che diede ottimi risultati in un altro trial clinico (IAVI G001): si era riusciti a stimolare la risposta dei linfociti B nel 97% dei partecipanti allo studio. In quel caso però si trattava di un vaccino “proteico”, che prevedeva cioè la somministrazione diretta della proteina-antigene insieme a una molecola stimolante (adiuvante). Un po’ come accade oggi per il vaccino anti-Covid di Novavax, così come per molti vaccini pediatrici già in uso da anni, anche in Italia.

Se questo mRna si rivelasse sicuro e ben tollerato, e se superasse la fase 2 e 3 della sperimentazione clinica, rispettivamente volte a verificarne l’attività terapeutica e l’efficacia, e se fosse approvato dalle autorità regolatorie del farmaco, rappresenterebbe una grande innovazione dal punto di vista sanitario e farmaceutico.

Infatti, così come è stato possibile per i vaccini anti-Covid a mRna, anche per quello per l’Hiv sarebbe possibile una produzione molto rapida e su larga scala. Consentendo di dare velocemente accesso al vaccino a moltissimi milioni di persone. Secondo i dati del programma delle Nazioni unite “Unaids” nel 2020 nel mondo si stimavano oltre 37,7 milioni di persone infette da Hiv, di cui 1,7 milioni con meno di 15 anni.

A far riflettere sono anche i dati relativi alle nuove diagnosi: circa un milione e mezzo ogni anno, numericamente dimezzatesi negli ultimi 23 anni, ma sempre altissime. Soprattutto se si considera che ogni settimana 5mila dei nuovi casi riguardano donne tra 15 e 24 anni.

Fortunatamente rispetto all’ecatombe di persone con Hiv a cui si assisteva negli anni Ottanta, oggi esistono farmaci antiretrovirali efficaci, che permettono in molti casi di convivere con l’infezione e che hanno allungato di molto l’aspettativa di vita di questi pazienti. Sempre nel 2020 avevano accesso a questi farmaci circa 27,5 milioni di persone con Hiv, cosa che ha portato a una limitazione dei decessi rispetto agli anni precedenti: 680 mila in un anno.
Avere a disposizione un vaccino sicuro ed efficace, certamente porterebbe a un cambio di paradigma nella prevenzione e nella prognosi di questa infezione.

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