Big data per far luce sugli sprechi dell’emicrania

emicrania donne
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Denaro speso per farmaci vecchi e nuovi (talvolta inutili), visite, controlli, ma anche ‘bruciato’ a causa dell’incapacità di lavorare, o di farlo al meglio: si stima sia pari a circa 11.300 euro ‘a paziente’ il costo dell’emicrania. Il problema è che su questa patologia e sul suo reale impatto in Italia ci sono ancora troppe ombre. La soluzione? Sfruttare la potenza dei Big-data. E’ questo l’obiettivo dello studio osservazionale volto proprio alla definizione del “Registro Italiano dell’emicrania I-GRAINE”, promosso dall’Irccs San Raffaele di Roma e i cui primi risultati sono stati presentati oggi in Senato.

“L’emicrania” afferma Piero Barbanti, responsabile scientifico del Centro Cefalee e dolore neuropatico dell’Irccs San Raffaele, “è la seconda malattia più disabilitante del genere umano ma rimane un personaggio in cerca di autore, del quale non sono noti a tutti le dimensioni, la disabilità, i drammi e le cure. I dati sino ad ora raccolti dallo studio, cominciato nel 2° semestre del 2021, confermano di fatto le enormi lacune nella diagnosi e nella terapia della patologia e l’imponente spreco di risorse economiche, ma identificano anche strategie di azione per rendere curabile e sostenibile questa malattia neurologica. La riduzione – tramite i dati del registro – degli sprechi di denaro per esami inutili, può consentire di allocare maggiori risorse economiche per i modernissimi farmaci per l’emicrania, oggi purtroppo riservati a un numero troppo ristretto di pazienti per via del costo”.

Il progetto Registro italiano dell’emicrania è una iniziativa nazionale multicentrica unica al mondo con finalità epidemiologiche, cliniche, di sanità pubblica e di ricerca, studiata per raccogliere sistematicamente i dati dei pazienti affetti da emicrania afferenti nei diversi centri/ambulatori cefalee italiani. Allo studio partecipano ben 38 centri italiani.

“Saremo finalmente in grado di dare numeri al fenomeno emicrania” spiega Barbanti, che è uno dei massimi esperti della patologia, “di ‘contarli per poter contare’, conferendo una sorta di passaporto biologico al paziente malato per migliorare la sua vita e ridurre gli sprechi di risorse sanitarie”.

Si stima che l’emicrania colpisca fino al 24% della popolazione italiana, ovvero ben 15 milioni di persone. Rappresenta la terza patologia più frequente nell’uomo, oltre che la seconda più disabilitante: più di 4 milioni di persone nella nostra nazione hanno almeno 5 episodi di emicrania al mese, arrivando in alcuni casi a sperimentare mal di testa ogni giorno.

A soffrirne sono spesso le donne, età media 45 anni, con scolarità superiore, sposate, con almeno 1 figlio, lavoratrici. Con una sofferenza che spesso porta in ospedale. Un paziente su 9 (11.2%) ha infatti avuto in media 1.7 accessi al pronto soccorso nell’anno corrente per l’emicrania.

Secondo i dati diffusi oggi negli ultimi 3 anni il 66.7% dei pazienti ha eseguito almeno una visita specialistica (in media3.5 visite/paziente), in oltre il 70% dei casi per scelta autonoma. Nel 64.9% dei casi, però, lo specialista consultato non è quello corretto. Nel 52% le visite sono a carico del Ssn. E ancora, secondo i dati illustrati oggi, negli ultimi 3 anni, il 77.4% dei pazienti ha eseguito almeno 1 accertamento diagnostico strumentale, con una media di 2.4 accertamenti a paziente (nella maggior parte dei casi si tratta di ripetizione di TC o RM encefalo). Nel 25% dei casi gli accertamenti eseguiti sono inopportuni perché non diagnostici. Nella stragrande maggioranza dei casi (81.7%) questiaccertamenti sono a carico del Ssn.

Sul fronte delle cure, gli analgesici tradizionali sono efficaci solo in 1 caso su 2. Al momento della visita il 78% dei pazienti sta eseguendo una terapia profilassi. La risposta alle profilassi tradizionali è scarsissima (dal 5.4% al 35% dei casi) mentre è giudicata ottima la risposta agli anticorpi monoclonali (fino al 79% di casi). Ecco dunque che proprio uno degli effetti del Registro e dell’analisi dei Big data potrà essere proprio una più efficace gestione delle risorse disponibili, anche in termini terapeutici, contro questa patologia.

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