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L’emicrania dai mille volti

emicrania
Gilead

Rappresenta la terza patologia più frequente e colpisce soprattutto le donne. Con un pesante impatto sulla vita quotidiana e sul lavoro. La versione completa di questo articolo  è disponibile sul numero di Fortune Italia di marzo 2022.  

Ci sono voluti anni affinché la cefalea primaria cronica fosse riconosciuta e accettata come malattia sociale. Ma ancora oggi pregiudizi e falsi miti camminano di pari passo con una malattia che in Italia arriva a colpire quasi la metà della popolazione, in forme ed entità diverse. L’emicrania, la tipologia più conosciuta di cefalea, rappresenta in generale la terza patologia più frequente nel genere umano (soprattutto fra le donne, con un rapporto di 3 a 1 rispetto agli uomini), e la seconda più disabilitante secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms).

È un disturbo a carattere spesso familiare, di cui soffre in media il 12% della popolazione mondiale, con punte che sfiorano il 25% nelle donne in età fertile. Sulla base della frequenza è possibile distinguere l’emicrania in forma episodica (fino a 14 giorni al mese) dalla forma cronica (più di 15 giorni al mese da almeno 3 mesi). Purtroppo, il 2,5% dei pazienti emicranici episodici evolve ogni anno verso la forma cronica, dato che sale al 30% nel caso dei soggetti con emicrania episodica ad alta frequenza di attacchi (più di 8 al mese). Da considerare anche il lato psicologico dell’emicrania: è vissuta da molti pazienti (il 33%) come un vero e proprio stigma. Il 10% non si sente assolutamente compreso rispetto alla propria patologia da parenti e amici e il 12% dai colleghi di lavoro.

Secondo una delle più importanti indagini sulle ripercussioni economiche dell’emicrania, elaborata da Istituto superiore di sanità e Cergas (Centro di ricerche sulla gestione dell’Assistenza sanitaria e sociale) Sda Bocconi (2018), i costi relativi a questa malattia sono impressionanti. Si parla di 111 mld di euro in Europa (20 solo in Italia), fra costi diretti (spese per visite mediche, esami diagnostici, acquisto di farmaci) e indiretti (perdita di giornate lavorative, ridotta efficienza produttiva, tempo richiesto per la gestione della malattia e sottratto ad attività extra-lavorative). Ma ancora più impressionanti i dati che stimano un costo annuo complessivo per paziente (costi diretti e perdite di produttività) equivalente a circa 11.300 euro, più alto rispetto a quello per la gestione del diabete (circa 8.300 euro) o dell’insufficienza renale cronica (7-9.000 euro).

La versione completa di questo articolo è disponibile sul numero di Fortune Italia di marzo 2022. Ci si può abbonare al magazine di Fortune Italia a questo link: potrete scegliere tra la versione cartacea, quella digitale oppure entrambe. Qui invece si possono acquistare i singoli numeri della rivista in versione digitale.

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