Leucemia, ecco come si nasconde alle difese immunitarie

leucemia Di Micco Luca Vago
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La leucemia mieloide acuta è un tumore del sangue a sviluppo molto rapido e aggressivo, che ha origine nelle cellule staminali presenti nel midollo osseo. Ebbene, dalla ricerca italiana arriva ora un importante passo avanti nel contrasto a questa malattia.

Al centro dello studio c’è una sorta di interruttore molecolare, in grado di ‘silenziare’ la leucemia mieloide acuta, nascondendola ai soldati del nostro sistema immunitario: è questo il meccanismo che ‘manda in fumo’ i trapianti di midollo osseo. Le cellule della leucemia mieloide acuta riescono a sfuggire al controllo immunitario non per via di una mutazione nella loro sequenza di Dna, ma di una cosiddetta modifica epigenetica. In pratica, il Dna che codifica per le proteine Hla – le proteine che rendono il tumore riconoscibile ai linfociti del donatore – viene momentaneamente “impacchettato” e nascosto.

Una sorta di ‘cavallo di Troia’ per ingannare le difese immunitarie. Ora però i ricercatori dell’Ospedale San Raffaele di Milano hanno scoperto come invertire il processo, forzando le cellule leucemiche a mostrare le loro proteine Hla e rendersi così nuovamente vulnerabili all’azione antitumorale del trapianto. Non solo. Come si legge su Cancer Discovery, la rivista dell’American Association for Cancer Research, gli scienziati hanno utilizzato una molecola già in fase di sperimentazione avanzata negli esseri umani per altre indicazioni terapeutiche e, quindi, già sperimentata clinicamente per sicurezza e tollerabilità.

Una strategia che ha ottenuto ottimi risultati di efficacia in cellule in coltura e in animali di laboratorio, in cui è stato possibile riprodurre (almeno in parte) la malattia umana, e che dunque promette un rapido ingresso in clinica, almeno stando al team di Luca Vago, associato di Ematologia dell’Università Vita-Salute San Raffaele e group leader della Divisione di Immunologia, Trapianti e Malattie Infettive di Ospedale San Raffaele e Raffaella di Micco, group leader dell’Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica di Milano e New York Stem Cell Foundation Robertson Investigator (grazie al sostegno di Fondazione Airc).

La terapia più efficace per molti pazienti con leucemia mieloide acuta è il trapianto di midollo da donatore. L’attività antitumorale del trapianto, ricordano i ricercatori, è dovuta alla parziale incompatibilità tra il sistema immunitario del donatore e le cellule del paziente, di cui fanno parte anche le cellule tumorali. Questa reciproca incompatibilità è legata alla presenza, sulla superficie delle cellule tumorali, di una diversa classe di proteine, chiamate Hla. Proprio questo – almeno in teoria – facilita il lavoro dei linfociti del donatore nel riconoscere il tumore come un elemento estraneo, da attaccare ed eliminare.

“Purtroppo però, in circa la metà dei pazienti con leucemia mieloide acuta sottoposti a trapianto di midollo da donatore, il tumore si ripresenta a distanza di tempo e questa volta non è più riconoscibile dai linfociti trapiantati: le proteine Hla” sulla superficie delle cellule leucemiche “sono state infatti nascoste per sfuggire al sistema immunitario,” spiega Luca Vago. “Studiare questi meccanismi di evasione e trovare strategie efficaci per ostacolarli è uno dei nostri obiettivi di ricerca”.

In uno studio precedente (pubblicato nel 2019 su Nature Medicine), il gruppo di Luca Vago aveva scoperto che nel 40% dei casi di recidiva post trapianto, la scomparsa delle proteine Hla non può essere spiegata da mutazioni genetiche nel Dna del tumore. Per cercare di svelare il mistero, il team ha unito le forze con il gruppo di Raffaella Di Micco, esperta delle modificazioni non genetiche che regolano il comportamento delle cellule del sangue, e insieme hanno identificato il ‘silenziatore’, ma anche il modo per disinnescarlo.

“Solo un approccio multidisciplinare permette di ridurre la complessità biologica e trovare risposte efficaci ai bisogni clinici dei pazienti,” afferma Raffaella Di Micco. “Attraverso un lavoro di squadra che ha utilizzato le più innovative tecnologie per lo studio di genoma ed epigenoma, e che ha coinvolto anche un gruppo di bioinformatici del San Raffaele, abbiamo identificato il complesso proteico grazie a cui le cellule tumorali nascondono le loro proteine Hla: un noto silenziatore di geni chiamato PRC2”.

PRC2 agisce “nascondendo” la porzione di Dna che corrisponde a un gene e rendendo così impossibile la sintesi della proteina corrispondente da parte della cellula.

La scoperta non sarebbe stata possibile senza la strettissima collaborazione tra il laboratorio di ricerca di Luca Vago e l’Unità di Ematologia e Trapianto di Midollo diretta da Fabio Ciceri, in cui Vago stesso svolge la sua attività di ematologo. “L’accesso ai campioni clinici ci ha anche permesso di testare con successo – sia in cellule in coltura sia in topi di laboratorio – l’efficacia di alcuni inibitori di PRC2, farmaci sperimentali che si candidano a diventare le prime terapie potenzialmente utili contro questo tipo di recidive post trapianto”, continua Vago.

Gli inibitori di PRC2 sono già in sperimentazione clinica avanzata per altri tumori ematologici e solidi. Proprio questo, concludono i ricercatori, promette di accelerare l’avvio delle prime sperimentazioni cliniche di questi inibitori nei pazienti con leucemia mieloide acuta.

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