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Covid in Italia: schizza la curva dei casi, rischioso l’addio a mascherine

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Torna a schizzare verso l’alto la curva dei contagi Covid in Italia: negli ultimi sette giorni segna un sonoro +36%, con ben 17 province che superano i 1.000 casi per 100.000 abitanti. E questo per un mix di ragioni, fra le quali la contagiosità di Omicron 2 ma anche il persistere di temperature invernali. La buona notizia – che arriva dall’ultimo monitoraggio di Fondazione Gimbe – è che questa nuova impennata di casi non si è ancora tradotta in un aumento della pressione sugli ospedali.

Anche se frena la discesa dei ricoveri in area medica (-3,5%), mentre rimane stabile quella di terapie intensive (-16,4%) e decessi (-18,7%). Sappiamo però che occorre ancora un po’ di tempo prima di vedere l’impatto dell’aumentata circolazione del virus sulle struttura sanitarie. La scommessa (del governo) è che, come si sta vedendo in altri Paesi, all’aumentata diffusione non corrisponda una crescita di ricoveri e morti.

Restano quasi 4,6 milioni i ‘senza vaccini’, mentre 2,9 milioni non hanno ricevuto il booster.
 Ecco dunque che, in vista della fine dello stato di emergenza, gli esperti di Nino Cartabellotta invitano il governo alla prudenza: allentiamo le misure sulla base di evidenze scientifiche, non per spirito di emulazione di altri Paesi. In sintesi, con questi dati è ancora presto – secondo Fondazione Gimbe – per dire addio alle mascherine al chiuso e al green pass.

Ma vediamo i dettagli del monitoraggio: nella settimana 9-15 marzo c’è stato un incremento dei nuovi casi (+379.792) a fronte di un lieve aumento dei tamponi (+8,4%). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
Decessi: 976 (-18,7%), di cui 79 riferiti a periodi precedenti
Terapia intensiva: -90 (-15,2%)
Ricoverati con sintomi: -303 (-3,5%)
Isolamento domiciliare: +24.996 (+2,5%)
Nuovi casi: 379.792 (+35,9%)
Casi attualmente positivi: +24.603 (+2,4%)

“Dopo cinque settimane di calo e l’arresto della discesa la scorsa settimana – commenta Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe – si inverte nettamente la curva dei nuovi casi settimanali di Covid-19, che si attestano intorno a quota 379 mila, con un incremento del 35,9% e una media mobile a 7 giorni che sale da circa 40 mila casi dell’8 marzo ad oltre 54 mila il 15 marzo (+30,3). Un’inversione di tendenza – spiega Cartabellotta – che riconosce diverse cause: dal rilassamento della popolazione, alla diffusione della più contagiosa variante Omicron BA.2, dal calo della protezione vaccinale nei confronti dell’infezione alla persistenza di basse temperature che costringono ad attività al chiuso”.

Nella settimana 9-15 marzo si rileva un incremento percentuale dei nuovi casi in tutte le Regioni ad eccezione della Valle D’Aosta: dal +70% dell’Umbria al +3% del Molise. In tutte le Province tranne Isernia ed Aosta si registra un incremento percentuale dei nuovi casi rispetto alla settimana precedente. Salgono da 48 a 66 le Province con incidenza superiore a 500 casi per 100.000 abitanti, di cui ben 17 superano quota 1.000 casi per 100.000 abitanti: Lecce (1.423), Perugia (1.362), Crotone (1.290), Terni (1.262), Agrigento (1.260), Reggio di Calabria (1.170), Siena (1.135), Ragusa (1.123), Grosseto (1.088), Vibo Valentia (1.059), Ascoli Piceno (1.056), Oristano (1.035), Sassari (1.034), Fermo (1.030), Trapani (1.025), Messina (1.009), Lucca (1.004), Matera (965), Arezzo (943), Rieti (938), Frosinone (904), Benevento (872), Latina (871), Palermo (871), Avellino (865), Caltanissetta (856), Cosenza (848), Macerata (837), Livorno (833), Ancona (830), Siracusa (826), Teramo (799), Massa Carrara (799), Bari (789), L’Aquila (780), Bolzano (777), Caserta (774), Venezia (771), Enna (770), Viterbo (762), Roma (749), Brindisi (737), Potenza (736), Foggia (733), Cagliari (733), Padova (728), Pisa (714), Taranto (696), Campobasso (693), Chieti (671), Barletta-Andria-Trani (665), Salerno (659), Pescara (628), Vicenza (599), La Spezia (596), Genova (588), Catanzaro (583), Sud Sardegna (576), Trieste (563), Rovigo (557), Firenze (552), Pesaro e Urbino (544), Napoli (543), Treviso (528), Catania (512) e Isernia (503).

Dopo 7 settimane di calo, si registra un lieve aumento del numero dei tamponi totali (+8,4%): da 2.632.634 della settimana 2-8 marzo 2022 a 2.852.637 della settimana 9-15 marzo 2022.  Mentre “sul fronte degli ospedali – come afferma Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi sanitari della Fondazione Gimbe – si rileva un’ulteriore riduzione dei posti letto occupati da pazienti Covid in terapia intensiva (-15,2%), mentre l’incremento del numero di nuovi casi frena la discesa di quelli in area medica (-3,5%)”.

In particolare, in area critica dal picco di 1.717 del 17 gennaio i ricoveri Covid scendono a 502 il 15 marzo; in area medica dal picco di 19.913 del 31 gennaio i ricoveri sono scesi al minimo di 8.234 il 12 marzo per poi risalire raggiungendo quota 8.473 il 15 marzo. Al 15 marzo il tasso nazionale di occupazione da parte di pazienti Covid è del 13% in area medica e del 5,3% in area critica. Abruzzo, Basilicata, Calabria, Puglia, Sardegna, Sicilia e Umbria superano la soglia del 15% in area medica, con la Regione Calabria che arriva al 29,7%; nessuna Regione va oltre la soglia del 10% in area critica. “Dopo due mesi di riduzione – puntualizza Marco Mosti, direttore Operativo della Fondazione Gimbe – si stabilizza il numero degli ingressi giornalieri in terapia intensiva la cui media mobile a 7 giorni si attesta a 41 ingressi/die rispetto ai 43 della settimana precedente”.

Una buona notizia arriva sul fronte dei morti per Covid, che diminuiscono ancora: sono stati 976 negli ultimi 7 giorni (di cui 79 riferiti a periodi precedenti), con una media di 139 al giorno rispetto ai 172 della settimana precedente.

Frena, invece, la campagna vaccinale. “Tutti i dati – precisa Cartabellotta – dimostrano che è ormai in una fase di stallo, nonostante quasi 4,6 milioni di persone vaccinabili con prima dose e 2,9 con booster”.

Come gestire allora questa nuova fase di Covid? “La trasmissione del Sars-CoV-2 avviene principalmente per via aerea, in particolare attraverso aerosol. Il rischio di contagio aumenta in relazione al contesto, caratterizzato da diversi parametri: tipologia di attività eseguita da un gruppo di persone (stare in silenzio, parlare, gridare/cantare), affollamento del luogo, durata del contatto superiore o inferiore a 15 minuti, luogo all’aperto o ambiente chiuso adeguatamente ventilato o meno, utilizzo della mascherina. Insomma, secondo gli esperti ci troviamo davanti a contesti a rischio di contagio basso, intermedio ed elevato. E’ il caso di luoghi chiusi, affollati, con scarsa aerazione, “dove è indispensabile indossare la mascherina che, secondo una revisione sistematica pubblicata sul BMJ, ha un’efficacia del 50% nel prevenire l’infezione da Sars-CoV-2″, sottolinea Gimbe.

“Nel nostro Paese – avverte Cartabellotta – la circolazione virale è ancora molto elevata e la curva dei contagi ha ripreso a salire: tuttavia, a fronte dell’imminente fine dello stato di emergenza, il Governo si riunirà a breve per decidere se e quali misure abolire a partire dal 1 aprile. Auspichiamo che in quella sede le decisioni vengano informate dalle evidenze scientifiche e dalla situazione epidemiologica e non – sottolinea – dallo spirito di emulazione di altri Paesi più “temerari”, dove peraltro hanno ripreso a crescere non solo i contagi, ma anche le ospedalizzazioni”.

In particolare, l’obbligo di green pass “può decadere immediatamente dove il rischio di contagio è basso (all’aperto, in luoghi al chiuso poco affollati, ben ventilati e con breve permanenza), mentre dovrà essere mantenuto nei locali chiusi a rischio elevato; nelle situazioni a rischio intermedio può essere valutata l’abolizione del green pass rafforzato”.

Quanto alla mascherina, al momento deve essere mantenuta “in tutti i luoghi al chiuso, tenendo conto sia della estrema contagiosità della variante Omicron – in particolare della BA.2 – sia delle incognite relative all’entità della risalita della curva dei contagi e al suo potenziale impatto sugli ospedali“, conclude Cartabellotta. Fra qualche giorno capiremo se la nuova ondata avrà un effetto sulle strutture sanitarie. Ma certo, dopo oltre due anni di Covid, farci prendere in contropiede da questo nuovo aumento di casi sarebbe davvero surreale.

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