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Fedez e il tumore al pancreas, cosa sono i Net e come si curano

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I tumori neuro-endocrini (Net), poco conosciuti, sono diventati argomenti di cronaca dopo il racconto del cantante Fedez, operato al San Raffaele di Milano. Dal nome complesso da pronunciare, i Net in realtà sono un tipo di tumore con buona probabilità di cura. Anche grazie alle target therapy. Facciamo il punto insieme al professor Massimo Falconi, direttore del Pancreas Center dell’Irccs Ospedale San Raffaele di Milano e presidente di ItaNet.

Professor Falconi, cosa sono i tumori neuroendocrini (Net) e perché sono considerati come classe a sé rispetto alle altre neoplasie del pancreas?
Se facciamo riferimento al pancreas, i Net sono forme rare, rappresentano il 2% di tutte le neoplasie pancreatiche e sono caratterizzate da una prognosi molto migliore rispetto alle altre tipologie di tumori pancreatici.

Qual è l’incidenza di questi tumori? Esiste un identikit di pazienti maggiormente interessati da questi tumori in termini di familiarità, età, genere e patologie concomitanti?
I tumori sono considerati rari quando sono al di sotto di sei casi ogni 100mila abitanti. Nel caso del pancreas, parliamo di un’incidenza di circa un caso ogni 100mila persone, quindi ancora più rari. In virtù dell’ottima prognosi di questi tumori, a fronte di una bassa incidenza, esiste tuttavia una prevalenza relativamente elevata. In altri termini, si ammala un basso numero di persone ogni anno, ma dal momento che esse vivono a lungo, vi è un numero di persone di gran lunga maggiore che ogni anno è affetto dalla patologia. Bassa incidenza e alta prevalenza è una ‘regola’ che vale in generale per tutti i Net e per i tumori a lenta crescita o a evoluzione favorevole.

L’incidenza dei Net presenta due picchi, intorno ai 50 e ai 70 anni ma, diversamente dall’adenocarcinoma duttale, non è direttamente correlata all’avanzare dell’età.
Circa il 10% dei Net presenta poi ereditarietà associata alla mutazione del gene Men che contiene l’informazione genetica per produrre la proteina ‘menina’, deputata a proteggere le cellule endocrine dallo sviluppare i tumori. Questa mutazione può essere trasmessa dai genitori ai figli. Infine, possiamo dire che il 90% dei casi è di natura sporadica, che significa che si sviluppa senza che esistano fattori causali noti.

Quando si parla di tumori, screening e diagnosi precoce sono fondamentali per riuscire a intervenire tempestivamente così da ottenere una prognosi migliore: ci sono linee-guida per i Net?
In considerazione della rarità di questi tumori, uno screening allargato non avrebbe senso.
È invece indicato per i soggetti che potrebbero avere una ereditarietà familiare. Si tratta di uno screening genetico volto a identificare la mutazione. Se il risultato è positivo, si procede con ulteriori esami, che oltre al pancreas andranno a valutare lo stato di salute di altre ghiandole, soprattutto le paratiroidi e l’ipofisi.

Nel caso non ci sia familiarità per i Net, come si arriva a diagnosticare la presenza di questo tumore?
Ci sono tre scenari clinici, che distinguono i Net tra ‘non funzionanti’ e ‘funzionanti’.
Ricadono nel primo tipo i tumori dovuti alla presenza di massa e quelli ‘incidentalmente scoperti’. Vediamo in dettaglio. Parlando in generale dell’addome e del tratto entero-pancreatico, un Net può crescere molto e dare sintomatologia da compressione sulla via biliare o sul tratto digestivo ed essere anche palpabile. In questo caso si tratta di forme la cui sintomatologia è legata all’ingombro stesso da parte della massa tumorale.

Poi abbiamo le forme tumorali ‘incidentalmente scoperte’, ad esempio a seguito di ecografia effettuata per indagare sintomi aspecifici e non correlati al pancreas in cui si identificano piccoli noduli pancreatici, spesso ipervascolarizzati, che si rivelano essere Net molto piccoli. In questi casi, in considerazione del fatto che questi noduli non hanno effetti sulla salute del paziente, non è possibile dire con certezza se si tratti di forme precoci di una neoplasia a carattere evolutivo o se, invece, non avranno impatto sulla vita dell’individuo. In questo caso, quindi non siamo di fronte a un malato, ma a un ‘portatore’ di una lesione che non svilupperà una malattia significativa. Per questo le forme molto piccole, senza segni di aggressività evidenti, vengono tenute monitorate nel tempo. Saranno trattate solo se cresceranno significativamente.

Il terzo scenario è quello dei Net ‘funzionanti’, così chiamati perché hanno una sintomatologia peculiare legata all’iperproduzione di un ormone secreto in modo inappropriato dalle cellule tumorali del pancreas.

Ad esempio parliamo di insulinoma, che determina un’eccessiva produzione di insulina e sintomi come ipoglicemie, sudorazione, perdita della coscienza. Oppure il glucagonoma (iperproduzione di glucagone), che si associa a diabete e a forme di alterazione della cute.
Possiamo dire che il 20% dei Net è di tipo ‘funzionante’ e l’80% ‘non funzionante’.

Abbiamo visto che i Net sono tumori rari. Esistono dei farmaci ad hoc, o possono essere trattati con terapie utilizzate per altri tipi di tumore? Quali sono le opportunità di intervento per i pazienti con Net?
La terapia dei Net rappresenta un mondo a parte rispetto alla terapia di altri tipi di neoplasie.
Nell’80% dei casi i Net hanno un bersaglio sulla superficie delle loro cellule: il recettore di un ormone normalmente presente nell’organismo, la somatostatina. Questo recettore può essere usato come target di una terapia.

I Net infatti sono stati antesignani delle ‘target therapy’: il farmaco è una molecola molto simile alla somatostatina (in gergo, lo chiamiamo ‘analogo’), che legandosi a questo recettore, blocca la proliferazione cellulare del tumore.

Ci sono poi altri medicinali utilizzati anche per trattare i tumori al rene, come everolimus e sunitinib, che hanno bersagli di vie metaboliche all’interno della cellula. Di ultima generazione sono i farmaci con radioligando: l’analogo della somatostatina, legato con un nuclide radioattivo, agisce uccidendo solo le cellule tumorali risparmiando i tessuti circostanti.
L’uso di terapie tradizionali come la chemioterapie appartengono a una minoranza di Net, quelli a più elevata aggressività.

Tra le opzioni terapeutiche c’è anche la chirurgia, che in specifici casi gioca un ruolo importante: in ambito pancreatologico porta ad una probabilità di cura fino al 60% a cinque anni.

Quali sono le aspettative di guarigione e di qualità di vita per i pazienti con Net?
In generale la probabilità di cura con farmaci è molto alta. A ciò si associa un’alta probabilità di poter intervenire con una terapia chirurgica, che alza molto non solo la probabilità di cura, ma anche il tasso di guarigione.

Un’ultima battuta, sul percorso diagnostico-terapeutico (Pdt) dei pazienti con Net. In virtù dell’esperienza maturata dal suo ospedale, che è uno dei più importanti centri al mondo per la diagnosi, la cura e la ricerca su questi tumori, quali sono i punti di forza del Pdt e su quali aspetti bisogna ancora lavorare in Italia?
La rarità di questi tumori fa sì che il sospetto diagnostico di Net dipenda molto dalla casistica incontrata da ciascun medico. Studi internazionali indicano un ritardo diagnostico che può arrivare fino a sette anni, soprattutto nelle forme ‘funzionanti’. Questo per dire che occorre avere una ‘cultura’ non solo specialistica, ma anche di competenza sia in termini di diagnosi, che di trattamento e di presa in carico del paziente.

Per queste ragioni la Società europea dei tumori neuroendocrini (Enets) ha messo a punto il percorso della certificazione delle competenze, che passa per un numero di casi sufficientemente alto – minimo 80 nuovi casi all’anno – per poter maturare una adeguata esperienza clinica.

Occorre poi la presenza di un team multidisciplinare formato da chirurgo, radiologo, medico nucleare, endocrinologo, gastroenterologo, oncologo, perché esistono diverse facce della malattia che possono essere trattate in modo diverso. Ogni caso deve essere discusso dal team, per poter definire la strategia terapeutica più corretta.

Da questo punto di vista l’Italia è molto avanzata: sono stati identificati otto centri ospedalieri/universitari che posseggono queste caratteristiche. Il problema è legato alla localizzazione di questi centri specializzati: per lo più al Nord, nel milanese, a Verona, Bologna cui si aggiunge una bella realtà a Roma ed una a Napoli. Purtroppo, più a Sud non c’è ancora nulla. Questo comporta un patient journey talvolta molto articolato e complesso e una iniquità di accesso alle cure causata da una sanità non ancora uniformemente distribuita sul territorio.

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