Covid in Italia, casi in lieve calo ma ancora più di mille morti

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Dopo oltre due anni Covid-19 ha perso le prime pagine e, con la fine dello stato di emergenza, il rischio di un calo di attenzione nella popolazione è dietro l’angolo. Si torna al ristorante, al cinema, allo stadio, le città si ripopolano e in quelle d’arte si vedono di nuovo i turisti. Ecco allora che qualche numero può aiutare a comprendere meglio questa nuova fase, in cui la pandemia non è affatto finita: nell’ultima settimana c’è stato un lieve calo di contagi 
(-6,9%) e dell’occupazione nelle terapie intensive (-3,3%), ma crescono ancora i ricoveri Covid ordinari (+5,2%). 
E dopo un mese i morti tornano sopra quota mille.

Il monitoraggio della Fondazione Gimbe mostra chiaramente che il virus circola ancora molto in Italia, ed è in grado di fare danni. A preoccupare gli esperti sono i 6,93 milioni di non vaccinati, di cui 2,58 milioni di guariti e protetti solo temporaneamente e 4,35 milioni attualmente vaccinabili. E questo perché i morti positivi a Covid-19 sono ancora tanti, nel Paese. Forse troppi. Se per gli esperti il declino della copertura del booster e il sottoutilizzo dei farmaci antivirali sono fra i possibili determinanti dell’elevato numero di decessi negli anziani, Fondazione Gimbe sottolinea l’importanza di intervenire in modo mirato.

Ma vediamo i dettagli del monitoraggio della Fondazione Gimbe: nella settimana 30 marzo-5 aprile 2022, rispetto alla precedente, c’è una lieve diminuzione di nuovi casi (469.479 vs 504.487) e un aumento dei decessi (1.049 vs 953).  In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
Decessi: 1.049 (+10,1%), di cui 104 riferiti a periodi precedenti
Terapia intensiva: -16 (-3,3%)
Ricoverati con sintomi: +506 (+5,2%)
Isolamento domiciliare: +7.020 (+0,6%)
Nuovi casi: 469.479 (-6,9%)
Casi attualmente positivi: +7.510 (+0,6%)


Ma cosa accadrà nelle prossime settimane? “Dopo la stabilizzazione della scorsa settimana – dichiara Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe – i nuovi casi settimanali si attestano a quota 469 mila, con una riduzione del 6,9% e una media mobile a 7 giorni che scende intorno ai 68 mila casi. Rimane tuttavia molto difficile fare previsioni, sia per l’eterogeneità delle situazioni regionali, sia perché in alcune grandi Regioni del Nord iniziano ad intravedersi segnali di risalita”.

Si rileva un incremento percentuale dei nuovi casi Covid in 4 Regioni (dal +1,3% del Veneto al +10,4% dell’Emilia-Romagna) e un decremento in 17 (dal -1,3% della Lombardia al -18,2% dell’Umbria. Scendono i tamponi totali (-4,7%): da 3.323.770 della settimana 23-29 marzo a 3.167.782 della settimana 30 marzo-5 aprile.

Sul fronte degli ospedali, precisa Marco Mosti, direttore operativo della Fondazione Gimbe, “torna a scendere il numero dei posti letto occupati da pazienti Covid in terapia intensiva (-3,3%), mentre continuano ad aumentare, seppur in misura minore rispetto alla scorsa settimana, quelli in area medica (+5,2%)”. Al 5 aprile il tasso nazionale di occupazione da parte di pazienti Covid rimane sostanzialmente stabile rispetto alla settimana precedente: 15,8% in area medica e 5% in area critica.

Ben 14 Regioni superano la soglia del 15% in area medica, con l’Umbria che arriva al 42,4%; Calabria e Sardegna superano la soglia del 10% in terapia intensiva. “In lieve aumento – puntualizza Mosti – il numero degli ingressi giornalieri in terapia intensiva: la media mobile a 7 giorni si attesta infatti a 50 ingressi/die rispetto ai 45 della settimana precedente”.

“È importante rilevare – commenta Cartabellotta – che il quadro dei pazienti ospedalizzati è notevolmente mutato negli ultimi 6 mesi, sia per effetto delle coperture vaccinali e relativi booster, sia per la progressiva sostituzione della variante delta con quella omicron, più contagiosa, ma meno severa”. In particolare, se a fine ottobre veniva ricoverato il 3,22% degli attualmente positivi in area medica e lo 0,47% in terapia intensiva, oggi queste percentuali sono crollate rispettivamente allo 0,78% ed allo 0,04%. Inoltre, se il recente rialzo dei casi ha determinato in tre settimane un incremento di oltre 2.000 posti letto in area medica, in area critica al momento si osserva un plateau. “Questo dimostra che si è ridotto in maniera rilevante il numero di pazienti Covid ospedalizzati per polmonite severa che richiedono un ricovero in terapia intensiva – continua il presidente – mentre vengono ospedalizzati soprattutto anziani con patologie multiple che possono essere assistiti nei reparti ordinari”.

In questo quadro torna a crescere il numero dei decessi: 1.049 negli ultimi 7 giorni (di cui 104 riferiti a periodi precedenti), con una media di 150 al giorno rispetto ai 136 della settimana precedente. “Il numero dei decessi che non accenna a scendere – sottolinea Cartabellotta – merita una particolare attenzione: infatti, accanto a fattori epidemiologici non modificabili (età avanzata, comorbidità), esistono determinanti legate al calo dell’efficacia vaccinale sulla malattia grave e al sottoutilizzo dei farmaci antivirali su cui, invece, è possibile intervenire”.

Non solo, i dati dimostrano la straordinaria efficacia del vaccino nel ridurre il tasso di mortalità a partire dagli over 40 e in particolare nella fascia 60-79 (3,4 vs 41,8) e negli over 80 (32,9 vs 470,8). “Per dirla con altre parole – spiega Cartabellotta – il tasso di mortalità nei non vaccinati rispetto ai vaccinati con dose booster è superiore di 14,3 volte negli over 80, di 12,3 volte nella fascia 60-79 e di 8 volte nella fascia 40-59″.

In attesa che le autorità regolatorie si pronuncino sull’estensione della quarta dose, continua Cartabellotta, “dal punto di vista organizzativo bisogna iniziare a considerare che, al 31 maggio, gli over 70 che avranno ricevuto il booster da oltre 120 giorni saranno 8,8 milioni, di cui 3,8 milioni di ultraottantenni e quasi 5 milioni nella fascia 70-79″.

Oltre al declino della copertura data del booster, un’ulteriore determinante di ospedalizzazioni e decessi può essere identificata nel sottoutilizzo dei farmaci antivirali. Infatti, come riportato dal Report Aifa del 25 marzo 2022, sono state avviate 4.052 terapie con Paxlovid (in 42 giorni), 12.149 con Molnupiravir (in 83 giorni) e 5.100 con Remdesivir (in 83 giorni). “Numeri – dicono da Gimbe – troppo esigui rispetto alle indicazioni di questi farmaci”, raccomandati per tutti ‘gli adulti non ospedalizzati per Covid-19 e non in ossigeno-terapia con insorgenza di sintomi da non oltre 7 giorni e in presenza di condizioni cliniche predisponenti che rappresentino dei fattori di rischio per Covid grave’.

“Il sottoutilizzo di questi farmaci – sottolinea Cartabellotta – è da imputare alla mancata abilitazione dei medici di famiglia alla loro prescrizione, oltre che all’erogazione esclusiva nelle farmacie ospedaliere e non in quelle territoriali. Considerato che l’accordo 2022 per la fornitura di Paxlovid ammonta a 600 mila trattamenti completi (per un totale di 400 milioni di euro), in assenza di un adeguato modello organizzativo in grado di garantire la necessaria tempestività della prescrizione, si rischia concretamente che le scorte rimangano inutilizzate come già accaduto per gli anticorpi monoclonali”.

C’è poi la frenata della campagna vaccinale. “Tutti i dati confermano che si è ormai fermata – sottolinea Cartabellotta – nonostante 4,35 milioni di persone vaccinabili con prima dose e 2,55 milioni con dose booster. I tassi di copertura vaccinale, infatti, nell’ultimo mese hanno registrato incrementi davvero esigui”. Ecco dunque che per Gimbe proprio la vaccinazione di soggetti scoperti e di quelli più fragili e il trattamento con i farmaci ad hoc sono fra le priorità in questa fase della pandemia.

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