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Il cervello si adatta agli schermi. E l’attenzione ne risente

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Il nostro cervello si sta adattando agli schermi e a risentirne è l’attenzione profonda. Nancy Katherine Hayles studia da anni questo fenomeno. La versione completa di questo articolo è disponibile sul numero di Fortune Italia di aprile 2022.

Tablet e smartphone stanno cambiando i pattern di attenzione degli studenti, che ormai faticano ad affrontare testi complessi e letture articolate. A indagare su questo fenomeno è Nancy Katherine Hayles, critica letteraria americana nota per i suoi studi sulla letteratura elettronica, professore di letteratura alla Duke University. L’abbiamo raggiunta – via mail – per chiederle di parlarci della trasformazione in corso nei nativi digitali.

In che modo il tempo trascorso sugli schermi influisce sui neuroni dei giovani?

La ricerca mostra che anche una piccola quantità di tempo davanti allo schermo può influenzare le connessioni sinaptiche dei ragazzi, che si adattano. Più lungo è il tempo sul device, più pronunciato sarà questo effetto.

Il passaggio dall’attenzione profonda all’iperattenzione influisce sulle preferenze dei contenuti?

All’epoca in cui scrivevo del passaggio dall’attenzione profonda all’iperattenzione, nel 2017, la preferenza degli studenti, fino al college compreso, era per letture sempre più brevi. Quelli che leggevano saggi di 30 pagine volevano che la lettura fosse ridotta a due pagine; quelli a cui venivano assegnati romanzi lunghi chiedevano invece racconti. Da allora, il trend ha accelerato. Ho parlato la scorsa settimana con una professoressa di storia in una prestigiosa università, che ora deve “pre-digerire” le letture  che assegna ai suoi studenti, poiché non sono in grado (o hanno scelto di non esserlo) di estrarre le informazioni necessarie da soli. Si tratta di un’insegnante esperta, che ha dovuto ricalibrare i suoi metodi per la generazione attuale. Appena dieci anni fa gli studenti sembravano più in grado di affrontare lunghi compiti di lettura e di comprenderli in modo efficace, mentre ora non è più così. Le preferenze puntano a letture più brevi e a contenuti più semplici.

C’è una connessione tra l’aumento delle diagnosi di disturbi dell’attenzione e il tempo passato sugli schermi?

C’è una correlazione ma, come sappiamo, questo non implica una causalità. Questa è una domanda davvero urgente, alla quale occorre rispondere con certezza. La mia opinione è che probabilmente esiste una connessione causale.

La versione completa di questo articolo è disponibile sul numero di Fortune Italia di aprile 2022. Ci si può abbonare al magazine di Fortune Italia a questo link: potrete scegliere tra la versione cartacea, quella digitale oppure entrambe. Qui invece si possono acquistare i singoli numeri della rivista in versione digitale.

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