Covid, incidenza in calo ma Rt stabile. Oms triplica le stime dei morti

Covid Italia
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Mentre l’Oms rivede le sue stime sui decessi collegati alla pandemia, triplicandone di fatto il numero e accendendo i riflettori su quello che è avvenuto dove la sanità è più debole, la ‘fotografia’ della situazione Covid-19 in Italia tutto sommato non è allarmante. Come hanno già evidenziato i report di Fiaso e Gimbe, a fronte ieri di quasi 50 mila nuovi positivi, i contagi e i ricoveri sono in calo. E il monitoraggio della settimanale della Cabina di Regia conferma una discesa dell’incidenza, con un indice di contagiosità Rt tutto sommato stabile. 

Ma vediamo i dati dell’ultimo monitoraggio diffusi dall’Istituto superiore di sanità: l’incidenza settimanale a livello nazionale è di 559 casi Covid ogni 100.000 abitanti (29 aprile-05 maggio) contro i 699 su 100.000 della settimana precedente (22-28/04).

Nel periodo 13 – 26 aprile l’Rt medio calcolato sui casi sintomatici è stato pari a 0,96 (range 0,85– 1,07), “sostanzialmente stabile rispetto alla settimana precedente”, dice l’Iss, quando era un po’ più basso: 0,93. L’indice di trasmissibilità basato sui casi con ricovero ospedaliero è al di sotto della soglia epidemica e sostanzialmente stabile rispetto alla settimana precedente: Rt=0,91 (0,88-0,94) al 26/04 (contro 0,93 al 19 aprile).

Ma i numeri migliori, considerato il dato ancora elevato dei contagi e il calo dei tamponi, sono quelli che arrivano dagli ospedali. Il tasso di occupazione Covid in terapia intensiva scende al 3,7% (rilevazione giornaliera ministero della Salute al 5 maggio) contro il 3,8% (al 28 aprile). Anche l’occupazione nelle aree mediche a livello nazionale scende: è al 14,5% (rilevazione al 5 maggio) contro il 15,6% (28 aprile). A livello territoriale nessuna Regione è classificata a rischio alto.

Una situazione che attesta come la fine dell’emergenza non sia solo frutto di una convenzione. Ma quanto ci è costata la pandemia in vite umane? A rispondere è l’Oms: in 2 anni di Covid-19 si sono registrate quasi 15 milioni di morti in eccesso in tutto il mondo. Vite che, altrimenti, non sarebbero state spezzate. La nuova stima triplica di fatto l’intero bilancio delle vittime associato direttamente o indirettamente alla pandemia tra il 1 gennaio 2020 e il 31 dicembre 2021: per l’Oms sono state circa 14,9 milioni le vite perse (range da 13,3 milioni a 16,6 milioni). In pratica, oltre 9 milioni in più rispetto alle stime precedenti, tanto che il numero delle vittime è, di fatto, triplicato.

E non è solo un caso, secondo l’Organizzazione, che la maggior parte delle morti in eccesso (84%) si concentri nel Sudest asiatico, in Europa e nelle Americhe. Circa il 68% delle morti in eccesso si è verificato in soli 10 Paesi a livello globale. Ma quando andiamo a guardare la ricchezza, i Paesi a reddito medio rappresentano l’81% dei 14,9 milioni di decessi in eccesso (53% in quelli a reddito medio-basso e 28% nei Paesi a reddito medio-alto), con i Paesi a reddito alto e quelli a basso reddito che rappresentano, rispettivamente, il 15% e il 4%.

Il benessere, le infrastrutture e i trasporti hanno fatto circolare maggiormente il virus. I dati confermano anche che il numero globale dei decessi è maggiore fra gli uomini (57%) che fra le donne (43%), ed ancora più alto negli anziani.

Si tratta di dati “che fanno riflettere: non solo indicano l’impatto della pandemia ma anche la necessità – ha commentato il direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus – che tutti i Paesi investano in sistemi sanitari più resilienti, in grado di mantenere i servizi sanitari essenziali durante le crisi: compresi sistemi di informazione e comunicazione sanitaria più forti”. Ecco dunque perché investire in sanità è la chiave per poterci difendere meglio da questa (che ancora non è finita) e da future pandemie.

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