Covid e infanzia a rischio, l’ultimo allarme

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Bambini e adolescenti hanno pagato il prezzo più alto a seguito del lockdown e della pandemia da Covid-19. Già nel 2021 i pediatri italiani avevano denunciato il boom di accessi ai Pronto soccorso pediatrici per disturbi neuropsichiatrici a carico dei minori. Ora è il Cesvi a tratteggiare i contorni di un quadro di disagio che rischia di lasciare cicatrici sulla pelle dei più piccoli.

Secondo la quinta edizione dell’indagine Crescere al sicuro, che quest’anno comprende anche un focus sulla sicurezza dell’infanzia durante la pandemia, clausura, didattica a distanza e nuove modalità lavorative dei genitori hanno modificato molto le dinamiche familiari. E, con esse, i rischi per bambini e adolescenti di essere soggetti a reati e maltrattamenti. Oltre che a disturbi psicofisici derivanti dall’alterazione della normale qualità di vita.

Impossibilità di frequentare scuola e amici, obbligo di distanziamento sociale, mascherine e privazione dello svago, del movimento e dello sport, nonché della possibilità di sperimentare la socialità tipica dell’età adolescenziale sono i fattori scatenanti che hanno fatto finire gli adolescenti al Pronto soccorso. Con diagnosi di ideazione suicidaria, depressione, anoressia e bulimia.

Il quadro non è migliore per i bambini. Gli episodi di maltrattamenti diretti e indiretti sono aumentati dell’11% nel solo 2020. Complice l’uso di smartphone e tablet anche tra i più piccoli, spesso non controllati dai genitori impegnati nello smart working, è aumentata del 77% anche la casistica dei reati di pedopornografia e di adescamento minorile online.

Dal momento che la violenza ai danni dei soggetti deboli e fragili come bambini e donne viene perpetrata soprattutto in ambiente domestico, anche le donne hanno fatto le spese a causa del confinamento obbligato all’interno delle mura di casa. Però a fronte dell’incremento delle chiamate al numero antiviolenza 1522, non sono corrisposte analoghe denunce. Perché nelle settimane più buie della pandemia uscire di casa era vietato se non per ragioni di salute o per fare la spesa. E per una donna maltrattata – spesso sorvegliata a vista dal compagno, dal padre o dal marito – uscire di casa era praticamente impossibile.

Mettendo insieme i numerosi indici che permettono di monitorare violenza e maltrattamenti diretti e indiretti il report del Cesvi consente di individuare anche le zone d’Italia dove questo fenomeno è stato più importante. E dove il richiamo a un intervento strutturale delle istituzioni è più urgente e necessario. Si confermano maglia nera quattro Regioni del Sud Italia: Campania, Sicilia, Calabria e Puglia. Mentre la violenza sui minori è meglio fronteggiata in Emilia-Romagna, Trentino-Alto Adige e Veneto.

Quello dipinto dal Cesvi è uno scenario allineato alla situazione registrata dall’Autorità garante per l’Infanzia e l’Adolescenza e dall’Istituto superiore di sanità, che hanno recentemente pubblicato il report “Pandemia, neurosviluppo e salute mentale di bambini e ragazzi”. Ai disturbi individuati dal Cesvi questo documento aggiunge quelli in ambito educativo come difficoltà di apprendimento, dell’attenzione e del linguaggio, del comportamento e della regolazione cognitiva ed emotiva. Cui si associano anche paura del contagio, incertezza verso il futuro e insicurezza personale.

Per farvi fronte, i minori hanno purtroppo fatto ricorso anche ad alcol e sostanze psicoattive il cui uso ha richiesto interventi specializzati. Con un costo nella maggior parte dei casi sostenuto direttamente dalle famiglie. A dimostrazione dell’inadeguatezza delle risposte del sistema socio-assistenziale, foriero di iniquità sociali.

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