Malattie rare e farmaci pediatrici, la parola chiave è semplificare

farmaci orfani
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Dei circa due milioni di malati rari presenti in Italia – in Europa sono 25/30 milioni – circa 1,4 milioni è un bambino o un ragazzo.  Questi dati della rete Orphanet Italia rendono ragione dell’importanza di trovare nuove strategie di sviluppo di farmaci orfani, con particolare attenzione a quelli il cui utilizzo è destinato ai pazienti pediatrici.

Tra le azioni necessarie per riuscire a supportare la ricerca scientifica da un lato e lo sviluppo industriale dei farmaci dall’altro in primis vi è la semplificazione del quadro normativo comunitario relativo alle sperimentazioni cliniche. A dirlo sono gli esperti che oggi si sono confrontati nell’ambito del workshop ‘Malattie rare e pediatria:innovazione terapeutica e misure nazionali ed europee di attrazione degli investimenti’, organizzato dall’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari (Altems) – Facoltà di Economia dell’Università Cattolica, in collaborazione con Farmindustria.

Fare ricerca scientifica ad alto livello come avviene in molti istituti pubblici e privati del nostro Paese non è sufficiente. Per traslare i risultati di questa ricerca in farmaci e riuscire a portare questi ultimi al letto del paziente è fondamentale attrarre investimenti utili per potenziare anche la ricerca clinica. E, soprattutto, è prioritario delineare e perseguire una strategia che porti risultati continui e duraturi. Una strategia che possa fungere da linea-guida per lo sviluppo delle linee di ricerca delle aziende impegnate nell’identificazione di farmaci orfani per uso pediatrico.

Per realizzare tutto questo si deve passare per “un’evoluzione dei Regolamenti di riferimento per sviluppo e approvazione dei farmaci orfani e pediatrici che tenga conto di vari fattori, tra cui l’innovazione insita nei nuovi prodotti terapeutici, il loro costo, l’importanza di renderli accessibili rapidamente ai pazienti che ne possono trarre beneficio”, ha detto il direttore di Altems, Americo Cicchetti.

Tra le ultime tappe di questo divenire normativo, lo scorso gennaio ha visto la luce il Regolamento Ue sull’armonizzazione delle sperimentazioni cliniche, e l’attivazione del Sistema informativo di trial clinici, che permette di gestire uno studio clinico secondo le procedure del regolamento europeo 536/2014. Un sistema che, dice l’Agenzia europea dei medicinali, dovrebbe far razionalizzare i processi.

E l’Italia a che punto è in tema di sperimentazioni cliniche e in particolare rispetto a quelle per i farmaci orfani? Secondo Aifa il tempo che passa da quando un’azienda presenta il dossier di negoziazione del prezzo-rimborso a quando arriva l’autorizzazione all’immissione in commercio (Aic) di un farmaco orfano si è ridotto di 50 giorni: si è passati da 450 giorni (2018) a 400 giorni (2020). Dati al di sotto della media Ue dei tempi necessari per un farmaco – orfano o meno – ad arrivare sul mercato, che nel 2020 era di 482 giorni. Numeri che però ci discostano molto dai migliori, come la Germania dove sono necessari solo 102 giorni o la Danimarca dove di giorni ne occorrono 249.

Contraltare di questo scenario è la quantità di farmaci orfani che, una volta approvati in Europa riescono a essere somministrati anche da noi: ben il 75% contro una media europea di meno della metà.

E allora, se anche grazie al Regolamento sui farmaci orfani si è arrivati in 20 anni a “oltre 2.500 designazioni di farmaci orfani e più di 200 medicinali per le malattie rare che hanno ottenuto l’Aic in Ue; e a un numero di sperimentazioni cliniche triplicato, sempre in Europa, tra il 2016 e il 2021, con una quota del 26% sul totale delle sperimentazioni nel 2021. E se l’Italia ha avuto un aumento superiore a quello continentale passando da 119 sperimentazioni in corso nel 2016 a 749 nel 2021, che rappresentano il 32% degli studi clinici complessivi”, afferma il presidente di Farmindustria Massimo Scaccabarozzi, l’evoluzione di questo settore è foriera di significative ricadute.

Non solo in termini di opportunità terapeutiche per le persone con malattia rara, ma anche per gli operatori impegnati nella ricerca e sviluppo di nuovi farmaci orfani. Del resto è la stessa Commissione europea ha dirlo. Con i dati: quasi la metà di tutti i farmaci orfani approvati – 50 su 99 totali nel 2017 – tra il 2000 e il 2017 ha generato a livello europeo un fatturato annuo complessivo pari o inferiore a 10 milioni di euro.

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