Medici a gettone, nuovi lavori della sanità

medico a gettone
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Provati da anni di disorganizzazione, turni massacranti e stipendi troppo bassi, sempre più medici decidono di lasciare il Ssn alla volta della libera professione. Alcuni tornano a occuparsi dei pazienti ospedalieri attraverso cooperative che forniscono ai nosocomi le figure professionali sanitarie di cui hanno bisogno. Oggi questi camici bianchi sono anche chiamati “medici a gettone”, perché la loro prestazione professionale è di fatto a chiamata. Ma come è vissuto questo cambio di vita? Il dottor Riccardo Stracka racconta propria esperienza a Fortune Italia.

Riccardo Stracka

Quali erano le principali difficoltà che incontrava nel suo lavoro di medico di emergenza-urgenza quando era in forze al Ssn?

Il Pronto soccorso vissuto da medico intra-ospedaliero subisce le problematiche di disorganizzazione della medicina territoriale, che invia all’ospedale anche pazienti da codice verde che in molti casi non dovrebbero essere trattati in Emergenza-Urgenza. Con la conseguenza da un lato di intasare questo reparto e dall’altro di creare attese lunghissime per le persone.
A ciò si aggiungono i turni, spesso massacranti, che si traducono in una qualità di vita che vede penalizzato l’ambito privato e che a mio avviso non vale la pena sopportare, a fronte dello stipendio che arriva a fine mese.

Per capire meglio, di che turni stiamo parlando e di quale stipendio?

Sono arrivato a fare anche 180-190 ore al mese. Tenendo conto che in media un medico di pronto soccorso assunto arriva a 2.600 euro mensili.

C’è stato un elemento scatenante che le ha fatto decidere di lasciare la sanità pubblica per quella privata delle cooperative?

Il post-Covid ha fatto degenerare una situazione che era già al limite prima della pandemia.

Proviamo a fare un confronto tra ieri e oggi: vantaggi e svantaggi del vecchio e del nuovo inquadramento.

Ho lavorato nella sanità pubblica quando ero in specializzazione all’ospedale di Niguarda a Milano. Poi per la sanità privata convenzionata. Come dipendente ci sono i vantaggi contrattuali come ferie, malattia ecc. mentre un libero professionista fattura solo in base a quanto lavora, e può scegliere quando lavorare anche in base alle esigenze della propria sfera privata. Anche a livello economico credo che la libera professione dia un rientro maggiore. Quanto all’aspetto puramente professionale: sono stato per tre anni responsabile del pronto soccorso di un ospedale privato convenzionato a Monza, ma poi ho lasciato per divergenza di vedute con i vertici della struttura; non condividevano la mia visione secondo cui il Ps è la porta di accesso all’ospedale.

I dirigenti dei reparti di Emergenza-Urgenza ospedalieri lamentano il fatto che lavorare con il personale medico fornito dalle cooperative non è semplice e che, talvolta, ne va della qualità dell’assistenza medica al paziente. Trovarsi un team formato da medici che non si sono mai visti prima e che forniscono la loro professionalità, ma non sono parte integrante a tutti gli effetti della struttura ospedaliera, in effetti non deve essere facile… come viene vissuta questa realtà dal punto di vista del medico “somministrato”?

Molto dipende dal tipo di medici e figure professionali vengono ingaggiate dalle cooperative per lavorare in Pronto Soccorso. Essenziale è che siano medici specializzati in medicina d’Urgenza.
Vero è che è anche compito del medico, prima di andare a lavorare presso una struttura, andare a conoscere almeno il responsabile del reparto. Personalmente ho fatto così. Ho incontrato il responsabile del pronto soccorso prima di iniziare a lavorare, con l’obiettivo di iniziare una prima integrazione con una parte del team. Anche in considerazione del fatto che avrei lavorato in quella struttura non tutti i giorni e in modo non esclusivo.

Come funziona praticamente il vostro lavoro di medici “consulenti”? Avete delle strutture fisse o potete essere inviati ovunque?

Fondamentalmente non abbiamo vincoli. Possiamo girare. Naturalmente è scelta del libero professionista chiedere se è possibile andare sempre negli stessi ospedali. Personalmente opero in questo secondo modo, scegliendo di lavorare sempre presso 2-3 ospedali al massimo.

In chiusura vorrei domandarle cosa vede nel suo futuro professionale. Un possibile rientro nel Ssn qualora cambiassero le condizioni contrattuali e lavorative o la permanenza presso le cooperative?

Le rispondo in questo modo: non chiudo mai le porte, auspicando che ci siano cambiamenti positivi.

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