Il crollo dei vaccini pediatrici, l’analisi di Esposito (Waidid)

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Oms e Unicef hanno lanciato l’allarme: continua a diminuire la copertura vaccinale in età pediatrica. E la pandemia ha dato il colpo di grazia facendo registrare la più grande decrescita nell’adesione alle campagne vaccinali di bambini e ragazzi da 30 anni a questa parte.

Tanto che nel 2021 circa 25 milioni di bambini nel mondo non hanno ricevuto le vaccinazioni salvavita. Covid a parte, cosa rema ancora contro l’adesione alle campagne vaccinali? Lo abbiamo chiesto a Susanna Esposito ordinario di Pediatria all’università di Parma e direttore della Clinica Pediatrica all’Ospedale Pietro Barilla dell’Azienda Ospedaliera-Universitaria di Parma, presidente dell’Associazione Mondiale per le Malattie Infettive e i Disordini Immunologici (Waidid).

Professoressa, a cosa può essere dovuto questo enorme calo delle vaccinazioni pediatriche denunciato da Oms e Unicef?

In realtà prima della pandemia si era registrato un incremento delle coperture vaccinali dopo un quinquennio in cui si era osservato un calo rilevante. Questo nel nostro Paese era stato determinato dall’introduzione della legge sull’obbligo del vaccino esavalente e di quello contro morbillo, parotite, rosolia e varicella per la frequenza delle scuole. I genitori esitanti avevano accettato di buon grado questa legge perché facevano fatica a comprendere come mai la quasi totalità dei vaccini fosse soltanto raccomandata. L’idea che ci siano vaccini raccomandati e vaccini obbligatori crea confusione. Il concetto di raccomandazione vaccinale come intervento di prevenzione consapevole non viene percepito appieno.

Quanto all’impatto della pandemia, da un lato le risorse dedicate alle vaccinazioni sono state concentrate verso le vaccinazioni anti-Covid. Dall’altro le persone avevano paura di recarsi nei centri vaccinali temendo di ammalarsi, nonostante si fosse comunicato che i percorsi per le vaccinazioni erano sicuri. I genitori temevano che i lattanti e, più in generale, i loro figli e loro stessi potessero contrarre Sars-Cov-2 e ammalarsi.

Questo anche nei Paesi a risorse limitate?
In realtà in questi Paesi quando viene implementato un programma vaccinale si raggiungono in tempi molto rapidi coperture vaccinali estremamente elevate. Il problema è che non sono purtroppo disponibili molti dei vaccini che fanno parte del nostro calendario vaccinale.

Registriamo un calo nell’adesione vaccinale dei bambini anche in Italia?

Abbiamo osservato un calo complessivo, con un ritardo delle vaccinazioni nei più piccoli. E un sensibile calo nelle vaccinazioni degli adolescenti. Per i lattanti mi riferisco alle vaccinazioni esavalente, anti-pneumococcica e anti-meningococco B, somministrate talvolta con ritardi di 3-6 mesi. Spesso, inoltre, non viene effettuata la vaccinazione contro il rotavirus. Per i bambini nel secondo anno di vita il problema del ritardo riguarda la vaccinazione anti-morbillo, parotite, varicella e meningococco ACYW.

Se sui più piccoli l’importanza delle vaccinazioni è generalmente percepita da parte dei genitori, che hanno comunque portato i figli a vaccinarsi seppur alcuni mesi dopo la data prevista, nel caso degli adolescenti il calo si è osservato perché Covid ha preso il sopravvento e tutto il resto è passato in secondo piano. In questo caso si è osservato un importante calo delle coperture vaccinali contro il papilloma virus (Hpv) e nei richiami delle vaccinazioni di routine.

Bisogna anche dire che con l’avvento della campagna vaccinale anti-Covid e la necessità di ampliare i centri vaccinali, sono stati inclusi tra i vaccinatori molti professionisti senza esperienza precedente sui vaccini. L’assenza di una preparazione specifica ha inciso negativamente sulla capacità di fornire informazioni autorevoli sulle vaccinazioni in generale, oltre a quelle specifiche per Covid, e sulla possibilità di co-somministrare vaccini anti-Covid e vaccini di routine.

Dal suo punto di vista privilegiato, l’esperienza dei vaccini anti-Covid ha rafforzato o diminuito la fiducia dei genitori nei confronti delle vaccinazioni a protezione delle malattie per le quali tradizionalmente si vaccinano neonati e bambini?
Sicuramente la fiducia è diminuita. Rispetto alle vaccinazioni siamo soliti distinguere quattro categorie di genitori. I convinti, che restano tali. I no-vax che sono meno del 5% e non si possono convincere. Quelli favorevoli anche se non totalmente convinti che amano parlare e confrontarsi con pediatri e medici dei centri vaccinali. Ci sono poi gli esitanti che non hanno ancora scelto, e sono stati tempestati da messaggi contrastanti sull’efficacia dei vaccini.

Un altro dato Oms e Unicef si riferisce alle ragazze e giovani donne: solo il 15% avrebbe ricevuto almeno una dose del vaccino contro l’Hpv. Qual è la barriera che ancora bisogna superare per favorire la diffusione di questo vaccino che ormai ha 15 anni di vita? E in Italia a che punto siamo?
L’ostacolo principale è il fatto che non è percepita la relazione tra infezione da Hpv e sviluppo di tumori. Non si percepisce, inoltre, il fatto che sia importante vaccinare le ragazzine già a 11 anni per proteggere davvero contro la possibilità di sviluppare il cancro alla cervice uterina in età adulta. Un grosso calo si è osservato anche nelle coperture vaccinali anti-Hpv nei maschi, in quanto non è percepita l’efficacia di questi vaccini contro i tumori dell’apparato genitale e dell’orofaringe del maschio.

Oms e Unicef hanno predisposto una sorta di decalogo diretto ai diversi Paesi circa le azioni da intraprendere per invertire la tendenza alla diminuzione delle vaccinazioni pediatriche. Fondamentale creare una cultura nella popolazione basata sulle evidenze scientifiche, in grado di aumentare la fiducia delle persone verso questa forma di prevenzione primaria. Sappiamo però che assumere un farmaco per curare una malattia è molto più accettabile e accettato rispetto al vaccinarsi per tutelarsi da una malattia che non sappiamo se mai incontreremo. Secondo la sua esperienza, quali argomenti sono più efficaci per superare questa impasse psicologica?
C’è stata molta comunicazione, e molto controversa, sulla vaccinazione anti-Covid. Su molti argomenti il dibattito è stato confondente: dalla presentazione dei dati sull’efficacia e la sicurezza a quelli sul meccanismo d’azione di questi nuovi vaccini. Questo ha determinato molta confusione nella popolazione e un calo complessivo nelle coperture vaccinali.

L’incertezza, talvolta il dubbio verso le vaccinazioni, ha riguardato soprattutto i Paesi industrializzati. In quelli in via di sviluppo è ancora ben radicata l’idea che le malattie infettive gravi esistono e si possono prevenire con un semplice vaccino. In questi Paesi naturalmente le priorità sono diverse. Poter prevenire è molto importante. Un po’ come era da noi fino a qualche decennio fa.

A mio avviso è prioritario agire su una corretta informazione e intervenire con autorevolezza nel far comprendere i reali pro e contro delle vaccinazioni.

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