Covid, studio sulle ‘sorelle Omicron’ svela perché tante reinfezioni

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Mentre l’ondata estiva da Omicron 5 sta declinando, anche se lentamente – ieri sono stati 51.208 i casi di Covid-19, con 77 morti – si moltiplicano le reinfezioni. E a fare il bis del tampone positivo non sono solo le persone infettate da ‘varianti antiche’ (come Delta), ma anche chi aveva contratto Covid tra dicembre e gennaio, quando a circolare in Italia era già Omicron. 

A spiegare il motivo delle tante reinfezioni arriva un nuovo studio firmato dal ‘cacciatore di varianti’ Massimo Ciccozzi, responsabile dell’unità di Statistica medica ed Epidemiologia della facoltà di Medicina e Chirurgia del Campus Bio-Medico di Roma, insieme a Stefano Pascarella (Sapienza), Domenico Benvenuto (Campus Bio-Medico), Alessandra Borsetti (Iss), Roberto Cauda (Università Cattolica) e Antonio Cassone (Università di Siena). Il lavoro è stato accettato per la pubblicazione sul ‘Journal of Infectious Diseases’.

Gli studiosi hanno esaminato tutte le sottovarianti Omicron confrontandole con il virus originario dii Wuhan e le varianti Alfa e Delta. Dall’analisi delle caratteristiche delle 5 sorelle Omicron (Centaurus esclusa), i ricercatori hanno potuto valutare i cambiamenti adottati dal virus in questi anni di pandemia per aggirare le nostre difese.

L’indagine “evidenzia – spiega Ciccozzi a Fortune Italia – un’evoluzione coerente nei potenziali di membrana, che dimostrano come la variante Omicron sia diventata più contagiosa man mano che passa da 1 a 5″. Se però la sua aggressività non è cambiata, “quello che sembra aumentare è proprio la capacità di evitare gli anticorpi circolanti: di sottovariante in sottovariante – continua Ciccozzi – Omicron diventa via via più abile ad evadere il sistema anticorpale”.

L’esperto è convinto che con Omicron stiamo vedendo l’esempio classico di endemizzazione. “Ed ecco anche perché vediamo anche tante reinfezioni: chi ha preso Omicron 1 o 2 può tranquillamente contagiarsi con Omicron 5 – dice – anche se ha comunque degli anticorpi che lo proteggono meglio di quelli indotti dal vaccino rispetto a conseguenze gravi dell’infezione”.

E sembra essere proprio quello che sta accadendo in questa fase. Il virus cerca di cambiare volto per sfuggire alle nostre difese. Così se dal 24 agosto 2021 al 13 luglio 2022 sono stati segnalati 813.817 casi di reinfezione (pari a 5,2% del totale dei casi), nell’ultima settimana la percentuale è salita al 12%, più di uno su 10.

Ricordiamo che secondo l’Istituto superiore di sanità a rischiare di più una reinfezione sono le persone contagiate da Covid oltre 210 giorni fa, i non vaccinati o vaccinati con almeno una dose da oltre 120 giorni, e le donne (questo resta, comunque, un dato curioso).

Cosa ci dice allora lo studio? Potremo arrivare a Omicron 6 o 7? “Nell’ambito dell’endemizzazione – risponde Ciccozzi – penso che ci troveremo a fare i conti più che altro con sottovarianti delle varie Omicron. Il virus, visto che la sua contagiosità è massima, punterà infatti a sfuggire al sistema anticorpale. Quindi potrebbero emergere sottovarianti in grado di sfuggire alle nostre difese. E potrebbero cambiare un po’ i sintomi”.

Quanto a Centaurus, la sottovariante BA2 .75 indiana che ha preoccupato la Gran Bretagna, “l’abbiamo studiata e, in effetti – anticipa l’esperto –  ha la stessa contagiosità di Omicron 5: la sua strategia è proprio quella di cercare di sfuggire al sistema immunitario”. Ma allora un vaccino adattato a Omicron 1 – come quello annunciato per settembre – ha senso? “Omicron 1 è già storia, sarebbe preferibile un vaccino adattato a Omicron 5”, conclude Ciccozzi.

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