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Lavorare stanca, anche se si fa col cervello

stanchezza da lavoro intellettuale
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“Lavorare stanca”. Non c’è dubbio che il titolo della celebre raccolta di poesie di Cesare Pavese riporti alla mente l’olio di gomiti necessario per chi deve operare giorno dopo giorno nelle attività fisicamente più faticose e il bisogno di riposo dopo ore di fatica. Ma non crediate che lo sfinimento possa arrivare solo dopo una strenua attività fisica. Anche il pensiero fisso sulle prospettive della propria azienda, sul futuro dei dipendenti, sulle attività da mettere in atto pur senza quasi muovere un muscolo alla fine può rendere esausti.

E non è certo raro sentirsi sfiniti anche senza che il fisico sia stato provato dagli sforzi, ma solo perché ci si è concentrati per ore su problematiche da risolvere. Insomma, anche lavorare di pensiero rende mentalmente esauriti, tanto da diventare una sorta di viatico per il burn out professionale se questa tendenza si mantiene nel tempo, rendendo più difficile la decisione e quindi portando a “risparmiare” con conseguente nocumento per la struttura cui si appartiene.

Se tutto questo vi appare come una giustificazione per spiegare l’insostenibile leggerezza (o pesantezza) del lavoro intellettuale che presuppone scelte quotidiane, la scienza oggi propone anche meccanismi che possono spiegare quanto accade. Basta andare a spulciare quanto pubblicato su Current Biology da un team di ricercatori dell’Università Pitié-Salpêtrière di Parigi.

Stando alla ricerca, che ha considerato anche dati di imaging, emerge il depositarsi di “immondizia” all’interno del cervello, sotto forma di composti che possono risultare nocivi per il sistema nervoso. Non siamo quindi di fronte ad una sorta di illusione o di “excusatio non petita” da parte di chi ha la responsabilità di scelte che possono impattare sul futuro professionale del singolo e sull’organizzazione, quanto piuttosto di un meccanismo di risposta cerebrale che dice di fermarsi.

Stando a quanto riporta uno degli studiosi, Matthis Pessiglione, in una nota, “la fatica sarebbe davvero un segnale che ci fa smettere di lavorare ma per uno scopo diverso: preservare l’integrità del funzionamento del cervello”. A provare questa ipotesi della necessità di “ripulire” il cervello stressato per l’impegno eccessivo è appunto lo studio, che ha utilizzato la spettroscopia di risonanza magnetica per monitorare la chimica del cervello nel corso di una giornata lavorativa.

Ovviamente la popolazione in esame ha visto da un lato un gruppo di soggetti per i quali il pensiero interno era il “pane quotidiano”, dall’altro persone con compiti cognitivi limitati. Nel gruppo di chi “cogitava” per ore si sono notati segni di affaticamento e su fronte biochimico, si sono manifestati livelli più elevati di glutammato nelle sinapsi della corteccia prefrontale del cervello, quasi a confermare quanto emerso da altri studi: il depositarsi di glutammato farebbe aumentare il “peso” da sopportare per la corteccia prefrontale, rendendo il controllo cognitivo più complesso dopo una giornata lavorativa con grande impegno cerebrale.

Contromisure? Evitare di prendere decisioni quando si è molto stanchi e soprattutto riposare il giusto. Ci sono studi che dicono che il glutammato, e non solo, viene eliminato dalle sinapsi durante il sonno.

Sono ormai molte le ricerche che dimostrano come il sonno faciliti i processi di apprendimento e di consolidamento della memoria, perchè i ricordi sembrano fissarsi meglio quando si riposa. In particolare si è visto che durante il sonno ad onde lente, il cosiddetto sonno non Rem, i neuroni stimolati in veglia nel corso di un processo di apprendimento sembrano riattivarsi e rinforzare i loro collegamenti, favorendo i processi di memorizzazione.

Sintesi finale: il sonno è una sorta di “rigenerante” per le cellule nervose, che nel corso della giornata si “riempiono” di informazioni come i cassonetti della nettezza urbana e creano quindi nuove connessioni. Con il riposo verrebbero invece eliminati i collegamenti inutili che durante il giorno si creano tra le cellule nervose.

Il sonno, quindi, potrebbe essere un valido meccanismo perché il cervello metta in ordine le sue competenze: ed è particolarmente utile, considerando che non tutte le aree cerebrali si impegnano allo stesso modo nel corso di una giornata. Studiare, pensare e scegliere impegna zone particolari, diverse rispetto a quelle prioritariamente impegnate durante l’attività fisica. anche per la mente, insomma “lavorare stanca”.

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