Narcisista e complottista? Ecco perché

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Riprendiamo la nostra vita. Da tanti mesi questo invito risuona nella mente di molti di noi, dopo una tempesta “disrupting” e sicuramente impattante sulle modalità stesse di rapportarsi con gli altri come quella di Covid-19. Ma è tremendamente difficile, anche perché altri eventi esterni, dal conflitto tra Russia ed Ucraina fino agli stress per un autunno che non si annuncia semplice sotto il profilo economico (leggasi per tutte le crisi energetica) sono entrati prepotentemente nei pensieri. Così, per qualcuno, la via del complottismo diventa una sorta di “fuga” che può aiutare a sopportare la complessità di un periodo storico, economico e sociale sicuramente irto di preoccupazioni.

Ma chi rischia maggiormente di entrare in questa spirale? E come mai il narcisista più facilmente può cadere in questa situazione, come dimostrano diverse analisi? Una curiosa risposta viene da una ricerca apparsa su Current Opinion in Psychology, frutto della collaborazione di Aleksandra Cichocka, Marta Marchlewska e Mikey Biddlestone, dell’Università del Kent, dell’Accademia polacca delle scienze e dell’Università di Cambridge, che prova ad offrire una spiegazione al fatto che chi è narcisista può più facilmente attingere a teorie complottiste.

Ad aiutare in questo percorso che lega caratteristiche psicologiche e aspetti sociali ci sarebbe un fattore che non va sottovalutato: lo strapotere comunicativo dei social media, che possono aiutare a diffondere rapidamente ciò che davvero piace a chi vuole in qualche modo uscire dal “mainstream” su grandi temi sanitari e sociali. 

Alla base di questa osservazione, secondo gli esperti, ci sarebbero i tre tratti psicologici che classicamente si associano ad una personalità narcisistica, basati sulla percezione di chi li presenta di essere comunque ad un livello superiore rispetto agli altri, a prescindere dallo status sociale. Proviamo ad analizzarli.

In primo luogo va considerato il nevroticismo, che può portare ad una reazione non proprio razionale, ma piuttosto emotiva ed apparentemente inspiegabile a ciò che veniamo a sapere. Il secondo “marcatore” psicologico sarebbe da ricerca nell’antagonismo spinto ai limiti, nei confronti degli altri, inteso anche come strumento di controllo su quanto ci sta attorno. Infine non va dimenticata la cosiddetta “estroversione dell’agente”. Il comportamento si fa aggressivo e col tempo si bea della propria capacità di fascinazione nei confronti di chi si ha intorno.

Tutti questi aspetti, ovviamente in alcuni casi, possono condurre allo sviluppo di veri e propri atteggiamenti paranoici. Ma soprattutto, per chi è narcisista più che per altri, il bisogno di mantenere il controllo in una fase storico-sanitaria così complessa potrebbe portare a fare propri concetti non propriamente scientifici. In qualche modo, quindi, seguendo questa forma di introspezione che si legge nella ricerca diventa un meccanismo che aiuta chi si sente superiore a mantenere un controllo che si rischia di perdere. Ma soprattutto con l’antagonismo spinto porta le persone a discutere animatamente le teorie ufficiali. 

Ovviamente, di fronte a questi studi, occorre sempre valutare con cautela ciò che avviene e cercare di far sfociare atteggiamenti psicologici in realtà positive, anche quando non è semplice.

Covid-19, in questo senso, è stato un bel banco di prova per tutti, in una costante ricerca di controllo degli stimoli alternativi, dalla negazione all’allarmismo, dalla sottovalutazione all’eccessiva prudenza. Non dimentichiamo mai che abbiamo bisogno di occuparci del nostro presente, con uno sguardo al futuro. E ricordiamo che se si ha a che fare con la persona umana le cose non sono mai semplici, chiare e distinte, giacché parlare e trattare dell’uomo è trattare della complessità. Riflettendo, perché è importante. 

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