Scuola, che anno sarà tra finestre aperte e termosifoni bassi

primo giorno di scuola zaini
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Primo giorno di scuola senza mascherine e distanziamento per milioni di studenti italiani. Nel terzo settembre di pandemia da Covid-19 bambini e ragazzi tornano in classe per la prima volta senza misure anti-virus: niente distanziamento, banchi monoposto, Dad o mascherine.

Il nuovo anno scolastico parte ufficialmente in Abruzzo, Basilicata, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte, Veneto e nella Provincia di Trento; ha già preso l’avvio, il 5 settembre, in Provincia di Bolzano e vedrà il 13 settembre tornare sui banchi bambini e ragazzi della Campania. A seguire, il 14 settembre le lezioni prenderanno il via in Calabria, Liguria, Marche, Molise, Puglia, Sardegna, Umbria. Il 15 inizieranno, invece, in Emilia-Romagna, Lazio e Toscana. In coda, il 19 settembre, Sicilia e Valle d’Aosta. Anche se molti istituti hanno ‘anticipato’ la chiamata rispetto al calendario regionale.

Se il meteo promette ancora giorni di clima mite, la pandemia non è finita: così quest’anno la raccomandazione di arieggiare i locali (il famoso ‘protocollo finestre aperte’) dovrà convivere con le esigenze di risparmio energetico e termosifoni bassi. Un bel rebus per presidi e insegnanti in vista dei mesi più rigidi.

“E’ la scuola della ripartenza – ha affermato Patrizio Bianchi, ministro dell’Istruzione, intervisto da UnoMattina – Tutto il Paese ha bisogno di ripartenza, di guardarsi negli occhi. Il governo ha ritenuto che la fase di emergenza fosse conclusa. Abbiamo perso molto. Ma siamo pronti per ogni evenienza. Teniamo monitorata la situazione in ogni parte del Paese”.

Ma cosa possiamo aspettarci per quest’anno scolastico? “Le scuole sono un elemento facilitante la trasmissione dei virus respiratori, è il caso dell’influenza ma anche di Covid-19. Quest’anno ci aspettiamo la presenza di entrambi i virus, perché in Australia in agosto c’è stata una stagione influenzale importante – sottolinea a Fortune Italia il virologo della Statale di Milano Fabrizio Pregliasco, direttore sanitario dell’Istituto ortopedico Galeazzi di Milano – dunque dobbiamo almeno pianificare interventi progressivi in funzione di quello che dobbiamo attenderci, ovvero un rialzo di casi nel periodo invernale”.

“Sbalzi termici, stare più al chiuso, attività industriali e scuola sono sempre stati fattori favorenti la diffusione dei virus respiratori – ricorda Pregliasco – Si dice che bisogna migliorare le strutture: qualcosa è stato fatto, ma molto ci sarà da fare in termini di spazi a disposizione degli studenti e sistemi di areazione, anche per la salubrità della scuola stessa”.

“C’è l’esigenza di tener conto di questo rischio e della possibilità di stringenze graduali, che auspichiamo non siano necessarie. Certo un’onda, speriamo non sia un’ondata importante, di rialzo dei casi Covid dobbiamo prevederla”, aggiunge Pregliasco.

“Quindi è fondamentale l’aspetto organizzativo e la capacità della scuola, sulla base delle singole situazioni, di definire aspetti come la ventilazione, che se fatta in modo incongruo può facilitare forme respiratorie”, continua il virologo.

Sembra invece tramontata l’idea di adottare scuola la settimana corta per risparmiare energia. “Il governo non ne ha mai parlato – ha assicurato Bianchi – perchè siamo convinti che tutti dobbiamo affrontare le problematiche  del caro energia, ma la scuola sia l’ultima: abbiamo già dato al Paese”.

L’idea è quella di tornare alla normalità, complice l’andamento della pandemia, e tenersi pronti a rimettere mano alle misure a scuola se il quadro sanitario dovesse peggiorare. Gli studenti però sono molto critici. Dal ministero, sostengono, c’è poca chiarezza sulle misure anti-Covid, e in campagna elettorale si parla poco e male di scuola, di università e di giovani. Così la Rete degli Studenti Medi e l’Unione degli Universitari hanno scritto un manifesto con 100 proposte lanciato con un flash mob al ministero dell’Istruzione e davanti a più di 50 scuole.

Un coinvolgimento e un’attenzione che possono essere importanti, anche contro Covid-19. “Serve il coinvolgimento di tutti – conclude Pregliasco – perché la pandemia non è finita e dobbiamo convivere con questo virus anche nel futuro”.

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