birra
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Buone notizie per gli appassionati di una delle bevande più antiche e popolari al mondo: la birra, che negli ultimi anni anche in Italia ha visto esplodere il settore artigianale. Una varietà particolarmente ricca di luppolo potrebbe avere benefici per la salute finora insospettati.

A suggerilo è una ricerca tutta italiana, finanziata dal ministero dell’Università e della Ricerca e pubblicata su ACS Chemical Neuroscience. Attenzione, lo studio non è condotto sulla birra ma sulle sostanze chimiche estratte dai fiori di luppolo: possono, almeno in laboratorio, inibire l’aggregazione delle proteine ​​beta amiloidi, associate alla malattia d’Alzheimer.

Si tratta di una malattia neurodegenerativa caratterizzata da perdita di memoria e cambiamenti di personalità,  destinata ad aumentare con l’invecchiamento della popolazione. Con un impatto rilevante sulla spesa sanitaria e sulla qualità della vita.

Parte della difficoltà nel trattamento della malattia è legata al ritardo tra l’inizio dei processi biochimici che portano all’Alzheimer e il manifestarsi dei sintomi, che possono emergere anche ad anni di distanza.

Fiori di luppolo

In pratica, oggi si pensa che un danno irreversibile al sistema nervoso si manifesti prima ancora che ci si renda conto della presenza della malattia. Di conseguenza, le strategie preventive e terapeutiche che possono precedere la comparsa dei sintomi attirano l’attenzione dei ricercatori.

Se le potenziali terapie anti-Alzheimer sul mercato presentano al momento luci e ombre, c’è molta attenzione sui “nutraceutici”, alimenti che hanno proprietà medicinali o nutrizionali. Ebbene, i fiori di luppolo usati per aromatizzare la birra sono stati analizzati come potenziali nutraceutici: studi precedenti suggeriscono infatti che questa infiorescenza potrebbe interferire con l’accumulo di proteine ​​beta amiloidi associate all’Alzheimer.

Il team di Cristina Airoldi, Alessandro Palmioli e colleghi dell’Università di Milano Bicocca, insieme a ricercatori del Mario Negri e dell’Università di Milano, hanno voluto indagare sulle proprietà dei composti chimici presenti nel luppolo.

Per identificare quelli con effetti anti-beta amiloidi, i ricercatori hanno creato e caratterizzato estratti di quattro varietà comuni di luppolo, utilizzando un metodo simile a quello impiegato nella produzione della birra.

Nei test di laboratorio, gli studiosi  hanno scoperto che gli estratti avevano proprietà antiossidanti e potevano impedire alle proteine ​​beta amiloidi di aggregarsi nelle cellule nervose umane.

L’estratto più efficace è quello prodotto a partire dal luppolo Tettnang, che si trova in molti tipi di lager e birre leggere. Quando quell’estratto è stato separato in frazioni, quella contenente un alto livello di polifenoli ha mostrato la più potente attività antibiotica e di inibizione dell’aggregazione. Inoltre l’estratto ha favorito processi che consentono al corpo di eliminare le proteine ​​​​neurotossiche.

A questo punto entra in scena il ‘verme da Nobel’. Il team ha infatti testato l’estratto di Tettnang in un modello di nematode C. elegans (animale di laboratorio protagonista di numerose ricerche che si sono aggiudicate il prestigioso riconoscimento), scoprendo che in effetti proteggeva i vermi dalla paralisi correlata all’Alzheimer.

Insomma, la birra può essere un’alleata contro l’Alzheimer?

I ricercatori sono piuttosto cauti. Sebbene questo lavoro non giustifichi il consumo di birre più amare, spiegano, mostra che i composti del luppolo potrebbero servire come base per nuovi nutraceutici che combattono lo sviluppo dell’Alzheimer.

Chi beve birra non camperà cent’anni, ma questo studio apre nuove prospettive per la ricerca.

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