Con un ‘angelo del cuore’, il cardiologo Antonio Rebuzzi si racconta

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Si intitola non a caso ‘Dalla parte del cuore‘ il nuovo libro di memorie di un celebre medico, Antonio Rebuzzi, docente di Cardiologia all’Università Cattolica di Roma e direttore della Terapia intensiva cardiologica del Policlinico Gemelli.

A raccontare incontri di vita e medicina di Rebuzzi è una figura letteraria, un angelo, chiamato suo malgrado a vegliare sul medico che si è trovato, letteralmente, più volte a maneggiare il cuore altrui. Ma il titolo del libro, in realtà, lo dobbiamo a un celebre paziente (e amico) del dottore dai capelli bianchi: Renato Zero.

“Volevo intitolarlo ‘Fra la vita e morte’ – racconta Rebuzzi a Fortune Italia, alla vigilia dalla presentazione del volume, scritto con Evita Comes, alla manifestazione ‘Più libri più liberi’, in programma alla ‘Nuvola’ di Fucksas – ma Renato mi ha detto che non si poteva mettere la morte nel titolo di un libro: non lo comprerebbe nessuno. Il titolo giusto me lo ha detto lui: ‘Dalla parte del cuore'”.

“Antonio è ‘Mio Amico’ – scrive Renato Zero nella prefazione – Come potrebbe non esserlo? Lo stent che indosso con disinvoltura porta la sua firma. Così come la condivisione di molte delle sue rocambolesche imprese. È così che ci si guadagna la stima e il rispetto”.

Noto al pubblico per i suoi interventi sulla stampa e in tv, Rebuzzi si è spesso trovato “tra la vita e la morte”. Medico autoironico e mai avaro di sorrisi, ha curato negli anni papi, presidenti della Repubblica, politici e celebrità. Ma, con l’eccezione di un paio di storie, nel suo libro racconta più che altro di pazienti normali. “Ragazzi e uomini che ho incontrato nella mia vita, come lo sfasciacarrozze di via Gregorio VII, o Francesco Stefanelli, rimasto in coma a 19 anni per un mese al Gemelli, tanto che avevamo chiesto l’autorizzazione per il trapianto ai genitori, e invece poi si è svegliato”. Una storia da leggere, perché i genitori di Stefanelli persero il lavoro per stare accanto al figlio (ma, come leggerete, non sono stati lasciati soli).

C’è anche la “vicenda triste di Pietro, un ragazzino morto a 15 anni per un incidente in Costiera Amalfitana. Ero in vacanza, mi sono trovato sul posto e ho prestato assistenza, ma poi Pietro è morto in ospedale ad Amalfi”. Un incontro intenso e doloroso, rimasto indelebile nel cuore del medico che aveva provato a salvarlo.

Antonio Rebuzzi

Il libro, abbiamo detto, si snoda con la prospettiva di angioletto, figura di fantasia che avrebbe voluto assistere un acrobata ma si è ritrovato a guidare negli anni un cardiologo ‘di cuore’, nelle sue acrobazie tra terapie intensive e sala operatoria. Iniziate fin dal momento della laurea. “Quello è stato il giorno del mio primo intervento – ricorda con un sorriso Rebuzzi – Mia nonna di 80 anni, unica parente arrivata per tempo alla discussione, era stata invitata sul palco dai professori che volevano congratularsi per il mio 110 e lode. Dopo aver stretto ordinatamente la mano a tutti i professori, elegantissimi in ermellino, la nonna è scesa dal palco ed è svenuta. Ecco, quello è stato il mio primo intervento: cinque minuti dopo la laurea ho soccorso nonna”.

L’angelo è un’invenzione lettararia, ma Rebuzzi ci confida di essersi sempre “sentito come protetto. Oltre alla tecnica ci ho messo sempre il cuore. E, soprattutto quando è andata bene, mi sono sentito protetto dall’alto. Sembra sciocco – conclude il cardiologo – ma penso che questo sia un mestiere che meglio degli altri incarna l’animo del vero cristiano: se non ami il prossimo, lo curi male. L’empatia, oltre alla competenza, è un aspetto fondamentale. Tutto sommato, a un banchiere non è richiesta”.

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