Sanità e nuove ‘pagelle’: solo la Puglia promossa al Sud

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Quando parliamo di sanità in Italia, ci troviamo di fronte a situazioni molto diverse in base alla residenza del paziente. I servizi cambiano non solo da Regione a Regione, ma anche talvolta dal Asl ad Asl. Lo sanno bene i pazienti, che spesso affrontano lunghi viaggi per curarsi lontano da casa. A ‘certificare’ ancora una volta il pesante gap meridionale è una nuova analisi della Fondazione Gimbe sulle “pagelle” del ministero della Salute che valutano la capacità di garantire le cure essenziali a livello regionale.

Ebbene, nel primo anno di Covid-19, il 2020, sono state promosse solo 11 Regioni, e al Sud in questo gruppo virtuoso figura soltanto la Puglia. Il report sottolinea (ma non si tratta di una scoperta) l’esistenza di enormi diseguaglianze in sanità tra Nord e Sud, oltre al pesante impatto della pandemia, che naturalmente non è stato omogeneo. 

Il monitoraggio dei Lea

Ma come si valuta la sanità regionale? La chiave di tutto sta nei cosiddetti Livelli essenziali di assistenza (Lea), che le Regioni devono garantire ai cittadini gratuitamente o attraverso il pagamento di un ticket. La valutazione del ministero di Lungotevere Ripa è “una pagella per i servizi sanitari regionali – puntualizza Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe – che permette di identificare Regioni promosse (adempienti) che accederano alla quota di finanziamento premiale, e quelle bocciate (inadempienti)”.

Le ultime vengono sottoposte ai Piani di rientro, strumento che prevede uno specifico affiancamento da parte del ministero. Sino al 2019 lo strumento di valutazione era la cosiddetta “Griglia Lea”, che dal 2020 è stata sostituita da 22 indicatori del Nuovo Sistema di Garanzia (Nsg), suddivisi in tre aree: prevenzione collettiva e sanità pubblica, assistenza distrettuale ed assistenza ospedaliera.

Per ciascuna area viene assegnato un punteggio tra 0 e 100 e le Regioni vengono considerate adempienti se raggiungono un punteggio pari o superiore a 60 in ciascuna delle tre aree; con un punteggio inferiore a 60 anche in una sola area la Regione viene classificata inadempiente. Nel 2020 il monitoraggio è stato effettuato solo a scopo di valutazione e informazione, senza impatti sulla quota premiale.

L’analisi di Gimbe sul monitoraggio del ministero ha voluto valutare le differenze tra le Regioni del Nord, colpite con violenza dalla prima ondata, e quelle del Sud, di fatto risparmiate grazie al prolungato lockdown.

Promossi, bocciati e prima della classe

Ebbene, tutto sommato e nonostante la pandemia la sanità del Centro-Nord ha retto meglio. Sono 11 le Regioni adempienti: Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Marche, Piemonte, Provincia Autonoma di Trento, Puglia, Toscana, Umbria, Veneto.

Fra le inadempienti: Abruzzo, Liguria, Molise e Sicilia con un punteggio insufficiente in una sola area; Basilicata, Campania, Provincia Autonoma di Bolzano, Sardegna, Valle D’Aosta con un punteggio insufficiente in due aree; la Calabria insufficiente in tutte le tre aree.

Insomma, si confermano “sia il gap Nord-Sud, visto che solo la Puglia si trova tra le 10 Regioni adempienti, sia le condizioni estremamente critiche della sanità in Calabria”, dice Cartabellotta.

Alcune Regioni si collocano in posizioni identiche nelle tre aree (Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio). Viceversa, altre Regioni occupano posizioni molto diverse nelle tre aree. Ad esempio, l’Umbria è in prima posizione per la prevenzione, in dodicesima per l’area distrettuale e in undicesima per quella ospedaliera; la Liguria in settima posizione per l’area distrettuale, in quattordicesima per quella ospedaliera e in diciannovesima per la prevenzione; la Lombardia è in terza posizione per l’area distrettuale, in quinta per quella ospedaliera e in quattordicesima per la prevenzione; la Provincia autonoma di Trento è in prima posizione per l’area ospedaliera, in terza per la prevenzione e in decima per l’area distrettuale.

La classifica

Gimbe ha elaborato una classifica di Regioni e Province autonome sommando i punteggi ottenuti nelle tre aree e riportando i risultati in ordine decrescente suddivisi in quartili. Si “enfatizza ulteriormente il gap Nord-Sud: infatti, nei primi due quartili si trovano 7 Regioni del Nord, 3 del Centro e nessuna del Sud, mentre nell’ultimo quartile, eccetto la Provincia Autonoma di Bolzano, tutte le Regioni sono del Sud”, dice Cartabellotta.

L’impatto di Covid

Rispetto al 2019, nel 2020 i punteggi totali sono peggiorati in tutte le Regioni – con l’eccezione di Provincia Autonoma di Trento e Valle d’Aosta – dimostrando che la pandemia ha rappresentato un forte “stress test” per la sanità italiana. Attenzione però, perchè tra le Regioni che hanno sperimentato una prima ondata molto violenta, il gap 2019-2020 è molto contenuto (<10 punti) per la Provincia Autonoma di Bolzano, Friuli Venezia Giulia, Toscana, Emilia-Romagna; intermedio (10-25 punti) per Veneto e Piemonte; elevato per Lombardia e Liguria (>35 punti).

D’altro canto, 7 delle 11 Regioni con gap superiore a 20 punti si trovano al Sud, di fatto risparmiato dalla prima ondata. “Questi dati confermano che la resilienza alla pandemia dei servizi sanitari regionali e la capacità di erogare le prestazioni essenziali nel 2020 sono state condizionate (in positivo) più dalle performance 2019 che (in negativo) dall’impatto della prima ondata”, dice Cartabellotta.

Quanto all’impatto della pandemia, il gap massimo tra il 2020 e il 2019 si registra nell’area della prevenzione (-263 punti), quindi in quella ospedaliera (-150 punti); al contrario l’area distrettuale nel 2020 fa rilevare un lieve miglioramento (+5 punti). “Il crollo della prevenzione è l’inevitabile conseguenza sia degli esigui investimenti in quest’area, sia del fatto che il personale già limitato in forza ai dipartimenti di prevenzione è stato impiegato in prima linea nella gestione dell’emergenza pandemica”, spiega Cartabellotta.

Alla fine, dunque, non stupisce troppo vedere che a risentire di Covid-19 sono state le Regioni che partivano già ‘arrancando’, nonostante l’impatto in termini di contagi sia stato ben diverso, almeno nel primo anno di pandemia, a livello geografico. La prevezione resta la ‘Cenerentola’ della sanità. E il lavoro di recupero degli screening oggi si trova a fare i conti con la carenza del personale. 

La sanità oggi per Cittadinanzattiva

Considerate le segnalazioni dei cittadini ai servizi di tutela ed informazione e agli sportelli sul territorio di Cittadinanzattiva, oggi la situazione potrebbe essere ulteriormente peggiorata.

“La realtà ci racconta che oggi non esiste soltanto una spaccatura Nord/Sud ma anche fra aree dello stesso territorio e che quelle che in passato venivano identificate come Regioni modello presentano anch’esse importanti criticità o disuguaglianze profonde. Lo dicono ad esempio i dati sulle liste di attesa, fenomeno che ormai interessa gran parte del territorio nazionale”, sottolineano dall’associazione.

“La riforma dell’autonomia differenziata o peggio ancora del “regionalismo asimmetrico” è un provvedimento nato vecchio – dichiara Anna Lisa Mandorino, segretaria generale di Cittadinanzattiva – che non fotografa la complessità della situazione in cui versano i servizi sanitari pubblici sul territorio, ma che sicuramente sarebbe il colpo di grazia per la tenuta del Servizio Sanitario Nazionale”.

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