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Gioca dopo il trapianto, la nuova vita del piccolo Mario/VIDEO

Mario e papà Anduel
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Sono incredibili le immagini del bimbo di 5 anni che gioca col pupazzo dell’amato Super Mario e con il videogame sulla tv dell’ospedale, coccolato da mamma, papà e dalle infermiere.

E’ passato poco più di un mese dall’eccezionale intervento che ha permesso al piccolo Mario – nome di fantasia, legato alla passione del bimbo per questo personaggio coloratissimo dai baffi neri e il cappello rosso – di tornare a respirare grazie al polmone donato da papà Ánduel. La storia ve l’avevamo raccontata, ora continuiamo con il lieto fine: il piccolo paziente si è ripreso ed è stato dimesso il 21 febbraio dall’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, dove in queste settimane era diventato il beniamino di medici e infermieri.

Ieri il suo papà ha incontrato la stampa, rievocando le emozioni vissute in questi mesi, dalla disperazione alla speranza. Una storia di buona sanità e di accoglienza, che ridà   speranza. Oggi “Mario sta bene e gioca: potrà andare a scuola come gli altri bambini e fare una vita come tutti”, ha detto Ánduel, ingegnere albanese di 34 anni, che non ha esitato a donare al figlio parte del suo polmone. “Sono pronto”, ha assicurato subito ai medici che gli proponevano questo particolare trapianto.

La malattia di Mario

Il piccolo Mario è affetto da talassemia, o anemia mediterranea, patologia del sangue che aveva già reso necessario un trapianto di midollo, effettuato in un altro ospedale italiano. La donazione del midollo dal padre ha però generato la cosiddetta malattia da trapianto contro l’ospite. Una grave complicanza che si osserva nei pazienti sottoposti a trapianto allogenico.

In pratica, le cellule trapiantate provenienti dal donatore ‘attaccano’ gli organi e i tessuti del ricevente, che il nuovo sistema immunitario non riesce a riconoscere come propri. Una forma di rigetto che aveva causato al bambino un danno irreversibile alla funzionalità polmonare. Di qui la necessità di trapianto.

Ánduel e Ornela con Colledan
Ánduel e Ornela con il professor Michele Colledan al Papa Giovanni XXIII

La scelta di un padre

“E’ stato il giorno più importante della mia vita”, ha detto ieri a Bergamo il giovane Ánduel, che ha potuto dare due volte la vita al figlio, seduto accanto alla moglie Ornela. L’obiettivo di tornare a fare una vita normale per il piccolo e la sua famiglia è sempre più vicino.

L’arrivo in Italia e la diagnosi a Firenze

Facciamo qualche passo indietro. Nell’estate 2018 Ornela si era trasferita in Italia insieme al suo bambino di un anno. Pochi mesi dopo il loro arrivo, li ha raggiunti Ánduel, che aveva lasciato un lavoro da ingegnere edile in Albania. 

Un anno dopo, i genitori portano Mario all’ospedale Meyer di Firenze per alcuni malesseri, tra cui una febbre alta. Arriva così la diagnosi di talassemia, una patologia del sangue. Dopo due anni di trasfusioni di sangue, l’11 giugno 2021 si rende necessario il trapianto di midollo. A donarlo (anche questa volta) era stato il papà.

Ma, nonostante la buona riuscita del trapianto, si è manifestata la malattia da trapianto contro l’ospite. Gli specialisti del Meyer contattano il Papa Giovanni XXIII di Bergamo per valutare ed eventualmente inserire il bambino in lista per il trapianto di polmone.

Un intervento in prima italiana

Durante la discussione del team multidisciplinare dei trapianti pediatrici, Michele Colledan, direttore del Dipartimento di insufficienza d’organo e trapianti e dell’Unità di Chirurgia generale 3 sottolinea il vantaggio rappresentato da un trapianto con un organo donato dal padre, che avendo donato il midollo ha trasferito la sua immunità al figlio. Questo avrebbe eliminato il rischio di rigetto.

Colledan spiega ai genitori di Mario che trapiantare al bambino, al posto del suo polmone destro, il lobo inferiore del polmone destro del padre, sarebbe stato sufficiente a salvargli la vita con un organo che non sarebbe mai stato rigettato. Un altro vantaggio rispetto alla donazione da deceduto è rappresentato dal fattore tempo, con la possibilità di programmare l’intervento in poche settimane anziché aspettare la chiamata dalla lista d’attesa. I genitori di Mario si dicono immediatamente pronti a fare tutto il necessario pur di salvare la vita al figlio. E parte la ‘macchina’ organizzativa per il trapianto.

Il post-intervento

Subito dopo l’intervento il padre è ricoverato in Terapia intensiva adulti, diretta da Fabrizio Fabretti. Al suo risveglio dalla sedazione  Ánduel chiede subito alla moglie notizie sullo stato di salute del figlio. Trasferito in degenza in Chirurgia 3, viene dimesso dopo circa una settimana.

Mario invece viene ricoverato per due settimane nella Terapia intensiva pediatrica guidata da Ezio Bonanomi. Al suo arrivo in Rianimazione è ancora attaccato al sistema di circolazione extracorporea (Ecmo). Ci resterà per quattro giorni, fino alla ripresa di una buona funzione polmonare. Otto giorni dopo il trapianto, Mario raggiunge l’autonomia respiratoria con sospensione della ventilazione invasiva.

Il bimbo viene poi trasferito in degenza ordinaria il 1 febbraio in Pediatria, nello stesso reparto che lo ha seguito a dicembre. Si trova in ottime condizioni generali e il suo decorso clinico” è molto lineare“. Mario ricomincia le sue normali attività senza bisogno di alcun sostegno respiratorio, grazie al suo nuovo polmone donato dal padre, perfettamente funzionante. I genitori hanno potuto essere presenti in camera ad assistere il bambino per tutto il periodo.

Le dimissioni

Il giorno dell’uscita dall’ospedale è una festa per la famiglia, ma anche per i medici. Mario è diventato il loro beniamino. Resterà per qualche tempo a Bergamo per sottoporsi ai controlli post-trapianto, poi potrà tornare a casa e ricominciare una vita normale.

Quanto al papà, avrà una riduzione del 20% del volume polmonare complessivo. Ma questo, assicurano i medici, gli consentirà non solo di condurre una vita del tutto normale, ma anche di eseguire attività sportiva.

I sanitari dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo e i genitori di Mario

“Desidero rivolgere un pensiero affettuoso al piccolo Mario e alla sua famiglia augurando una vita piena e gioiosa – ha detto Maria Beatrice Stasi, direttore generale Asst Papa Giovanni XXIII – Credo che qui abbiamo fatto una cosa ‘grande’, che gratifica di tanto impegno e sacrifici il nostro personale e mostra nella sua forma più bella la dedizione ai pazienti del nostro Servizio Sanitario”.

“Vedere un bambino tornare a respirare autonomamente dopo un trapianto e vederlo uscire dall’ospedale è ciò che rende il nostro lavoro davvero unico. È significativo che ciò sia avvenuto proprio a Bergamo, a tre anni esatti dallo scoppio di una pandemia che ha tolto il respiro a tanti nostri cari. Quello di Mario – ha aggiunto Fabio Pezzoli, direttore sanitario Asst Papa Giovanni XXIII – è certo un caso particolare, avendo ricevuto un dono speciale da suo padre vivente. Ma la sua storia è la testimonianza di quanto sia importante scegliere di donare i propri organi dopo la morte”.

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