Chi trova un amico trova un tesoro. Ma non basta. Pare proprio che magari, parlando regolarmente con chi è legato a noi da uno stretto rapporto di amicizia, si possa creare un’alchimia psicologica in grado di aiutarci a contrastare lo stress.
Così tra la mindfulness, i vari livelli meditativi, l’attività fisica come valvola di sfogo, ci ritroviamo a scoprire il grande valore della conversazione (ma di valore ovviamente) come strumento strategico per contrastare la tensione emotiva ed il logorio che si sviluppa al lavoro e in famiglia.
Attenzione: questa realtà, dimostrata in un interessante studio apparso su Communication Research, non si traduce nel classico “come ci piace chiacchierare”. Tutt’altro. Mai come in questo caso a contare è la qualità della conversazione, o meglio dell’interlocutore che deve avere un legame molto stretto con chi punta su questa originale terapia anti-stress.
E non conta molto il tempo della somministrazione della discussione. E’ importante piuttosto che attraverso un discorso serio o un motteggio o anche solamente con il pensiero rivolto ad una persona che vale per la nostra esistenza si possa accrescere il livello di felicità, contrastando lo stress.
Conservazione di qualità, quindi. In un rapporto che deve legarci alle persone cui teniamo, senza pensare al tempo della somministrazione di questa “terapia della parola” quanto piuttosto alla sua regolarità.
L’aderenza al trattamento, che dovrebbe essere ripetuto ogni giorno magari cambiando l’interlocutore, appare fondamentale per ottenere i migliori risultati dall’approccio. Lo studio che propone l’elogio della conversazione di qualità è stato condotto da Jeffrey Hall dell’Università del Kansas assieme ad Amanda Holmstrom, Natalie Pennington, Evan Perrault e Daniel Totzkay.
L’obiettivo della ricerca, raggiunto, è stato quello di definire il valore della comunicazione di qualità nell’ambito delle relazioni, attraverso l’analisi di “topics” psicologici che prevedono ovviamente il valore dell’interlocutore in chiave affettiva e poi si concentrano sulle modalità del rapporto, come lo scherzo, l’attenzione all’altro, la capacità di ascolto e di dare effettivo valore alle altrui opinioni.
L’analisi ha preso in esame poco meno di un migliaio di giovani provenienti da diversi campus universitari, sia prima del lockdown per pandemia che durante e ovviamente dopo, con specifica attenzione alle modalità di interazione in queste tipologie comunicative.
I partecipanti hanno eseguito il loro compito di giorno, per poi riferire le percezioni di benessere psicologico, lo stress e lo stato di ansia la sera. Come è emerso da queste analisi? Sostanzialmente che conta poco di cosa si parla o come ci si approccia all’altro.
A essere davvero importante nel donare pace e tranquillità è il rapporto che si ha con l’interlocutore. Secondo gli esperti l’atto stesso di raggiungere intenzionalmente un amico in uno di questi modi era ciò che contava di più. In questo senso, come segnalano nello studio i ricercatori americani, occorre costruire dei percorsi e quasi darsi dei “compiti” per non perdere conversazioni di valore, in senso qualitativo, capaci di offrirci benessere psicologico.
Insomma: anche se nel definire il benessere sociale di un individuo è importante valutare il numero di interazioni e la qualità delle stesse, come potenziali “marcatori” della sfida alla solitudine, bisogna riuscire a puntare di più sul valore dell’interlocutore. Basta anche un breve scambio di opinioni con una persona che rappresenta qualcosa nella nostra vita. magari al di fuori del lavoro.
Meglio, ovviamente, se ci si incontra fisicamente. Ma ci sono valori anche alle teleconferenze, a patto che si riesca davvero a riprendere il filo di un rapporto che aiuti i due interlocutori. Per avere giorni migliori, la conversazione di qualità è la medicina ideale. Da assumere regolarmente. E senza timore di effetti collaterali. L’importante è aprirsi agli altri. E sapere ascoltare.
