Sanità e payback, le novità nel dl bollette

Un contributo statale per il ripiano del superamento del tetto di spesa dei dispositivi medici, ma anche iniziative per fronteggiare la carenza di medici, specie nei pronto soccorso.

Sono diverse le norme sulla sanità contenute nei 22 articoli della bozza del nuovo decreto bollette all’esame del Consiglio dei ministri.

L’intervento sul payback

Il decreto bollette dovrebbe contenere una ‘soluzione’ alla questione del payback per i dispositivi medici. La scadenza per le aziende del settore biomedicale – per saldare un pregresso da circa 2,2 miliardi – era fissata al 30 aprile dal decreto Milleproroghe. Ora la soluzione è quella di  una sorta di corposo ‘sconto’ per le imprese.

Ovvero, secondo quanto reso noto da Confindustria Dispositivi medici, un fondo ad hoc che ammonterebbe a 1,1 miliardi di euro per l’anno 2023. A ciascuna regione e provincia autonoma è assegnata una quota del fondo. Per le aziende fornitrici di dispositivi medici che non rinunciano al contenzioso attivato, tuttavia, resta fermo l’obbligo del versamento della quota integrale a loro carico.

Critiche le imprese

Una soluzione che però non piace alle aziende del settore. “L’intenzione del Governo di fare uno sconto alle imprese sull’ammontare del payback se in cambio queste rinunciano ai ricorsi è una proposta inaccettabile”, ha sostenuto il presidente di Confindustria Dispositivi Medici, Massimiliano Boggetti.

“Il payback deve essere cancellato, altrimenti il problema non troverà mai una soluzione definitiva. Questa misura decreterà la fine del Ssn e dell’attrattività del nostro Paese da parte delle imprese dei dispositivi medici. Per questo abbiamo intenzione di andare avanti con i ricorsi al Tar. Non è togliendo 1,1 miliardi alle aziende, concedendo rateizzazioni o aggiustando la stortura dell’Iva – ha dichiarato Boggetti – che si risolve il problema, soprattutto perché la norma resterebbe attiva per gli anni 2019-2022 e per il futuro”. Il Governo, “a cui riconosciamo di aver preso in carico questo annoso problema e a cui chiediamo un incontro urgente, deve prendere atto che il payback non è uno strumento per contenere i costi, ma per tagliare le prestazioni, scaricando sulle imprese fornitrici oneri e responsabilità che non gli competono”, ha chiosato Boggetti.

La carenza di medici dell’emergenza

Fino al 31 dicembre 2025, in via sperimentale, i medici in formazione specialistica regolarmente iscritti al relativo corso di studi possono assumere, su base volontaria e al di fuori dall’orario dedicato alla formazione, incarichi libero-professionali, anche di collaborazione coordinata e continuativa presso i servizi di emergenza-urgenza ospedalieri del Servizio sanitario nazionale, per un massimo di 8 ore settimanali.

Lo prevede la bozza del decreto sulle bollette, nelle disposizioni in materia di salute. Per queste attività è corrisposto un compenso orario, che integra la remunerazione prevista per la formazione specialistica, pari a 40 euro lordi comprensivi di tutti gli oneri fiscali e previdenziali.

L’attività libero-professionale che i medici in formazione specialistica possono svolgere, si precisa, “è coerente con l’anno di corso di studi superato e con il livello di competenze e di autonomia raggiunto dallo specializzando”. L’attività svolta è valutabile nell’ambito del curriculum professionale nei concorsi per dirigente medico del Servizio sanitario nazionale.

Fino al 31 dicembre 2025, allo scopo di garantire la continuità nell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza e valorizzare l’esperienza professionale acquisita, il personale medico che nel periodo intercorrente tra il 1° gennaio 2013 ed il 30 giugno 2023 abbia maturato, presso i servizi di emergenza-urgenza del Servizio sanitario nazionale, almeno tre anni di servizio, è ammesso a partecipare ai concorsi per l’accesso alla dirigenza medica del Ssn nella disciplina di Medicina e chirurgia d’accettazione e d’urgenza, ancorché non in possesso di alcun diploma di specializzazione.

Sempre al fine di fronteggiare la grave carenza di personale sanitario e socio-sanitario, fino al 31 dicembre 2025 è consentito l’esercizio temporaneo dell’attività lavorativa a coloro che intendono esercitare presso strutture sanitarie o socio sanitarie pubbliche o private o private accreditate, una professione sanitaria in base ad una qualifica professionale conseguita all’estero.

Il commento dei medici

Si tratta di “provvedimenti attesi, che incentivano il lavoro dei medici nei reparti più in crisi, come il Pronto Soccorso, e che dimostrano l’attenzione e la sensibilità del ministro della Salute Orazio Schillaci e dell’intero Governo verso i medici, i professionisti e la sostenibilità del nostro Servizio sanitario nazionale”, ha commentato il presidente della Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, Filippo Anelli.

Per il presidente dei medici “la strada è quella giusta, ma è solo l’inizio: bisogna rendere attrattivo il nostro Ssn, attraverso un intervento di sostegno ai professionisti, in maniera sistemica e globale. È necessario intervenire non solo sul piano economico, ma anche su quello delle condizioni di lavoro, oggi insostenibili e con gravi ricadute sulla salute degli operatori, oltre che sulla loro vita privata e familiare. Una crisi che riguarda il personale di tutti i sistemi sanitari europei, sulla quale la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità, tramite il suo Ufficio europeo è recentemente intervenuta con la Carta di Bucarest. Un primo passo, anche qui, è quello sulla sicurezza e la prevenzione della violenza, che troverebbe spazio nel provvedimento. Occorre però agire a livello più ampio, aumentando gli investimenti, programmando e ampliando le assunzioni, migliorando le condizioni di lavoro”.

La questione dei gettonisti

Per quanto riguarda l’intervento sui “gettonisti” “siamo d’accordo con il ministro: occorrono regole certe e uguale per tutti. Uguali devono essere i limiti di età e le competenze richieste – ha affermato Anelli – Vedrei bene, però, un meccanismo di premialità per chi decide di rimanere nel Servizio sanitario nazionale, più che disincentivi per chi decide di andarsene. Il rischio, infatti, è che alla fine in molti finiscano nelle strutture private, con un effetto boomerang di depauperamento della sanità pubblica. La soluzione – ha concluso – è un intervento straordinario a favore delle professioni sanitarie per rendere attrattivo e sostenere il Servizio sanitario nazionale nella sua globalità e a tutti i livelli”.

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