Utero in affitto, tra norme e diritti dei bambini. L’analisi del bioeticista

feto gravidanza
Aboca banner articolo

Torniamo sul dibattito sull’utero in affitto. Se l’aspetto medico-scientifico della gestazione per altri è complesso, definire intricato quello etico e giuridico è un eufemismo. Perché entrano in gioco i diritti degli adulti all’autodeterminazione del proprio corpo e del desiderio di procreazione, ma anche quelli dei bambini che nascono da donne che non li potranno mai chiamare figli. Bambini che già esistono ma che in molti Paesi, Italia inclusa, sono di fatto di serie B in quanto a diritti.

È il risultato di un vuoto normativo importante, che il governo italiano vorrebbe colmare con la proposta che mira a rendere reato universale la pratica del cosiddetto utero in affitto. Ecco l’analisi di Lorenzo D’Avack, membro del Comitato nazionale di Bioetica, in un’intervista rilasciata a Fortune Italia. D’Avack tiene a precisare come l’opinione qui espressa sia personale.

Professor D’Avack, qual è la prospettiva bioetica e giuridica con la quale possiamo leggere e interpretare la pratica clinica del cosiddetto utero in affitto?

Il problema è molto grosso, soprattutto perché presenta una serie di argomentazioni tanto a favore, quanto contrarie alla surroga. Non posso dare un’indicazione etica oggettiva a favore o contro la surroga, perché ci sono diversi casi che vengono presi in considerazione. Basterebbe pensare a come può concretizzarsi la surroga. La coppia committente che conferisce l’incarico a una donna di portare avanti la gravidanza potrebbe mettere a disposizione entrambi i gameti (cellula uovo e spermatozoi se la coppia è eterosessuale, ndg), o solo l’ovocita a seconda dei casi. Tutto acquisisce significati diversi, anche a seconda che ciò avvenga a titolo gratuito o dietro pagamento di un corrispettivo.

Forse la complessità di questa materia scaturisce dalla ‘domanda delle domande’, cioè se ogni individuo abbia diritto a diventare genitore a prescindere dal proprio orientamento sessuale o dal fatto che viva in coppia o da single. In punta di diritto, in Italia qualsiasi individuo ha diritto di diventare genitore?

Se lei mi domanda per il nostro Paese, la risposta è decisamente di no. Perché la legge 40 prevede una coppia formata da un uomo e una donna, non consente l’omossessualità, condanna la surroga.  E le posso anche dire un’altra cosa. Abbiamo avuto un forte conflitto giuresprudenziale anche rispetto al caso in cui la coppia di cittadini italiani – etero o omosessuali – siano andati all’estero e abbiano realizzato una surroga ammissibile in quel Paese da cui sono nati dei figli. Ci si è chiesti se questi bambini nati e riconosciuti come figli della coppia committente potessero essere registrati come tali anche nel nostro Paese. Sotto questo profilo la giurisprudenza è stata molto oscillante.

Prima del 2014 una serie di sentenze di diversi tribunali – Trento, Venezia, Milano – hanno ritenuto che il bambino nato da una coppia committente così legittimamente riconosciuto all’estero potesse essere registrato anche in Italia. Perché si diceva che è interesse del minore essere registrato anche nel nostro Paese. Le sentenze sottolineavano, anche in modo abbastanza evidente, che non vi era una violazione dell’ordine pubblico.

Poi la situazione è cominciata a cambiare. Sentenze della Corte di Cassazione hanno dato vita a soluzioni negative, sostenendo che la trascrizione non fosse possibile, che questi bambini non potevano essere considerati come figli della coppia committente, richiamandosi soprattutto all’adozione. Cioè al fatto che, una volta in Italia, i bambini potessero essere riconosciuti figli del padre o della madre e poi adottati da parte dell’altro partner. Al contempo le sentenze della Corte Costituzionale si sono preoccupate di sottolineare di come nel nostro Paese l’adozione è in forte ritardo come istituzione, nelle modalità in cui si articola.

Come si vede, rispetto a questo ultimo punto, non sono in grado di dare un’indicazione sul sì o sul no. Le posso dire che in Italia, soprattutto con questo governo, vedo molto difficile la possibilità di una trascrizione, registrazione di un minore nato da una surroga all’estero.

Insomma, ci sono considerevoli vuoti normativi da colmare. Vien da dire in primis nel rispetto dei diritti dei bambini…

Direi due cose. La Comunità europea dice all’Italia che i bambini devono essere registrati, perché non stiamo punendo i genitori andati all’estero per la surroga, ma i bambini che sono nati. E ciò è contrario a tutte le convenzioni che tutelano i minori. E su questo posso essere d’accordo.

Ma le sottopongo anche un altro problema: è etico che venga messo a disposizione il corpo di una donna a favore di un committente? Soprattutto, sappendo benissimo che in diversi Paesi abbiamo una surroga a pagamento che vede le donne mettere al mondo questi bambini, che poi vengono dati alla coppia committente.

Le domando allora: rientra fra i diritti fondamentali l’idea che ci sia il commercio del corpo umano? È proibito. Nessuno può commerciare i propri organi. Anche nel caso si parta dall’idea che ciascuno è proprietario del proprio corpo, gli ordinamenti giuridici generalmente non riconoscono che il corpo possa essere oggetto di commercio.
Dobbiamo pensare che arriviamo anche al commercio del bambino.

Nel momento in cui si stipula il contratto di surroga si prevede che il bambino venga messo al mondo e poi dato alla coppia committente. Ancora una volta ricadiamo in un principio che generalmente non è facile da accettare eticamente. A ciò si aggiunge il fatto che il bambino non ha fatto parte di quello specifico negozio giuridico; non è parte del contratto. Il bambino potrebbe un domani chiedere ‘perché mia madre mi ha ceduto?’ O chiedere con precisione quelle che sono le sue origini.

E ci potremmo fare anche un’altra domanda: siamo sicuri che tutto questo non crei un domani qualche crisi nel bambino nato e poi cresciuto? Per me è difficile rispondere. Alcuni sociologi dicono che non cambia nulla. Altri che non avere un padre e una madre è un grosso problema per un bambino che poi diventerà adulto.

È pur vero che padre e madre sono coloro che crescono ed educano i figli e non per forza chi li ha biologicamente generati. Viene in mente a questo proposito l’adozione. In questo senso ci sarebbero differenze con i figli nati da gestazione per altri?

Sì, ci sarebbe differenza. Le dirò di più. Di fronte alla questione dell’anonimato, pongo un’altra domanda che anche all’interno del Comitato nazionale di Biotetica abbiamo dovuto trattare quando si è posta la questione della fecondazione eterologa: è bene o no che il bambino sappia che la madre o il padre o entrambi non sono i suoi genitori genetici?

Si potrebbe rispondere che ciò ha poca importanza, perché è rilevante che i genitori non genetici lo abbiano allevato ed educato e aiutato nella vita, mentre chi ha donato i gameti non lo ha fatto per una finalità di creare una famiglia, ma per altre ragioni (talvolta economiche). Da questo punto di vista ritengo che l’anonimato non sia una cosa così deprecabile. Naturalmente è necessario sapere chi ha donato i gameti nel caso si necessità mediche future, ma non trovo così indispensabile che il minore sappia che in realtà i genitori genetici sono altri.

Anche se in realtà, correnti di pensiero a tendenza fortemente sociologica e psicologica dicono che questo silenzio sulle proprie origini potrebbe essere molto pericoloso, perché potrebbe darsi che venire a sapere che i genitori non sono quelli genetici potrebbe rappresentare un trauma per il figlio in età adulta. E sarebbe meglio che la realtà venisse comunicata sin dall’inizio. Ecco quante modalità diverse di pensiero abbiamo e sotto un certo aspetto anche di etica…

Tornando alla gestazione per altri, paiono esserci più piani di ragionamento a seconda delle situazioni: il caso in cui la gestante porta avanti la gravidanza grazie ad almeno uno dei due gameti della coppia committente – coppia eterosessuale fertile che non possa portare avanti la gravidanza per problematiche legate all’utero della donna, coppia omogenitoriale femminile in cui l’ovocita può essere di uno dei due partner, ma nessuna delle due voglia o possa essere la gestante, coppia omogenitoriale maschile che deve ricorrere sia a un ovocita che a un utero di terzi – piuttosto che il caso di una gestante che porta avanti la gestazione di un bambino originato da una fecondazione eterologa.

Vien da pensare che in questi casi bisognerebbe fare un distinguo a monte, tra la surroga a pagamento e quella oblativa, che andrebbe a escludere la questione della mercificazione del corpo. Se tutto fosse a titolo gratuito, con al massimo un risarcimento per le spese sanitarie che la gestante deve sostenere durante la gravidanza, la situazione giuridica sarebbe differente.

Lei fa riferimento al modello canadese?

Esatto. O quello che era il modello della Gran Bretagna fino a poco tempo fa, quando prevedeva che la surroga fosse a titolo gratuito, ma non escludeva l’ipotesi che alla gestante venisse riconosciuto un rimborso spese. Anche se furono mosse accuse rispetto a rimborsi così elevati, tanto da sembrare che la donna venisse pagata.

Rispetto alle vicende possibili che lei esponeva prima, si tratta di una serie di casi fortemente diversi tra loro. Un bimbo che vive con due padri o due madri è felice o no? Sono convinto che troveremmo casi in cui è felicissimo e casi in cui potrebbero esserci contestazioni future.

Potremmo affermare che lo stesso vale per i figli di coppie con mamma e papà. Tanti felici e tanti casi di cronaca di abusi e maltrattamenti. C’è differenza?

Le rispondo con un’altra domanda: oggi possiamo parlare di famiglia come facevamo negli anni Ottanta? Direi di no. La famiglia secondo i criteri di un tempo ho impressione non esista più. Anche i vari ordinamenti giuridici, pur limitandomi a guardare a quello europeo, ci dicono che in fin dei conti ciò di cui bisogna tenere conto è soprattutto l’interesse del minore.

Però voglio anche richiamare l’attenzione su una cosa che spesso viene detta con grande semplicità: l’interesse del minore. Facciamo di questo interesse un uso enorme in tante situazioni. Da più di una sentenza, anche italiana, e dalla Comunità europea ci viene detto che il bambino deve essere registrato come figlio della coppia committente, nell’interesse del minore. Ma se andiamo a vedere l’interesse del minore… beh, insomma, devo dire che è una delle cose più difficili che incontriamo, quando dobbiamo definirlo in modo oggettivo.

Vorrei porle due ultime domande in chiusura della nostra intervista. La proposta di legge del governo Meloni di dichiarare l’utero in affitto un crimine internazionale, secondo lei ha un senso o bisogna fare un distinguo a seconda del fatto che ciò avvenga a titolo gratuito piuttosto che dietro remunerazione? Come risolviamo il problema di normare la situazione esistente dei bambini già nati attraverso l’utero in affitto?

La normativa è molto complessa. Il nostro Legislatore non è tanto brillante nel risolvere problematiche attraverso un sistema normativo. Qualora ci dovesse essere una forma di surroga oblativa, senza mercificazione del corpo della donna, qualche vantaggio ci sarebbe. Per il nascituro rimarrebbero i problemi di cui abbiamo parlato prima. Fatto salvo che gli si dirà che la donna che lo ha portato in grembo ha fatto un atto di generosità. Mi parrebbe un quadro più accettabile.

Credo che una regolamentazione della situazione già esistente debba esserci e che debba essere il più possibile di tipo internazionale. Il Parlamento europeo, nel momento in cui ipotizza un passaporto per i minori nati da gestazione per altri, fa già un posso avanti.

ABBIAMO UN'OFFERTA PER TE

€2 per 1 mese di Fortune

Oltre 100 articoli in anteprima di business ed economia ogni mese

Approfittane ora per ottenere in esclusiva:

Fortune è un marchio Fortune Media IP Limited usato sotto licenza.