Morire al lavoro: l’aggressione di Pisa e l’emergenza nazionale

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Sembra un film già visto, dove essere donna e psichiatra moltiplica i rischi. Ma quella della violenza nei confronti di medici e operatori sanitari appare, ormai, “un’emergenza nazionale“. A dieci anni dall’aggressione che è costata la vita a Paola Labriola, uccisa da un utente nel servizio territoriale di Bari dove lavorava, la psichiatria assiste alla perdita di un’altra professionista sul luogo di lavoro. Ora è la volta di Barbara Capovani. 

“La violenza è sempre una sconfitta, non solo per chi la subisce ma per l’intera società”, ha affermato il presidente della Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici, Filippo Anelli, intervenendo a ‘Unomattina’ sull’assassinio a Pisa della psichiatra.

Un’emergenza nazionale

“E’ un’emergenza nazionale: gli episodi sono sempre più numerosi – ha ribadito Anelli a Fortune Italia – E il numero di colleghe ammazzate sta diventando inaccettabile”. L’Osservatorio sulla violenza “ha rilevato un aumento degli episodi nell’ultimo anni, ma credo che il problea non sia più assistenziale. Occorre fare qualcosa di più. Il ministro Piantedosi aveva fatto una prima mappa di ospedali a rischio, prevedendo dei presidi di pubblica sicurezza, Schillaci ha modificato la legge 113 prevedendo la procedibilità anche per uno schiaffo, ma questo non è riuscito a fermare la violenza”.

“Occorre considerare questa situazione come emergenziale e ragionare su misure concrete“, ha detto Anelli. Convinto che sia arrivato il tempo di “aumentare il personale, perché la struttura organizzativa della sanità oggi non è in grado di garantire il dialogo con i cittadini che sarebbe necessario. Occorre agire al più presto, perchè se non abbiamo gli operatori, la pressione che si ha sulle strutture per ottenere le prestazioni talvolta degenera in rabbia. E dalla rabbia alla violenza il passo è molto breve”. 

Serve una riforma

“Abbiamo una legge che oggi, grazie agli ultimi interventi di questo Governo, porta alla procedibilità d’ufficio anche se la violenza è lieve. Ma persistono problemi di carattere culturale e organizzativo – ha detto ancora Anelli – Non abbiamo il tempo per parlare con i malati. La legge del 2017 che indica la comunicazione come tempo di cura non è realizzabile, per la carenza di personale, per il numero esiguo delle figure professionali. C’è la necessità di una riforma”.

Quella della violenza contro gli operatori sanitari è insomma secondo Anelli ormai una “emergenza nazionale. Chiediamo al Governo di risolverla, così come è stato bravo e veloce a risolvere altre emergenze. Nella polizia si individui un settore specifico dedicato a proteggere gli operatori sanitari. Il 55% dei colleghi riferisce di aver subito violenza, e il 48% pensa sia normale. Il ministro avvii soluzioni, ivi compreso l’aumento di personale e la presenza di mediatori culturali nei pronto soccorso, perché a volte il dolore obnubila la mente”.

Psichiatria in lutto

“Vogliamo qui esprimere il nostro cordoglio ai familiari della dottoressa anche a nome di tutti gli operatori della salute mentale che, in tutta Italia, attraverso le reti formali e informali, hanno condiviso il dolore per questa tragedia, e che non deve rimanere inascoltato”, hanno affermato Emi Bondi, presidente Società Italiana di Psichiatria e Liliana Dell’Osso, presidente eletta Sip. “Non dobbiamo assuefarci a eventi di questo tipo e considerare l’aggressione nei confronti del personale sanitario come un ineluttabile dato di fatto”.

La Società Italiana di Psichiatria chiede dunque un incontro urgente al ministro della Salute, Orazio Schillaci, “perché gli intenti comuni non si esauriscano nella commemorazione del fatto di cronaca lasciandoci inermi di fronte al dolore e per iniziare una collaborazione proficua. Nel frattempo, fino al primo di maggio medici e operatori dei dipartimenti di salute mentale, delle Università e di tutte le strutture psichiatriche, porteranno al braccio, durante il servizio, un nastro nero in segno di lutto.

Prevenire gli atti di violenza nei confronti degli operatori sanitari in psichiatria “deve divenire un altro degli obiettivi principali e urgenti dell’agenda, per ridurre le condizioni di rischio attraverso protocolli operativi integrati con le forze dell’ordine e il sistema delle emergenze-urgenze. Occorre intraprendere iniziative di informazione e formazione, e sensibilizzare le aziende sanitarie ad adottare protocolli di sicurezza specifici per ogni situazione di rischio”, sottolineano i vertici della Sip.

Depenalizzare l’atto medico

Anche le Società scientifiche della Medicina Interna Fadoi e Simi, insieme alla Società scientifica della Medicina di Emergenza-Urgenza (Simeu) “esprimono il dolore e la rabbia per l’ennesima vittima delle aggressioni a medici e infermieri e si uniscono al dolore dei familiari e dei colleghi di Barbara Capovani”.

“Facciamo un lavoro a rischio senza tutele né garanzie. Siamo esposti ormai quotidianamente, quasi fosse una terrificante normalità, a episodi di violenza e a proteste ingiustificate con un rischio maggiore di essere bersagliati per malasanità piuttosto che protetti dalla giustizia. Una situazione paradossale che ormai tutte le professioni sanitarie denunciano da anni e che non può più essere tollerata”.

“Chiediamo ancora una volta garanzie vere per gli operatori sanitari e una depenalizzazione dell’atto medico. E in questo senso, come società scientifiche, desideriamo lanciare questo appello affinché si adottino da subito questi provvedimenti confidando nell’adesione delle altre società scientifiche cui chiediamo di aderire a questa battaglia per comporre finalmente un forte e compatto fronte comune – concludono Fadoi, Simi e Simeu – per tutelare tutti gli operatori sanitari”.

Una fiaccolata a Pisa

Intanto le organizzazioni sindacali dei medici, dirigenti sanitari e veterinari insieme alla Fnomceo annunciano una fiaccolata mercoledì 3 maggio a Pisa alle ore 20.00 in Piazza Vittorio Emanuele II.

La morte di “Barbara Capovani ci lascia sgomenti, non si può morire di lavoro, non si può morire al lavoro. Ora è il momento di un assordante silenzio, verrà il momento di urlare al mondo la nostra indignazione. Ora è il momento del rispetto, per Barbara Capovani e per la sua famiglia. Per tutte le vittime di un lavoro che è diventato troppo duro, troppo pericoloso, troppo opprimente”, scrive l’Intersindacale ospedalieri.

“Noi saremo alla fiaccolata – ha confermato Anelli – e inviterò tutti i presidenti degli Ordini ad aderire e ad essere solidali con i colleghi”.

“Cammineremo in silenzio – scrivono i sindacati medici – tenendo accesa quella fiaccola simbolo della speranza, per un servizio di cure che oggi più che mai è al lumicino. Invitiamo tutti, svestendosi di cariche, appartenenze, etichette, ruoli sociali, ad accendere il lume della speranza, invitiamo tutti a partecipare silenziosi a questo profondo dolore”. Un dolore che, è la speranza degli operatori, inneschi una reazione. In grado di fermare, finalmente, questa spirale di violenza.

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