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Salute, l’importanza di lavarsi le mani

lavaggio mani
Gilead

Facile come bere un bicchier d’acqua: questa volta parliamo di igiene delle mani. Un accorgimento che, nel corso dei secoli, ha fatto la differenza per la nostra salute. Ce lo ha insegnato un medico ungherese, Ignáz Semmelweis: a metà dell’Ottocento capì che il lavaggio delle mani poteva prevenire la morte per scarsa igiene delle neomamme dopo il parto. Ma lo abbiamo visto chiaramente anche con la pandemia da Covid-19.

L’indagine

In piena emergenza Sars-Cov-2 era scattata la caccia al gel anti-virus. Adesso che la situazione è tornata alla normalità, per quasi due italiani su tre (65%) lavarsi le mani è divenuto più importante. A testimoniarlo è una ricerca che ha coinvolto 400 persone, svolta dall’Osservatorio Opinion Leader 4 Future. Un progetto nato dalla collaborazione tra Gruppo Credem e l’Alta Scuola in Media Comunicazione e Spettacolo (Almed) dell’Università Cattolica.

I risultati dell’indagine sono stati presentati in occasione della Giornata di sensibilizzazione sull’igiene delle mani. Vediamoli.

L’impatto della pandemia

In questi anni la paura del contagio ha modificato le abitudini degli italiani: il 65% degli intervistati, infatti, con la pandemia ha iniziato a dare più importanza all’igiene delle mani e il 55% ha affermato di lavarsele più spesso.

La frequenza giornaliera del lavaggio delle mani è mediamente di 6,5 volte al dì, il 37% lo fa tra 4-7 volte al giorno e il 24% almeno 3 volte al giorno. Inoltre, quasi un italiano su cinque (19%) lava le mani oltre 10 volte al giorno.

Una pratica più diffusa tra le donne (6,9 volte al giorno) rispetto agli uomini (6 volte al giorno). Inoltre i giovani sono tra i più attenti all’igiene delle mani: se le lavano in media 6,8 volte al dì tra 18 e 44 anni (6,4 volte al dì tra i 45-64 e 6 volte al dì gli over 64).

Tra sapone e gel

Qanto alla sostanza scelta per la deterione, il sapone è utilizzato dal 99% degli intervistati, con una predilezione per quello liquido (87%) rispetto alla classica saponetta (32%). L’utilizzo di gel e salviette risulta meno frequente: il 29% degli intervistati usa gel igienizzante e il 7% le salviette.

I rischi

Per il 50% delle persone coinvolte nell’indagine il rischio maggiore di una cattiva igiene delle mani è la possibile trasmissione di germi da una parte sporca del corpo a una parte pulita, per il 40% il maggiore pericolo è il passaggio di germi a soggetti fragili.

Dall’indagine, condotta dai ricercatori dell’Università Cattolica e dall’istituto Bilendi e in collaborazione con gli specialisti della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs è emerso anche che solo il 13% delle persone è a conoscenza dell’esistenza di una Giornata mondiale dedicata all’igiene mani e appena metà del campione ripone attenzione anche all’igiene delle unghie quando si lava le mani.

Inoltre, il 63% reputa lo smartphone come possibile veicolo di trasmissione di germi, ma solo il 18% si lava le mani dopo il suo utilizzo e meno della metà degli intervistati (il 40%) disinfetta il proprio smartphone con prodotti specifici.

L’igiene delle mani in ospedale e il ‘salvatore delle puerpere’

Torniamo ora alla storia di Ignaz Semmelweis e della sua intuizione. Il medico, come ci ricorda un approfondimento della Fondazione Veronesi, lavorava presso un ospedale di Vienna in ostetricia e notò che in un padiglione, gestito da medici, moltissime donne morivano dopo il parto di sepsi o febbre puerperale (l’11% circa) mentre in un altro, dove ad aiutare le donne a partorire erano solo ostetriche, i decessi erano appena l’1%.

Germi, virus e batteri erano ancora sconosiuti. A illuminare il medico fu l’autopsia su un suo caro amico e collega, morto dopo una breve malattia: nel suo corpo Semmelweis trovò le stesse lesioni che si trovavano nelle salme delle puerpere che i medici dell’ospedale dissezionavano come ricerca e prassi normale. Pochi giorni prima, l’amico si era ferito mentre eseguiva un’autopsia su una neo-mamma. Ecco allora che cosa lo aveva ucciso. Accadeva infatti che medici e studenti passassero direttamente nelle sale parto dopo aver eseguito autopsie e nessuno – anche se oggi questo ci sembra molto strano – pensava di doversi lavare le mani tra un impegno e l’altro.

Così il dottore ungherese dispose che colleghi e studenti si disinfettassero le mani con cloruro di calcio prima di entrare in sala parto. Le morti per sepsi crollarono: in un anno anche il padiglione dei medici ostetrici si attestò sull’1% di decessi.

Un successo, pensereste. Ma così non fu: Semmelweis finì la sua vita in manicomio e ci  vollero quarant’anni  – oltre ai lavori di Pasteur sulla contaminazione batterica – perché la sua intuizione venisse accettata e applicata. Salvando vite umane.

Oggi si stima che l’igiene delle mani, se eseguita regolarmente e correttamente – prima e dopo ogni contatto con un paziente, meglio se usando un gel alcolico che è più efficace di un normale detergente – riduca le infezioni ospedaliere mediamente dal 10% al 50%.

Il messaggio per la Giornata

Ecco allora che quest’anno il messaggio dell’Organizzazione mondiale della sanità è “Salva vite. Igienizza le mani”, per mantenere alta l’attenzione sull’igiene delle mani, soprattutto negli ambienti di assistenza e cura. La lezione di Ignaz Semmelweis merita, evidentemente, di essere ricordata. Non solo dai cittadini, ma anche dagli operatori sanitari: acqua e sapone (o detergente ad hoc) possono fare la differenza.

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