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Questione di naso: l’eredità dei Neanderthal

Gilead

L’eredità lasciataci dai Neanderthal è molto più ricca e complessa di quanto noi Sapiens avessimo sospettato. Dopo dettagli chiave, come la risposta ad alcuni virus o la propensione a contrarre alcune patologie, scopriamo altri lasciti che ci arrivano da questo ominide che visse nel Paleolitico medio.

In particolare, abbiamo (almeno alcuni di noi) ereditato dai Neanderthal il materiale genetico che influenza la forma del naso. Una scoperta che, come spiega a Fortune Italia il genetista Giuseppe Novelli, potrà avere interessanti ricadute.

A patata o alla francese

Aquilino, greco, nubiano, all’insù, a patata: il naso è un elemento caratteristico del viso umano che può avere molte forme. Ebbene, secondo uno studio pubblicato dai ricercatori dell’University College London su Communications Biology, in alcuni casi le sue caratteristiche sono legate ai Neanderthal. 

La chiave è in un particolare gene, che porta ad avere un naso più alto e che potrebbe essere stato il prodotto della selezione naturale, quando gli antichi esseri umani si sono adattati ai climi più freddi dopo aver lasciato l’Africa.

Teschi e cavità nasali a confronto/ CREDIT Dr Kaustubh Adhikari, UCL

“Negli ultimi 15 anni, da quando il genoma di Neanderthal è stato sequenziato, siamo stati in grado di apprendere che i nostri antenati apparentemente si sono incrociati con i Neanderthal, lasciandoci con piccoli frammenti del loro Dna – ha commentato  l’autore corrispondente Kaustubh Adhikari dell’UCL Genetics – Con questo lavoro scopriamo che parte del Dna ereditato dai Neanderthal influenza la forma dei nostri volti”. Un tratto che “avrebbe potuto essere utile ai nostri antenati, poiché è stato tramandato per migliaia di generazioni”.

Lo studio dei geni e le forme del naso

Nell’analisi il team ha utilizzato i dati di oltre 6.000 volontari in tutta l’America Latina, di origine mista: europea, nativa americana e africana, che fanno parte dello studio Candela condotto dall’UCL, provenienti da Brasile, Colombia, Cile, Messico e Perù.

I ricercatori hanno confrontato le informazioni genetiche dei soggetti con le fotografie dei loro volti, osservando in particolare le distanze tra elementi come la punta del naso o il bordo delle labbra, per vedere come i diversi tratti del viso fossero associati alla presenza di diversi marcatori genetici.

Di recente i ricercatori hanno identificato 33 regioni del genoma associate alla forma del viso. Nel caso di una regione particolare, chiamata ATF3, i ricercatori hanno scoperto che molte persone nel loro studio con ascendenza legata ai nativi americani (così come altre con ascendenza dell’Asia orientale) avevano questo gene ereditato dai Neanderthal, che contribuiva all’aumento dell’altezza del naso. Hanno anche scoperto che questa regione genetica presenta segni di selezione naturale, suggerendo che questa caratteristica ha conferito un vantaggio ai ‘portatori’.

Il naso e le sue funzioni

Con buona pace di Cyrano de Bergerac o del Petrarca, che nel Canzoniere descrive la sua Laura ‘glissando’ su questa parte anatomica (come racconta ‘Il naso di Laura: lingua e poesia lirica nella tradizione del classicismo’ di Amedeo Quondam), il naso non ha solo una funzione estetica. L’aria entra attraverso le narici nelle fosse nasali, dove viene riscaldata, umidificata e depurata prima di arrivare ai polmoni. Nel frattempo la parete superiore che riveste le due fosse nasali intercetta i segnali olfattivi, che vengono trasmessi al cervello.

“È stato a lungo ipotizzato che la forma del nostro naso sia determinata dalla selezione naturale, poiché può aiutarci a regolare la temperatura e l’umidità dell’aria che respiriamo – ha commentato Qing Li della Fudan University – Nasi di forma diversa potrebbero essere più adatti ai diversi climi in cui vivevano i nostri antenati. Il gene che abbiamo identificato qui potrebbe essere stato ereditato dai Neanderthal per aiutare gli esseri umani adattarsi ai climi più freddi, quando i nostri antenati si sono trasferiti dall’Africa”.

“La maggior parte degli studi genetici sulla diversità umana – ha aggiunto Andres Ruiz-Linares della Fudan University e dell’UCL Genetics – ha esaminato i geni degli europei; il campione eterogeneo di partecipanti latinoamericani del nostro studio amplia la portata dei risultati degli studi, aiutandoci a comprendere meglio la genetica di tutti gli esseri umani”.

Quello del naso non è un caso unico: lo stesso team ha scoperto – in un articolo del 2021 – che un gene che influenza la forma delle labbra è stato ereditato dagli antichi Denisoviani. Insomma, la storia dei volti moderni è molto, molto più antica di quanto pensiamo.

L’analisi del genetista

“Il volto umano è straordinariamente variabile e l’estrema somiglianza dei volti dei gemelli identici indica che la maggior parte di questa variabilità è geneticamente determinata”, dice a Fortune Italia il genetista Giuseppe Novelli dell’Università Tor Vergata di Roma.

“L’idea di identificare i geni che determinano le caratteristiche facciali degli umani è definita “fenotipizzazione” del Dna, ed è importante nel caso delle vittime di disastri (DVI), in cui l’identificazione facciale di individui deceduti è difficile a causa dei cambiamenti indotti dalla decomposizione nella pelle, nel colore degli occhi e in altri fattori ambientali. Tali disastri comuni includono tsunami e uragani. Inoltre, questo tipo di previsione facciale è vitale nei casi in cui le ricerche nei database del Dna e delle impronte digitali e l’utilizzo di indizi sulla scena del crimine sono state esaurite senza identificazione”.

Man mano che la tecnologia avanza e la sua affidabilità cresce “sarà possibile fornire un supporto aggiuntivo ai tradizionali metodi di profilazione del Dna: non solo alla genetica forense ma anche, ad esempio, alla genetica clinica come nel riconoscimento delle sindromi craniofacciali. Pertanto l’identificazione di geni come l’ATF3 che gli autori hanno studiato e caratterizzato come gene ancestrale e diversificato durante l’evoluzione è importante – sottolinea Novelli – perché dimostra come un gene che produce un fattore di trascrizione, agisca nella strutturazione del naso probabilmente attraverso il processo di regolazione della morte cellulare programmata, attraverso la ferroptosi”.

Ma non solo: “Questo studio dimostra anche come sia necessario studiare tutte le popolazioni, soprattutto quelle poco rappresentate nelle banche dati disponibili (che sono oggi rappresentative soprattutto delle popolazioni europee)”. Il fatto è che proprio la scarsa variabilità rende le bance dati attuali “poco utili per scoprire l’effetto della variazioni rare”.

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