Soffriva di depressione ma aveva un verme vivo nel cervello

verme/Foto Ansa

Quando la realtà supera la fantasia. Sembra incredibile la storia della donna australiana che soffriva da tempo di febbre, depressione e problemi di memoria ma in realtà ospitava un verme lungo 8 cm ancora vivo nel cervello.

A descrivere la sua storia, che dal numero di settembre della rivista ‘Emerging Infectious Diseases’ ha fatto rapidamente il giro del mondo, è stata la neurochirurga Hari Priya Bandi dell’ospedale di Canberra (Australia), insieme a colleghi dell’Australian National University.

La storia

La vicenda risale a un anno fa. Protagonista una donna di 64 anni del Nuovo Galles del Sud, che negli ultimi giorni del gennaio 2021 era finita in ospedale, dopo aver sofferto per tre settimane di dolori addominali, tosse secca costante, febbre e sudorazione notturna, evoluti in problemi di memoria e depressione. Dopo mesi di esami, ipotesi e trattamenti non risolutivi, la paziente è stata sottoposta a risonanza magnetica cerebrale. L’esame ha rivelato una lesione (definita ‘atipica’ dai medici) nel lobo frontale destro.

A svelare la causa dei problemi di salute della paziente è stata la successiva biopsia. “Abbiamo fatto la diagnosi dopo che un nematode vivo è stato rimosso dal cervello” della donna, “immunodepressa per una sindrome ipereosinofila diagnosticata 12 mesi prima”, scrivono i medici. “Il neurochirurgo certamente non pensava di trovare un verme che si dimenava”, ha detto alla Bbc Sanjaya Senanayake, medico di malattie infettive della struttura illustrando la vicenda.

L’esame al cervello e il verme rimosso. Credit Image: © Cover Images via ZUMA

Il verme

Il verme rossiccio, ancora vivo, è stato analizzato e identificato: si trattava di un Ophidascaris robertsi, un nematode che si trova solitamente nei pitoni. Stando ai sanitari potrebbe essere rimasto nel cervello della paziente per un paio di mesi. Ma come ci è arrivato?

La donna, hanno spiegato i medici, vive nei pressi di un lago, in una zona abitata da questi rettili, e nonostante non avesse avuto contatti diretti con i pitoni, era solita raccogliere erbe dalle rive del lago per usarle in cucina. “Abbiamo ipotizzato che avesse inavvertitamente consumato uova di O. robertsi direttamente perché presenti sulla vegetazione, o indirettamente attraverso la contaminazione delle mani o dell’attrezzatura da cucina”, scrivono i ricercatori, convinti che questo sia il primo caso registrato al mondo di un verme cresciuto nel cervello umano. La paziente, dopo la rimozione del parassita, è stata trattata con degli antiparassitari per eliminare eventuali altre larve e ora si sta riprendendo bene.

Come il Dottor House

“Sembra un episodio del Dr. House”, ha detto Mehrab Hossain, un medico specializzato in malattie infettive dell’ospedale di Canberra, in un’intervista al Washington Post.

Gli esseri umani possono essere infettati da alcuni tipi di nematodi, ma il parassita trovato nel cervello della donna risiede tipicamente nello stomaco dei pitoni tappeto (Morelia spilota), che sono comuni in Australia. Le uova del parassita finiscono nelle feci dei serpenti e vengono ingerite da piccoli mammiferi come i ratti, dove diventano  larve prima di ‘rientrare’ nel serpente che mangia il mammifero.

“Il primo caso al mondo” di questo tipo “ha evidenziato il pericolo di malattie e infezioni trasmesse dagli animali all’uomo, soprattutto quando questi iniziano a vivere più a stretto contatto e gli habitat si sovrappongono maggiormente”, ha detto ancora Senanayake.

“Negli ultimi trenta anni ci sono state circa trenta nuove infezioni nel mondo – ha continuato l’esperta – Delle infezioni emergenti a livello globale, circa il 75% è di tipo zoonotico, ovvero si è verificata una trasmissione dal mondo animale a quello umano”.

L’analisi del neurologo

“Un caso come quello australiano – racconta a Fortune Italia Paolo Maria Rossini, responsabile del Dipartimento di Scienze neurologiche e riabilitative dell’Irccs San Raffaele Roma – non mi è mai capitato e difficilmente potrà mai capitare nella regione europea, dove quel tipo di infestazione parassitaria è stata riscontrata solo ed esclusivamente in animali ed è reperibile nella letteratura scientifica veterinaria. L’infezione è probabilmente in questo caso specifico di tipo orofecale, cioè il parassita eliminato dalle feci di un altro animale viene assunto per bocca attraverso per esempio verdure lavate poco e male e poi dall’apparato digerente, tramite il flusso del sangue raggiunge il cervello”.

I parassiti e il corpo umano

“Esistono molti tipi di parassiti che possono introdursi nel corpo umano. Tra i vermi – continua Rossini – si annoverano i nematodi, come gli anchilostomi, e i platelminti, come le tenie e i trematodi. Alcuni parassiti sono comuni negli Stati Uniti e in altri Paesi industrializzati, ad esempio gli ossiuri e i protozoi che causano la tricomoniasi (un’infezione a trasmissione sessuale), la toxoplasmosi e infezioni intestinali quali la giardiasi e la criptosporidiosi. Altri parassiti, come gli anchilostomi, penetrano attraverso la pelle della pianta dei piedi quando si cammina scalzi su un terreno contaminato”.

Altri ancora, come gli schistosomi, che sono trematodi, “penetrano attraverso la pelle quando si nuota o ci si immerge in acque che contengono questi parassiti. Un caso particolare riguarda l’Acanthocystis turfacea chlorella virus 1, detto più semplicemente, ATCV-1, che riesce a stabilirsi nelle mucose del naso provocando deficit cognitivi e motori – continua il neurologo -Il Trypanosoma brucei gambiense, diffuso soprattutto in Africa sub-sahariana, può invece provocare la cosiddetta malattia del sonno, tripanosomiasi africana umana, che può avere un andamento cronico per anni”.

“Pericolosissima la Naegleria fowleri, un protista che provoca un’infezione in grado di raggiungere il cervello scatenando una meningoencefalite amebica primaria fulminante, spesso mortale”.

I sintomi neurologici

I sintomi neurologici, e in particolare la depressione, che hanno colpito la paziente australiana “sono spiegabili per l’area di cervello coinvolta – dice Rossini – e cioè il lobo frontale e l’area orbito-frontale (la zona di cervello subito sopra i nervi ottici). Quest’area, infatti, regola il tono dell’umore e delle emozioni. La donna australiana era anche già in parte immunodepressa per cui il suo organismo non ha reagito più di tanto all’ingresso di un ‘corpo estraneo’, come avrebbe fatto un organismo sano”.

Quanto alla sopravvivenza del verme nell’organismo, “nel flusso sanguigno i parassiti recuperano le sostanze nutrienti necessarie al loro mantenimento e, in alcuni casi, alla loro riproduzione”, conclude il neurologo.

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