Paurosi, emozionanti, ricorrenti: per gli antichi greci i sogni erano figli di Ipno, il dio del Sonno (e della Notte). Il più celebre dio dei sogni è Morfeo, che insieme a Fobetore e Fantaso animava le notti dei sognatori. Oggi i sogni sono più che altro materia per neuroscienziati, ma restano un argomento affascinante e in parte misterioso.
Nella Giornata mondiale dei sogni, il World Dream Day – quest’anno il motto è ‘Cultivate Dreams’ – Fortune Italia ne ha parlato con Claudio Mencacci, direttore emerito di Neuroscienze all’Asst Fatebenefratelli-Sacco di Milano e co-presidente della Società italiana di neuropsicofarmacologia. “Per gli antichi greci i sogni erano figli del Sonno. Per Calderón de la Barca la vita è sogno, ma a tutt’oggi non sappiamo a cosa servano i sogni. Domandarselo e chiarirlo è uno dei compiti delle neuroscenze. Oggi siamo giunti alla conclusione che si tratta di una proprietà intrinseca del cervello di produrre attività cognitive. Il cervello non dorme mai, tanto che produce anche durante il sonno”, spiega Mencacci.
Cosa sono allora i sogni per la nostra psiche?
C’è un’idea vecchia che riguarda i sogni, che in qualche modo essi rappresentino le cose che ci portiamo sconosciute dentro di noi, che siano un segno premonitore del futuro, un messaggio. La ricerca più recente ci dice che la funzione del sogno fondamentalmente è quella di svolgere una sorta di reset: come un cestino in cui buttiamo l’accumulo dei prodotti di scarto del nostro metabolismo cerebrale. Una funzione indispensabile, perché ci permette il miglior funzionamento delle nostre attività cognitive, soprattutto in termini di memorizzazione e di capacità attentive.
Quando si sogna?
Una volta pensavamo che a fare la differenza fossero le fasi del sonno: Rem e non Rem. Oggi sappiamo che si sogna durante quasi tutto il periodo del riposo, senza ricordarlo. Ma se si sogna durante la fase Rem la probabilità di ricordare è più elevata, mentre nelle fasi non Rem è decisamente più bassa.
Sogniamo tutti, anche chi non ricorda mai nulla?
Assolutamente sì, con l’eccezione di quanti hanno una rarissima patologia: si tratta dell rarissima sindrome Charcot-Wilbrand, pazienti colpiti dalla lesione di una parte della corteccia visiva (giro fusiforme inferiore). Tutto il resto della popolazione sogna perchè in questa fase si svolge, come detto, una funzione indispensabile per il cervello.
Come cantava Cenerentola, i “sogni son desideri”?
In realtà proprio come quando cerchiamo nel cestino qualcosa che è stata messa via, nei sogni abbiamo l’opportunità di trovare indicazioni, segnali, opportunità di riflessione che possono tornarci utili nella nostra vita, oppure per meglio conoscere quali sono le emozioni più profonde che certe situazioni ci suscitano.
Ma allora i sogni ci preparano a situazioni che potremmo trovarci ad affrontare nella vita reale?
Soprattutto i sogni vividi, quelli che comportano emozioni molto forti o con caratteristiche tali da darci indizi su come rispondere a particolari situazioni, lascerebbero pensare che questa possa essere una funzione dei sogni. Ma a tutt’oggi non sappiamo fino in fondo perchè dormiamo e perchè sogniamo.
Sappiamo che si tratta di un fattore evolutivo: la nostra specie si sta evolvendo con questa caratteristica. Ma sta anche andando incontro a un periodo in cui i nostri giovani dormono sempre di meno. E non sappiamo quali saranno le conseguenze di tutto ciò, anche perché sappiamo che sonno e sogno sono due grandi ‘protettori’ delle funzioni del nostro cervello e sono la più grande barriera contro l’insorgenza di malattie mentali.
Lei è un sognatore professore?
Sono un ottimista. E penso che dobbiamo separare desiderio e illusione dalla legittima aspirazione. Quindi essere ottimisti significa perseguire con fiducia le nostre aspirazioni, la nostra traiettora. Consegnarsi al futuro costruendolo, e non solo sognandolo.
