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Barbara Cittadini (Aiop): “Come rilanciare la sanità italiana”

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Non è un momento semplice per il Ssn, tra liste d’attesa e carenze di personale. La presidente di Aiop illustra la sua ‘ricetta’ per rilanciare la sanità grazie a una nuova sinergia fra pubblico e privato, rievocando le tappe della sua carriera e confidandoci un sogno rimasto nel cassetto . 

Si definisce un’inguaribile ottimista, ma preferisce l’ottimismo della volontà al pessimismo della ragione. Barbara Cittadini, prima donna presidente di Aiop, l’Associazione Italiana Ospedalità Privata che guida dal 2018, ha ben chiare le sfide per il settore. Che intende affrontare con il suo stile. E alle giovani donne suggerisce di puntare su merito e competenza. 

La sanità post-Covid è alle prese con lunghe liste d’attesa complicate dalla carenza di operatori. Cosa ne pensa della proposta del ministro Schillaci di unire le agende delle prenotazioni delle due componenti di diritto pubblico e privato del Ssn? Sarebbe una misura sufficiente?

La proposta del ministro Orazio Schillaci è, sicuramente, uno strumento utile per garantire il governo dei tempi d’attesa e l’appropriatezza dell’accesso a prestazioni e servizi. Per garantire il diritto alla salute, però, non è sufficiente unire le agende di prenotazione, ma è necessario accrescere quantitativamente l’offerta, aumentando le risorse. Un obiettivo che può essere raggiunto solo superando il tetto di spesa previsto dal Dl 95/2012, che ha congelato l’acquisto di prestazioni dalla componente di diritto privato del Ssn al 2011, mettendo le strutture nelle condizioni di non poter esprimere la loro effettiva potenzialità. Il Ssn è in difficoltà, a causa di anni di sottofinanziamento cronico, una preoccupante eterogeneità interregionale e intra-regionale nell’accesso ai servizi, nonché di livelli di migrazione sanitaria tali da indicare chiaramente difficoltà di accesso assistenziale in molte aree geografiche del nostro territorio. È per queste ragioni che bisognerebbe instaurare e favorire una sistematica sinergia e integrazione tra le due componenti del Ssn.

I primi dati relativi al 2022 ci dicono che sono ripresi i viaggi degli italiani in cerca di cure. In che modo questo impatta sulla sanità privata? E quali servizi cercano gli italiani nel privato? 

Le strutture di diritto privato del Ssn garantiscono elevati standard di qualità e tempi certi ma non sono nelle condizioni di esprimere la loro effettiva potenzialità proprio dal Dl 95/2012.  

Il Ssn è in difficoltà, a causa di anni di sottofinanziamento cronico, e una preoccupante eterogeneità interregionale e intra-regionale nell’accesso ai servizi, nonché di livelli di migrazione sanitaria tali da indicare chiaramente difficoltà di accesso assistenziale in molte aree geografiche del nostro territorio. 

È per queste ragioni che, come abbiamo potuto verificare durante la pandemia, bisognerebbe instaurare e favorire una sistematica sinergia e integrazione tra le due componenti del Servizio sanitario nazionale.

Se il Ssn è messo in ginocchio dalla fuga degli operatori, il settore privato non sembra far fatica a trovare professionisti. È vero? E il fenomeno delle migrazioni all’estero – dalla Gran Bretagna agli Emirati Arabi – vi preoccupa? 

Certamente ci preoccupa, soprattutto in prospettiva futura, perché si rischia di andar incontro a un impoverimento di professionalità mediche e sanitarie nel Paese. Si parla, ormai da anni, di ‘fuga di cervelli’ in tutti i settori: fenomeno che evidenzia una scarsa attrattività del sistema italiano. Quanto alla sanità, la situazione nazionale si ripercuote, inevitabilmente, anche sulla componente di diritto privato del Ssn, riproponendo la questione del finanziamento della sanità.

Telemedicina, digitalizzazione, AI, Big Data: la sanità sta cambiando e la rivoluzione è in corso. Come si sta attrezzando l’ospitalità privata? Ci sono figure che cercate e che faticate a trovare?

Le tecnologie digitali rappresentano una straordinaria opportunità in quanto integrano il rapporto tra medico e paziente, consentendo di offrire prestazioni sanitarie più efficaci. La digitalizzazione, però, espone le strutture all’azione di criminali informatici interessati a introdursi nei sistemi per sottrarre grandi quantità di dati personali. Si tratta di un fenomeno che impatta anche sulla possibilità di erogare le cure, rendendo necessario dotarsi di professionisti esperti in ambito di cybersecurity. Si tratta, però, di professionalità nuove delle quali c’è ancora molta carenza.

Parliamo della Sicilia, un territorio importante per lei e la sua storia personale. Come sta in salute la sanità siciliana? 

Sono un’inguaribile ottimista e preferisco analizzare le cose con l’ottimismo della volontà e non con il pessimismo della ragione.

La Sicilia sconta il problema di essere entrata in ‘piano di rientro’ nel 2007 e, di fatto, non ne è mai uscita: condizione che ha comportato e comporta limiti in termini di programmazione sanitaria e di risorse. Al contempo, non si può non riconoscere che, in questi 15 anni, un percorso di efficientamento è stato intrapreso: ne ha tratto beneficio la qualità del sistema regionale. Rispetto ad altre regioni, la Sicilia ha sofferto di una carenza di risorse per organizzare una offerta sia ospedaliera che territoriale in grado di dare una risposta puntuale alla domanda di salute dei siciliani. Ritengo innovativo il progetto del governo Schifani di integrare le realtà del privato accreditato per la riduzione delle liste d’attesa e la gestione dell’emergenza-urgenza. Si tratta di un progetto che testimonia come la visione dell’attuale governance regionale, in materia di sanità, sia scevra da anacronistiche ideologie che, sovente, hanno invece condizionato il vero e unico orizzonte delle politiche sanitarie: il fondamentale diritto alla salute della popolazione.

Barbara Cittadini, lei è una leader in un settore dove ancora le donne faticano a raggiungere il vertice, ma quali erano i suoi sogni da bambina? 

Diversi, e posso ritenere di averli realizzati quasi tutti. Ma se dovessi indicare quello che era un ‘sogno’ rimasto tale, devo ammettere che avrei voluto diventare giornalista. Una grande passione che ha influito, anche, sul mio percorso professionale e sul modo nel quale interpreto il mio ruolo di presidente di Aiop. Da quando sono stata eletta ho puntato moltissimo sull’aspetto comunicativo con l’intento di scardinare – con elementi oggettivi – lo stigma nei confronti della componente di diritto privato del Ssn e gli atavici pregiudizi non solo sulla nostra realtà, ma su tutto il sistema sanitario.

Se deve guardarsi indietro, quali sono i risultati di cui è più orgogliosa, e quali gli obiettivi che ancora punta a raggiungere? 

Avere raccolto il testimone di un’azienda più che centenaria (la Casa di Cura Candela Spa, impresa di famiglia attiva dal 1906, ndr), non sottovalutando mai la responsabilità che avevo nei confronti di chi è venuto prima di me e ne ha fatto il proprio progetto di vita. Personalmente, ho cercato di continuare a farla crescere diversificando anche la tipologia di offerta. Poi c’è la fortissima passione per l’attività associativa che mi ha consentito di diventare la prima presidente donna in Sicilia e, successivamente, a livello nazionale. Non posso non citare il Cavalierato del lavoro, che per un imprenditore ritengo essere il più alto riconoscimento del proprio impegno professionale e sociale. Per quanto attiene il futuro molti sono i sogni, maturati nell’avere avuto la fortuna di sperimentare tanti vissuti così intensi che mi hanno fatto comprendere le priorità esistenziali. 

Pensa di aver dovuto fare delle rinunce sul fronte della vita privata per la carriera? In caso positivo, potendo tornare indietro cambierebbe qualcosa? 

Ritengo di avere scelto e ogni scelta implica delle rinunce. Sicuramente ho sempre provato a dare priorità alla sfera degli affetti, che ritengo essere il vero valore dell’esistenza e il presupposto per essere una persona che sa affrontare tutto il resto con un approccio e una dimensione corretta. Sovente ho preferito sacrificare me stessa piuttosto che togliere tempo a qualcuno o a qualcosa. Non cambierei nulla, perché mi ritengo una donna che ha avuto tanto dalla vita e lamentarsi sarebbe un sacrilegio.

Pensiamo alle giovani generazioni, in che modo uno sguardo femminile può essere un vantaggio in sanità? 

Premetto che ho avuto la fortuna di crescere in una famiglia nella quale essere donna era un plus. Questo mi ha, comunque, preparata a superare barriere culturali e pregiudizi ideologici, muovendomi all’interno di ambienti e relazioni destinati a essere a orientamento maschile. Questo significa essere, in molti casi, l’unica donna presente, ma anche dialogare senza sacrificare il proprio ‘femminile’, cercando di migliorare questo dialogo per arricchirlo con una sensibilità diversa. 

Quale consiglio si sentirebbe di dare a una giovane che sta pensando a una carriera in sanità? 

Se da un lato il settore è, ancora, caratterizzato da una prevalenza maschile, la tendenza degli ultimi anni denota una forte cambiamento. Ma se è vero che in sanità, nei ruoli di vertice e di coordinamento, la presenza femminile è importante, è altresì vero che in tanti altri ambienti, a partire da quello ospedaliero, le fratture restano e le donne sono ‘imprigionate’ nei ruoli di cura. L’obiettivo da porsi è parlare di pari dignità nelle differenze tra i generi. Alle giovani che intendono intraprendere una carriera in questo settore consiglio di puntare sulla formazione e sulla competenza professionale. Il merito e la competenza sono gli unici presupposti che ti consentono di scardinare un mondo che ha, ancora, forti retaggi sessisti.  

Quali caratteristiche cerca nei suoi collaboratori? 

Competenza, tenacia, passione, curiosità e voglia di continuare a imparare. Mi piace circondarmi di collaboratori con esperienze diverse e creare team eterogenei, nei quali ciascun componente possa apportare il proprio valore. Ritengo che solo competenze, esperienze e sensibilità differenti possano consentire di analizzare e gestire il tutto con un approccio che permetta la migliore sintesi. Sono le differenze che sai cogliere e apprezzare che ti consentono di fare un buon lavoro di squadra.

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