Uno speed dating salverà la sanità italiana?

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Per chi si occupa di organizzazione e gestione delle dinamiche interne ed esterna al mondo della sanità sa bene che la mancanza di comunicazione tra i vari soggetti attivi nel sistema è un problema attuale e di difficile approccio. Spesso si sottovaluta il valore aggiunto che un corretto flusso di informazioni tra persone appartenenti ad una stessa comunità d’interessi può generare sia nel superamento di criticità che nella produzione di risultati attesi.

“Era sufficiente che si fossero parlati prima tra loro” è un’espressione che si sente spesso quando si presenta un problema irrisolto; ebbene gli strumenti esistono e sono oggetto di largo uso soprattutto in ambito business (team building, per esempio), ma da alcuni anni anche in uso in ambito accademico e sanitario. Si tratta dello speed networking, un nuovo approccio per facilitare il flusso di informazioni tra componenti dello stesso team di lavoro con l’obiettivo di creare un ambiente di lavoro migliore e armonico.

Nella pratica lo speed networking mutua dal più celebre e diffuso speed dating, in campo sentimentale, alcune prassi: due persone sedute a un tavolo, con un tempo prestabilito per parlare di una serie di argomenti e ruotano su altri tavoli quando suona la campana. L’organizzazione darà poi una check list di argomenti e domande per agevolare lo scambio, al termine dell’iniziativa sarà consegnata ai partecipanti una scheda nella quale dare un feedback sull’esperienza vissuta.

Ogni singola interazione prevede un tempo massimo di tre minuti a sessione, la condizione finale è che tutti i partecipanti abbiano incontrato tutti. Dove già implementato in sanità, come in Inghilterra in ambito oncologico, questa pratica ha dato risultati incoraggianti: quello più immediato riportato dai partecipanti è stato aver favorito un momento dedicato ad una specifica attività per superare un problema in un tempo prestabilito. In più è stato apprezzato molto il fatto di aver vissuto il momento in uno spazio fisico, in presenza, invece di ricorrere alle call remote.

Questo approccio potrebbe avere ampia applicazione anche in altri ambiti: basti pensare all’utilizzo che se potrebbe fare all’interno delle associazioni di categoria dei portatori di interesse, come quelle dei pazienti. Ma si potrebbe andare oltre prevedendo interazioni tra clinici e pazienti, o decisori istituzionali e stakeholder vari.

Chiaramente ci sono opportunità per esplorare lo speed networking come mezzo per migliorare la comunicazione tra soggetti operanti, a vario titolo, nel sistema salute. L’impatto nel breve e medio termine di questa iniziativa sono poi da valutare in base a come verrà vissuta dai partecipanti e dai contenuti emersi. Intanto le progettualità portate avanti potranno contribuire ad alimentare la letteratura di settore e generare nuove conoscenze per una analisi più puntuale.

*Pier Raffaele Spena, presidente FAIS odv

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