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Gentilezza, un’abilità sociale che si sta sgretolando

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Riscopriamo il valore della gentilezza e i suoi benefici per noi stessi e la società. È l’esortazione di Antonella Elena Rossi, psicologa comandata ministero dell’Istruzione e del merito, sentita da Fortune Italia in occasione della Giornata mondiale della gentilezza.

Una virtù in via di estinzione?

L’etimologia di questo termine rimanda al latino gentilis: della stessa famiglia, da gens ovvero formazione famigliare allargata, una sorta di clan che era il fondamento della società romana (ricordiamo le celebri gens Iulia, gens Cornelia, gens Fabia). Persone speciali, con le quali si teneva ad avere un comportamento rispettoso.

Emerge così l’importanza del contesto sociale per questa virtù, erroneamente talvolta scambiata per debolezza. “La gentilezza – sottolinea la psicologa – non è un comportamento, ma un’abilità sociale che molte persone stanno perdendo”.

Ecco allora che questa Giornata diventa importante “in un’epoca in cui dobbiamo recuperare questa parte di noi che si sta pian piano sgretolando. Perchè? Purtoppo siamo in una società in cui la gentilezza deve essere normata”, dice Rossi.

Gli altri non sono comparse

“Quando vado in treno – racconta la psicologa – per stare tranquilla e tutelare la mia privacy devo scegliere il vagone del silenzio, che spesso comunque non viene rispettato”. Sotto accusa quella che la specialista definisce auto-centratura: “Un atteggiamento che ci fa pensare che gli altri nella nostra vita siano solo comparse. Quindi – continua Rossi – se ho bisogno di telefonare lo faccio ovunque mi trovi. Non modero il tono della voce perché gli altri sono vuoti a perdere” e non mi interessa se li sto disturbando.

Tornare alle origini

Forse sarebbe ora di riscoprire il vero significato di questo termine, anche con chi ci è più vicino. “La gentilezza dovrebbe essere esercitata in molti contesti – dice infatti la psicolga – il primo è quello della famiglia: spesso vedo coppie che usano termini molto forti, in cui la parolaccia è stata normalizzata, come pure un tono di voce aggressivo. Fra genitori, poi, non ci si dovrebbe mai screditare, perché anche questo è un atto di violenza”.

Ma c’è ancora speranza? Occorre “insegnare la gentilezza, anche nei toni e nelle parole, alle giovani generazioni. Le parole – sottolinea Rossi – sono come pugnali, mentre la gentilezza è sorella stretta della compassione. Cerchiamo allora di essere gentili con le persone che incontriamo e con le vite degli altri, anziché giudicarle a 360 gradi, perchè ci sembra così di metterci a posto con la nostra coscienza”.

Occhio alla falsa gentilezza

Per essere gentili con gli altri, però, “dobbiamo imparare a esserlo per prima cosa con noi stessi. Come? Magari imparando a dire di no”, esorta la psicologa. “Interroghiamoci: questa cosa la voglio fare veramente o lo faccio per accontentare gli altri? La falsa gentilezza è dovuta al desiderio di piacere a tutti, mentre dobbiamo ascoltare noi stessi, darci delle priorità e passare dal bisogno al desiderio. Io – spiega – non ho bisogno di piacere alle persone, ma lo desidero”.

Ecco allora che il messaggio è: “Siate gentili, ma anche cauti. La gentilezza ci porta in un posto bellissimo: il posto del piacere e del benessere. Al contrario, invece, la lamentela ci dà ansia e ci toglie la prospettiva del futuro – conclude Rossi – Dunque lasciamo da parte lamentele e giudizi e impariamo a essere gentili con il mondo che ci circonda”. La gentilezza troverà la strada per tornare da noi.

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