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AI e social network, rivoluzione in atto

Se i social network sono stati la prima, grande trasformazione tecnologica di questo millennio, l’intelligenza artificiale rappresenta oggi una rivoluzione ancor più cruciale, la cui rapidità di sviluppo e le cui sempre più ampie applicazioni in ogni campo prospettano significativi cambiamenti sia nell’economia globale (in questo senso, Goldman Sachs stima un aumento del Pil mondiale del 7% nei prossimi dieci anni), sia nella vita quotidiana delle persone.

L’AI è, infatti, sempre più al centro dell’agenda politica e dei progetti di business: il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha annunciato un miliardo di investimenti in questo campo, mentre un recente studio globale evidenzia che il oltre il 96% dei Ceo di aziende con fatturato superiore a un miliardo ha già implementato un piano di intelligenza artificiale.

Un’innovazione senza precedenti, che porterà a profonde trasformazioni nel mondo del lavoro e che avrà un impatto sociologico e sulla comunicazione. Il trend è già evidente, con le prime applicazioni di Generative AI, come ChatGpt, che promettono di rappresentare, nei prossimi anni, ciò che Facebook è stato per i primi anni 2000: un cambio totale di paradigmi, la scoperta e la costruzione di nuove regole di interazione e condivisione.

Il rapporto tra intelligenza artificiale e social network, tuttavia, va ben oltre questo parallelismo. Sin dal 2012, quando Facebook integrò per la prima volta una tecnologia di riconoscimento facciale per identificare le persone da ‘taggare’ nelle foto, l’AI ha esercitato una significativa influenza sul panorama dei social media, dei quali continua a modificare le dinamiche.

Negli ultimi anni, si è parlato molto del ‘declino’ dei social media, spesso correlandolo all’avvento dell’AI: nulla di più inaccurato, se si pensa che oltre 3 miliardi di persone (oltre il 60% degli utenti internet) sono oggi attive su Facebook, la cui holding company Meta, alla quale fa capo anche Instagram, ha un valore di mercato di oltre un trilione di dollari.

Una ricerca di Data.ai relativa all’engagement social del 2023 mostra che, lo scorso anno, circa la metà del tempo di utilizzo degli smartphone è stato speso su applicazioni di social media.

A essere cambiata, dunque, non è la spinta degli utenti verso l’utilizzo dei social media, ma lo scopo. Perché, come diceva Lavoisier, “nulla si distrugge, tutto si trasforma”.

Ed è proprio in questo che l’intelligenza artificiale gioca un ruolo centrale.

Se i social media ‘tradizionali’ nascevano come piattaforme per interagire con amici e famiglia, e si basavano su un approccio attivo, oggi gli algoritmi scelgono sempre più contenuti personalizzati in base alla profilazione dell’utente, rendendo l’utilizzo dei social network fortemente passivo: l’utente medio è spettatore anziché autore, mentre le conversazioni che dieci anni fa avvenivano su Facebook o Twitter si sono spostate su canali privati come Telegram e Whatsapp.

Questa tendenza è particolarmente evidente nei Paesi più ricchi, e che per primi hanno cavalcato l’onda dei social media. The Economist riporta che la percentuale di americani che documenta la propria vita sui social è scesa dal 40% nel 2020 al 28% oggi, mentre in Gran Bretagna il 68% degli utenti adulti è presente in maniera passiva sui social, leggendo i contenuti senza pubblicarne.

L’elevato livello di personalizzazione dell’esperienza che l’AI, attraverso strumenti come i chatbot, ha certamente dei vantaggi dal punto di vista delle aziende e dei brand, che massimizzano le possibilità di raggiungere potenziali clienti sui social media, incrementando le strategie di social media marketing.

Le opportunità tecnologiche che l’intelligenza artificiale offre in questo campo sono molte – dall’ottimizzazione degli ad, allo sviluppo di veri e propri ‘social media assistant’ che sfruttano l’AI per creare contenuti brillanti, pianificare e ottimizzare il calendario editoriale (come ‘AI Social Assistant’, lanciato nel 2023 da CoSchedule).

Proprio in relazione a questi sviluppi, si stima che il mercato dell’AI nei social media raggiungerà oltre 2,1 mld di dollari nel corso del 2024 e 7,25 nel 2029  .

Tuttavia, oggi, non tutti gli utenti percepiscono in maniera positiva la crescente ‘ingerenza’ dell’intelligenza artificiale nei social. Uno studio condotto da Hootsuite evidenzia che, ai primi mesi del 2024, oltre il 60% degli utenti dichiara di considerare meno affidabili i contenuti generati con applicazioni di AI; una percentuale influenzata anche dal fattore generazionale, con la Gen Z più propensa a interagire con contenuti AI e sicura di poter riconoscere la differenza tra contenuti autentici e ‘artificiali’.

Certamente lo scetticismo dei confronti dei contenuti creati con l’AI subisce l’influenza del fenomeno dei deepfake, che sfruttano l’AI per creare immagini e video fittizi, iperrealistici all’apparenza, il cui rischio è facilitare la diffusione di notizie false per manipolare l’opinione pubblica o commettere frodi.

È dunque necessario trovare un equilibrio tra l’utilizzo dell’AI generativa e la creatività umana, ed è altresì fondamentale adeguare velocemente i framework regolatori, i sistemi di trasparenza e le linee guida etiche per supportare il processo evolutivo delle tecnologie. Si tratta di uno sforzo collettivo, a livello politico, aziendale e sociale, per determinare soluzioni adeguate a integrare sempre più le tecnologie del futuro nella vita di tutti i giorni, permettendo al fattore umano di continuare a guidare il progresso, anziché seguirlo.

In altre parole, usando il linguaggio dei social media, permettendoci di essere ancora ‘creator’, e non semplici ‘follower’.

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