Infermieri, stipendi bassi e burnout: le mete della grande fuga

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Altro che Candy Candy: sono passati decenni da quando il cartone animato giapponese ha fatto sognare cuffietta e camice bianco a tante ragazzine. La realtà è che oggi in Italia gli infermieri scarseggiano, magari perché guadagnano troppo poco e fanno turni massacranti, alle prese con aggressioni e burnout. Così, di fronte a stipendi non proprio invidiabili, tra Ssn e sanità privata sempre più giovani guardano all’estero, verso mete magari un po’ diverse da quelle scelte già da circa mille medici l’anno.

Fortune Italia, dopo i dati emersi dall’ultimo Rapporto Crea Sanità, ne ha parlato con Andrea Bottega, segretario nazionale Nursind: “È necessario un finanziamento ad hoc per questa professione – sottolinea il leader sindacale – per evitare la fuga all’estero e le dimissioni verso il privato”. Ma vediamo prima i numeri della ‘grande fuga’.

AAA infermiere cercasi

Dopo anni di studio fanno un lavoro indispensabile, ma quella degli infermieri rischia di essere una professione in via d’estinzione: in Italia ne mancano oltre 60mila, una carenza destinata ad aggravarsi se si considerano anche i pensionamenti che – come stima il 19mo Rapporto Crea Sanità – porteranno in dieci anni porteranno all’uscita di oltre 100mila professionisti. Una situazione a cui si aggiungono le ‘fughe’ all’estero per ottenere condizioni economiche e lavorative migliori.

Quanto guadagnano gli infermieri

Il fatto è che gli stipendi degli infermieri in Italia, come sottolinea il Rapporto Crea Sanità, sono più leggeri, a parità di potere d’acquisto, rispettivamente del 56%, 46,2% e 20% rispetto a quelli annuali in Germania, Svizzera e Regno Unito. 

E l’ultimo contratto non ha migliorato di molto la situazione: il Conto annuale del ministero dell’Economia, si legge nel Rapporto, certifica che nel 2021 la retribuzione media del comparto sanità è stata pari a 42.400 euro, in aumento del 9% rispetto alla retribuzione media del 2012, che valeva 38.900 euro. Nello stesso arco temporale, però, per gli infermieri l’aumento è stato solo del 4% (da 32.636 a 33.940 euro).

“Oggi il lordo annuo – sottolineano dal Nursind – oscilla tra 34 e 35mila euro, per un netto mensile che può variare tra i 1.550 e i 1.900 euro. La gran parte degli infermieri sta dentro questa fascia. Oscillazioni al rialzo possono essere dovute a particolari condizioni di lavoro tipo straordinari o, in generale, attività incentivate (riduzione liste d’attesa, indennità di pronto soccorso)”.

Una professione che ha perso appeal

Così non stupisce troppo la mancanza di attrazione della professione: ai test di ingresso per la laurea in infermieristica hanno preso parte 22.957 candidati per 20.059 posti, con un rapporto domande/posti pari a 1,1.

Dove vanno gli infermieri che lasciano l’Italia?

Le mete principali sono Germania, Norvegia, Inghilterra, Irlanda del Nord e Svizzera (anche nella modalità di lavoro transfrontaliero). In alcuni di questi Paesi ai nostro operatori oltre allo stipendio offrono anche l’alloggio, oltre a condizioni di lavoro meno stressanti.

Oltretutto, segnala Nursind, la fuga degli infermieri interessa indistintamente le Regioni del Nord e quelle del Sud. La migrazione verso il Settentrione che si registra sul fronte delle cure, infatti, non c’è su quello del personale: a un infermiere trasferirsi da una struttura sanitaria del Sud a Milano, per esempio, non conviene, visti gli stipendi bassi della categoria e il costo della vita nel capoluogo lombardo. Molto meglio andare all’estero.

Troppo lontani dai numeri europei

Anche perché “per gli anni 2019 e 2021 – come rileva ancora Andrea Bottega – i contratti nazionali della Pa hanno coperto l’aumento dell’inflazione, ma nulla più. Questo significa che il sistema di rinnovo del pubblico impiego non permette di fare quel passo in avanti che avvicinerebbe i nostri stipendi a quelli europei”.

Ecco allora che, per frenare l’emorragia di operatori, occorre un intervento mirato, a partire proprio dalle retribuzioni. “E’ necessario un finanziamento ad hoc per questa professione – sottolinea Bottega – per evitare la fuga all’estero e le dimissioni verso il privato. Il pubblico impiego deve remunerare meglio gli infermieri, con risorse dedicate. Nel contratto 2019-2021 l’indennità di specificità è stata un primo passo, ma va incrementata rispetto ai 72 euro lordi mensili di adesso, come la prospettiva di carriera”.

“Un ultimo aspetto su cui intervenire per rendere più appetibile la professione e che, tra l’altro, non ha costi per la Pa è quello che riguarda le regole dell’esercizio professionale. Anche i giovani, infatti, chiedono più autonomia alla luce di una formazione universitaria di tipo avanzato. Un’istanza da non sottovalutare – conclude il leader Nursind – anche perché ampliare il raggio d’azione degli infermieri contribuirebbe a sgravare parte del tempo-lavoro dei medici, che potrebbe essere utilizzato per ridurre le liste d’attesa”.

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